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Home » Attualità » George Floyd, un anno dopo: Cucchi, Aldrovandi, Magherini i più eclatanti casi italiani. “Ma senza video non c’è giustizia”

George Floyd, un anno dopo: Cucchi, Aldrovandi, Magherini i più eclatanti casi italiani. “Ma senza video non c’è giustizia”

L'avvocato Fabio Anselmo assiste le famiglie dei "Morti di Stato". "Senza telecamere e solo su base testimoniale nemmeno negli Usa sarebbero arrivati alla condanna. A subire sono sempre gli ultimi, con poche risorse e nessun potere. In America si sono sollevate le folle, da noi sui diritti umani non si è disposti a combattere più di tanto"

Stefano Brogioni
25 Maggio 2021
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“I casi Floyd esistono anche in Italia”, assicura l’avvocato Fabio Anselmo, che ha rappresentato le famiglie di tantio “morti di Stato”: da Federico Aldrovandi a Stefano Cucchi, passando per Riccardo Magherini.

Leggi qui l’articolo con le loro vicende

Episodi simili, epiloghi giudiziari differenti. Processi difficili e lunghi, talvolta lunghissimi. Lo ascoltiamo il 25 maggio 2021,  giorno in cui negli Stati Uniti  si ricorda a un anno di distanza l’assassinio dell’afroamericano George Floyd, morto mentre la polizia americana lo stava arrestando con metodi violenti, non  rispettosi del comportamento umanitario che in uno stato di diritto si attende dalle forze dell’ordine.

L’avvocato Fabio Anselmo

Avvocato Anselmo, in meno di un anno dalla morte di George Floyd in America si è pronunciata una sentenza.

“La tempistica italiana è sempre inaccettabile. E’ una tempistica strutturale, ma che al tempo stesso non può legittimare nessuna riforma che comprometta il diritto della difesa dell’imputato, che invece è quello che ho ascoltato negli ultimi tempi. Stesso discorso per i diritti delle persone offese. Va detto anche che la frenesia di fare questi processi alle divise non c’è. Si tende a contare sullo sbiadimento delle memorie, sull’indignazione che cala a distanza dai fatti”.

 

Floyd era una persona di colore.

“Sono sempre gli ultimi, le vittime di questi episodi. Emarginati, nessuna famiglia potente alle spalle, persone in difficoltà: è rarissimo che avvenga un episodio di violenza sul più pericoloso dei criminali, che gode, giustamente, di tutte le garanzie previste per una persona in stato di arresto”.

C’è un pregiudizio a monte di questo?

“Accade per un pregiudizio da parte di chi interviene, ma anche per una sensazione di impunità e anche di ”giustificazione” di ciò che si fa. In Usa c’è stata una sensibilità fortissima rispetto alla questione razziale, del resto la popolazione afroamericana non è minoritaria. In Italia uno specchio fedele di questo non ce l’abbiamo, abbiamo sì una disponibilità abbastanza diffusa per i diritti dei più deboli però abbiamo anche una ipocrisia di fondo, piccolo borghese, per cui più di tanto non ci si sbatte per la tutela dei diritti umani o più di tanto non ci si indigna”.

C’è una soluzione?

“Nel caso di Floyd c’è stato un video che ha documentato, drammaticamente, la sua morte. Se non ci fosse stato quel video, se il processo si fosse dovuto fare in base alle testimonianze, non so se oggi potremmo parlare di una condanna”.

L’avvocato Fabio Anselmo con Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, vittima delle forze dell’ordine italiane, durante l’udienza del processo per la morte del giovane

Lei sarebbe favorevole all’introduzione delle telecamere agli agenti, in Italia?

“Certo, sarebbe una garanzia per gli stessi operatori che potrebbero documentare ogni fase delle loro azioni. Ma mi viene da sorridere quando lo sento invocare dai sindacati di polizia. Bisogna che quelle immagini poi funzionino. Invece, come ci è già capitato, poi i video non si trovano, spariscono, si contestano, si fa finta che non esistano”.

Indagini che talvolta sono gli stessi corpi a fare su loro stessi.

“Vero. Ed è inaccettabile, lo ha detto anche la corte europea stabilendo che deve operare una forza diversa. Ma al volante c’è è pur sempre il magistrato, e se non è lui capace e motivato, chi fa materialmente gli accertamenti diventa un falso problema. Nell’omicidio di Stefano Cucchi abbiamo fatto sette anni di processi inutili, con un atteggiamento cieco e ostile nei nostri confronti da parte della pubblica accusa. Poi quando è arrivato il pm Giovanni Musarò è cambiato tutto. E gli stessi carabinieri hanno collaborato in maniera leale con il magistrato. Cosa che non hanno fatto quelli che invece hanno per anni coperto e depistato. E adesso sono a processo: questo è il messaggio forte. Il fatto che anche i vertici della scale gerarchica siano stati chiamati a rispondere del loro inquinamento ci ha portato la solidarietà degli stessi carabinieri”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague

“I casi Floyd esistono anche in Italia”, assicura l'avvocato Fabio Anselmo, che ha rappresentato le famiglie di tantio "morti di Stato": da Federico Aldrovandi a Stefano Cucchi, passando per Riccardo Magherini.

Leggi qui l'articolo con le loro vicende

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L'avvocato Fabio Anselmo
Avvocato Anselmo, in meno di un anno dalla morte di George Floyd in America si è pronunciata una sentenza.

“La tempistica italiana è sempre inaccettabile. E' una tempistica strutturale, ma che al tempo stesso non può legittimare nessuna riforma che comprometta il diritto della difesa dell'imputato, che invece è quello che ho ascoltato negli ultimi tempi. Stesso discorso per i diritti delle persone offese. Va detto anche che la frenesia di fare questi processi alle divise non c'è. Si tende a contare sullo sbiadimento delle memorie, sull'indignazione che cala a distanza dai fatti”.

 

Floyd era una persona di colore.

“Sono sempre gli ultimi, le vittime di questi episodi. Emarginati, nessuna famiglia potente alle spalle, persone in difficoltà: è rarissimo che avvenga un episodio di violenza sul più pericoloso dei criminali, che gode, giustamente, di tutte le garanzie previste per una persona in stato di arresto”.

C'è un pregiudizio a monte di questo? “Accade per un pregiudizio da parte di chi interviene, ma anche per una sensazione di impunità e anche di ''giustificazione'' di ciò che si fa. In Usa c'è stata una sensibilità fortissima rispetto alla questione razziale, del resto la popolazione afroamericana non è minoritaria. In Italia uno specchio fedele di questo non ce l'abbiamo, abbiamo sì una disponibilità abbastanza diffusa per i diritti dei più deboli però abbiamo anche una ipocrisia di fondo, piccolo borghese, per cui più di tanto non ci si sbatte per la tutela dei diritti umani o più di tanto non ci si indigna”. C'è una soluzione? “Nel caso di Floyd c'è stato un video che ha documentato, drammaticamente, la sua morte. Se non ci fosse stato quel video, se il processo si fosse dovuto fare in base alle testimonianze, non so se oggi potremmo parlare di una condanna”.
L'avvocato Fabio Anselmo con Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, vittima delle forze dell'ordine italiane, durante l'udienza del processo per la morte del giovane

Lei sarebbe favorevole all'introduzione delle telecamere agli agenti, in Italia?

“Certo, sarebbe una garanzia per gli stessi operatori che potrebbero documentare ogni fase delle loro azioni. Ma mi viene da sorridere quando lo sento invocare dai sindacati di polizia. Bisogna che quelle immagini poi funzionino. Invece, come ci è già capitato, poi i video non si trovano, spariscono, si contestano, si fa finta che non esistano”.

Indagini che talvolta sono gli stessi corpi a fare su loro stessi. “Vero. Ed è inaccettabile, lo ha detto anche la corte europea stabilendo che deve operare una forza diversa. Ma al volante c'è è pur sempre il magistrato, e se non è lui capace e motivato, chi fa materialmente gli accertamenti diventa un falso problema. Nell'omicidio di Stefano Cucchi abbiamo fatto sette anni di processi inutili, con un atteggiamento cieco e ostile nei nostri confronti da parte della pubblica accusa. Poi quando è arrivato il pm Giovanni Musarò è cambiato tutto. E gli stessi carabinieri hanno collaborato in maniera leale con il magistrato. Cosa che non hanno fatto quelli che invece hanno per anni coperto e depistato. E adesso sono a processo: questo è il messaggio forte. Il fatto che anche i vertici della scale gerarchica siano stati chiamati a rispondere del loro inquinamento ci ha portato la solidarietà degli stessi carabinieri”.
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