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Home » Attualità » Il condominio solidale di Casa Chiaravalle: dalla criminalità alla comunità organizzata

Il condominio solidale di Casa Chiaravalle: dalla criminalità alla comunità organizzata

Casa Chiaravalle, il più grande bene confiscato alla criminilità organizzata di tutta la Lombardia, dal 2016 è diventato un luogo di accoglienza a 360 gradi dove lo scambio - tra periferia e città e tra la struttura e l'esterno - è il motore di tutto il resto. "Anziani, bambini e famiglia convivono", spiega la presidente della cooperativa Genera, "perché si può crescere solo insieme"

Sofia Francioni
30 Dicembre 2021
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Il professore Alessandro Biamonti e la presidente Sara Mariazzi

Nella periferia sud di Milano, tra le stanze del bene confiscato alla mafia più grande della Lombardia, ha aperto una foresteria per anziani sui generis. Ma ad abitare Casa Chiaravalle non ci sono solo loro, il condomio solidale è in effetti molto affollato. La formula di questa struttura risulta infatti semplice quanto illuminata, perché punta sull’integrazione tra l’area, il borgo di Chiaravalle, la città di Milano e l’intergenerazionalità di chi la abita. Come ci spiega la presidente Sara Mariazzi della cooperativa Genera: “Per noi i luoghi devono essere inclusivi, più aperti e intergenerazionali possibile: la mescolanza e lo scambio fanno sempre bene ed è importante avere degli spazi dove le persone, al di là delle loro singole fragilità, possono crescere insieme“.

 

Casa Chiaravalle vista da Google Maps

Ma partiamo dall’inizio. A Chiaravalle, angolo di campagna milanese con un borgo che da sempre tenta di connettersi alla città, dagli anni Ottanta fino al 2009 ha abitato la famiglia Molluso. Il suo capofamiglia, Pasquale Molluso, non è mai stato condannato per mafia, ma per una serie di capi di imputazione “che rivelano l’uso degli stessi strumenti utilizzati da cosche e affiliati per guadagnarsi da vivere” nel 2009 viene arrestato e la sua enorme dimora viene confiscata da parte della Sezione autonoma Misure di prevenzione del Tribunale di Milano. E così: bagni lussuosi, marmi, statue e pavimenti in stile neoclassico lasciano il posto a spazi di accoglienza. Nei 1.200 metri quadrati di Casa Chiaravalle convivono infatti tante anime: una comunità di minori, circa settanta famiglie in emergenza abitativa, a cui spetta la residenzialità temporanea per massimo due anni in attesa di ricevere l’assegnazione di una casa popolare dal comune di Milano e, da luglio di quest’anno, anche gli anziani. “Persone che hanno delle fragilità sia a livello di salute, sia sociali – spiega Mariazzi – che possono essere a rischio solitudine, isolamento o hanno difficoltà legate alla famiglia. Sono autosufficienti, ma hanno bisogno di un contesto più protetto che, qualora ce ne fosse bisogno, sia in grado di attivare tutta una serie di interventi assistenziali. Ma”, ribadisce Mariazzi, “il punto è che a Casa Chiaravalle le persone vengono trattate come persone e non a seconda del motivo, del bisogno, per cui sono qui”.

Gli studenti del Politecnico a Casa Chiaravalle
A Casa Chiaravalle gli studenti del Politecnico

L’intergenerazionalità a Casa Chiaravalle parte dalle fondamenta. Cascina Grace, che inizialmente doveva ospitare un villaggio per persone malate di Alzheimer, “in attesa del via libera per la sperimentazione” è al momento una foresteria ideata dagli studenti all’ultimo anno del Politecnico di Milano, che – per la loro tesi di laurea – hanno deciso di dedicarsi alla restrutturazione della Cascina, coordinati dal professor Alessandro Biamonti del dipartimento di Design del Politecnico di Milano e membro di Lab.I.R.Int (Laboratorio Innovazione e Ricerca Interni), un team di ricerca sugli Habitat terapeutici, che così spiega il progetto: “È una grande opportunità per gli studenti dell’ultimo anno del corso di laurea triennale in interni. Questo è uno degli ultimi progetti di un percorso che nasce da un terapeuta, Ivo Cilesi, che tra le ultime cose aveva pensato a una struttura alberghiera, un Hotel Alzheimer. Casa Chiaravalle ha offerto agli studenti l’opportunità di calare nella realtà la teoria”. E così sono nate delle stanze, non solo funzionali, ma anche belle. Come spiega Mariazzi: “I laureandi hanno fatto dei laboratori con i terapisti, hanno parlato con gli operatori e poi sul campo hanno lavorato concretamente ai diversi progetti. Nelle giornate in cui sono stati qui a lavorare i nostri ospiti erano felicissimi. Si respirava un’aria…magica”. Sono tanti i progetti che Casa Chiaravalle custodisce nel cassetto, come sogni: “valorizzare gli ettari e ettari di terreno agricolo che abbiamo per creare una nostra produzione. Ma anche rendere il piccolo bosco un museo d’arte a cielo aperto”, spiega Mariazzi. “Coinvolgere, quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo, il borgo di Chiaravalle e la città di Milano. Perché siamo veramente convinti che la comunità possa più di tutto”.

Pierfrancesco Majorino, europarlamentare Pd

Avendo seguito da vicino il percorso che ha portato Casa Chiaravalle da essere un bene confiscato alla criminalità organizzata a luogo di accoglienza e comunità, l’europarlamentare del Partito democratico Pierfrancesco Majorino riguardo a Casa Grace, commenta: “Sono molto contento di questo nuovo approdo, anche perché gestire i beni confiscati alla crimininalità organizzata vuol dire assumersi una responsabilità. Non sono dei beni demaniali normali. è importante farne un uso significativo e Milano, in questo, è un’eccellenza a livello nazionale sulla gestione dei beni confiscati. E Chiaravalle va in questa direzione”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Il professore Alessandro Biamonti e la presidente Sara Mariazzi
Nella periferia sud di Milano, tra le stanze del bene confiscato alla mafia più grande della Lombardia, ha aperto una foresteria per anziani sui generis. Ma ad abitare Casa Chiaravalle non ci sono solo loro, il condomio solidale è in effetti molto affollato. La formula di questa struttura risulta infatti semplice quanto illuminata, perché punta sull'integrazione tra l'area, il borgo di Chiaravalle, la città di Milano e l'intergenerazionalità di chi la abita. Come ci spiega la presidente Sara Mariazzi della cooperativa Genera: "Per noi i luoghi devono essere inclusivi, più aperti e intergenerazionali possibile: la mescolanza e lo scambio fanno sempre bene ed è importante avere degli spazi dove le persone, al di là delle loro singole fragilità, possono crescere insieme".  
Casa Chiaravalle vista da Google Maps
Ma partiamo dall'inizio. A Chiaravalle, angolo di campagna milanese con un borgo che da sempre tenta di connettersi alla città, dagli anni Ottanta fino al 2009 ha abitato la famiglia Molluso. Il suo capofamiglia, Pasquale Molluso, non è mai stato condannato per mafia, ma per una serie di capi di imputazione "che rivelano l’uso degli stessi strumenti utilizzati da cosche e affiliati per guadagnarsi da vivere" nel 2009 viene arrestato e la sua enorme dimora viene confiscata da parte della Sezione autonoma Misure di prevenzione del Tribunale di Milano. E così: bagni lussuosi, marmi, statue e pavimenti in stile neoclassico lasciano il posto a spazi di accoglienza. Nei 1.200 metri quadrati di Casa Chiaravalle convivono infatti tante anime: una comunità di minori, circa settanta famiglie in emergenza abitativa, a cui spetta la residenzialità temporanea per massimo due anni in attesa di ricevere l'assegnazione di una casa popolare dal comune di Milano e, da luglio di quest'anno, anche gli anziani. "Persone che hanno delle fragilità sia a livello di salute, sia sociali - spiega Mariazzi - che possono essere a rischio solitudine, isolamento o hanno difficoltà legate alla famiglia. Sono autosufficienti, ma hanno bisogno di un contesto più protetto che, qualora ce ne fosse bisogno, sia in grado di attivare tutta una serie di interventi assistenziali. Ma", ribadisce Mariazzi, "il punto è che a Casa Chiaravalle le persone vengono trattate come persone e non a seconda del motivo, del bisogno, per cui sono qui".
Gli studenti del Politecnico a Casa Chiaravalle
A Casa Chiaravalle gli studenti del Politecnico
L'intergenerazionalità a Casa Chiaravalle parte dalle fondamenta. Cascina Grace, che inizialmente doveva ospitare un villaggio per persone malate di Alzheimer, "in attesa del via libera per la sperimentazione" è al momento una foresteria ideata dagli studenti all'ultimo anno del Politecnico di Milano, che - per la loro tesi di laurea - hanno deciso di dedicarsi alla restrutturazione della Cascina, coordinati dal professor Alessandro Biamonti del dipartimento di Design del Politecnico di Milano e membro di Lab.I.R.Int (Laboratorio Innovazione e Ricerca Interni), un team di ricerca sugli Habitat terapeutici, che così spiega il progetto: "È una grande opportunità per gli studenti dell'ultimo anno del corso di laurea triennale in interni. Questo è uno degli ultimi progetti di un percorso che nasce da un terapeuta, Ivo Cilesi, che tra le ultime cose aveva pensato a una struttura alberghiera, un Hotel Alzheimer. Casa Chiaravalle ha offerto agli studenti l’opportunità di calare nella realtà la teoria". E così sono nate delle stanze, non solo funzionali, ma anche belle. Come spiega Mariazzi: "I laureandi hanno fatto dei laboratori con i terapisti, hanno parlato con gli operatori e poi sul campo hanno lavorato concretamente ai diversi progetti. Nelle giornate in cui sono stati qui a lavorare i nostri ospiti erano felicissimi. Si respirava un'aria...magica". Sono tanti i progetti che Casa Chiaravalle custodisce nel cassetto, come sogni: "valorizzare gli ettari e ettari di terreno agricolo che abbiamo per creare una nostra produzione. Ma anche rendere il piccolo bosco un museo d'arte a cielo aperto", spiega Mariazzi. "Coinvolgere, quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo, il borgo di Chiaravalle e la città di Milano. Perché siamo veramente convinti che la comunità possa più di tutto".
Pierfrancesco Majorino, europarlamentare Pd
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