Il sorriso contagioso di Rachele Ignesti: da vittima di violenza a clown in corsia

Dalla sua forza nasce la favola illustrata “Il mio nuovo principe azzurro”, per grandi e piccini: “Bisogna poter parlare in famiglia di violenza ed educare i giovani al rispetto"

di CATERINA CECCUTI -
12 settembre 2023
Rachele Ignesti

Rachele Ignesti

Rachele Ignesti ha occhi grandi e un sorriso che contagia, nel senso che adora far sorridere il prossimo. Da sedici anni fa il clown in corsia nell'Ospedale Santa Maria Annunziata di Ponte a Niccheri, a Bagno a Ripoli (Firenze), e ha partecipato a diverse missioni umanitarie all'estero vestendo i panni di clown sociale. Eppure, dietro a quel sorriso dirompente, si agitano ombre che hanno riempito il suo passato adolescenziale di brutti ricordi. È stato quando, da giovanissima, ha subito violenza da parte di un ex fidanzato. Nel frattempo la vita è andata avanti: il lavoro come animatrice nelle feste per bambini, le importanti attività di volontariato, un nuovo amore e la nascita delle sue due figlie, ormai entrambe adolescenti. Oggi ha 47 anni ma, quasi per caso, recentemente ha scoperto che quel trauma è rimasto ancora vivo dentro di lei, e ha continuato a lavorare come un tarlo.

La storia di Rachele Ignesti tra passato e presente

Rachele, cosa successe quando era ancora molto giovane? “Avevo un fidanzato con cui sono stata per ben tre anni. Lui assumeva con me comportamenti tutt'altro che compatibili con quelli del principe azzurro sognato nelle favole. Accanto a lui non mi sentivo mai abbastanza bella, ero insicura, soggiogata da una relazione tossica di cui però, purtroppo, neanche mi rendevo conto, ma che invece era piuttosto evidente alle persone che mi circondavano. Solo molto tempo dopo mi sono resa conto di essere stata vittima di violenza fisica e psicologica da parte sua. Come purtroppo spesso accade, le donne che subiscono violenza tendono a giustificare. Io raccontavo bugie a mia madre pur di tutelare il mio ragazzo, ma lo facevo inconsciamente”. Poi è riuscita ad uscirne... “Sì, ma ne sono uscita ammaccata, acciaccata, con i segni di bruciature di sigarette sulle braccia e i lividi addosso.
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Rachele Ignesti presenta il suo libro “Il mio nuovo principe azzurro”

Nella mia vita però, successivamente, ho subito anche altri tipi di violenza – non meno gravi -, come quella verbale ed economica, che sono state forse persino peggiori. Se ne esce con coraggio, lo si fa per i propri figli, grazie all'aiuto di professionisti bravi”.

"Nessuno sapeva che dietro quella 'storiella' c'era la mia vita"

È appena stato pubblicato il suo primo libro, un racconto illustrato che si intitola “Il mio nuovo principe azzurro” (CTRL-Print, Parma). Come è nata l'idea e di cosa parla? "Tutto è iniziato quando, nell'agosto del 2020, ho partecipato al Festival della Bugia, classificandomi al terzo posto. Quell'anno era stato istituito il tema “Le favole”, quindi decisi di buttare giù una favola sotto forma di dialogo, che poi rappresentai sul palco insieme a mia  figlia. Nel dialogo le parlavo di un principe azzurro più bello di me, che cantava meglio e che sapeva fare tutto, mentre io non ero mai all'altezza. Alla fine la bambina mi chiedeva “Ma il tuo principe ti ama?”, allora io mi spogliavo e le facevo vedere dei lividi. Poi però le dicevo una bugia, cioè che quei segni me li ero procurati incontrando Shreck nel bosco e che, scambiandomi un abbraccio con lui, un po' del suo verde mi era rimasto incollato sulla pelle. Le mentivo per tutelarla, per proteggerla da una realtà non bella. Descrivevo un principe quando, invece, stavo parlando di un orco. Quella volta sul palco non ho vinto, sono arrivata solo terza, ma nessuno sapeva che dietro la mia bugia c'era una storia personale. Prima di scendere dal palco ho voluto dedicare la mia esibizione alle persone vittime di violenza, come lo ero stata io. Ecco, il dialogo con mia figlia rappresentato su quel palco è il libro che ho scritto”.
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Rachele Ignesti: "Una fiaba per raccontare una storia di violenza"

Una favola raccontata con una narrativa molto semplice, affiancata dalle illustrazioni di Letizia Castaldo, capace nel suo insieme di commuovere e appassionare persone adulte, ma anche di essere compreso dai bambini, in modo da permettere loro di approcciarsi all’argomento attraverso una fiaba.

L'importanza di parlare di violenza

Rachele, cosa successe dopo la sua esibizione al Festival della Bugia del 2020? “Mi si è aperto un mondo: sono stata chiamata a testimoniare in TV, sia sul regionale che sul nazionale, e la mia storia è stata raccontata su varie testate. Sono stata intervistata anche il 25 novembre del 2020, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne. Dal libro è nato un laboratorio che porterò nelle scuole e che presenterò nell'ambito del festival “L'eredità delle Donne”, con Serena Dandini. Sono stata chiamata a Foligno per fare un laboratorio con quattro classi, e a Torino, dove ho contatti con associazioni legate ai tribunali per la difesa delle donne e dei bambini vittime di violenza. Ciò che dico sempre è che se leggendo il mio libro ci fosse anche solo una donna invogliata a prendere consapevolezza della propria condizione e a denunciare, io avrei già vinto”. I dati riguardanti i femminicidi, d'altronde, sono davvero allarmanti... “Assolutamente. In Italia parliamo di 80 femminicidi dall'inizio del 2023, ultimo dei quali quello di Marsala. Del mio libro vorrei si parlasse in famiglia, perché la questione non può e non deve essere demandata soltanto alle scuole. Le ragazze non devono avere paura di parlare con i genitori e i ragazzi, dal canto loro, devono essere educati a rispettare le donne. Insomma, maschi e femmine devono entrambi ricevere un'educazione in materia, seppur in modi diversi, e – come dico sempre a mia figlia, ormai diciottenne - una ragazza deve uscire col proprio ragazzo e tornare a casa felice.
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"Bisogna poter parlare di violenza in famiglia ed educare al rispetto"

Esistono quattro macro aree di violenza: fisica, psicologica, verbale e social. Una ragazza che viene continuamente soggiogata e presa di mira dalla tastiera, esclusa da una storia nella quale invece sono presenti tutti i suoi amici ecc., si sente frustrata e, quindi, subisce una violenza. Se per esempio esce con un ragazzo, sembra sia andato tutto bene e poi invece lui la blocca sui social, lo stato d'animo che ne può scaturire viene ahimè troppo sottovalutato. La mia speranza, la mia testimonianza, è proprio l'invito ad una presa di coscienza collettiva delle varie forme di violenza cui una donna può essere sottoposta, e alle conseguenze – anche drammatiche – che queste possono avere su di lei”.