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Home » Attualità » Studente transgender discriminato da un professore: Imma Battaglia racconta la sua dolorosa esperienza

Studente transgender discriminato da un professore: Imma Battaglia racconta la sua dolorosa esperienza

Lo sfogo dell'attivista e compagna di Eva Grimaldi a Storie Italiane su Raiuno: "Anche alla maturità ero terrorizzata che ricominciassero con ‘tu sei un maschio, questa è una femmina’"

Lucia Lapi
11 Novembre 2022
Storie Italiane, Imma Battaglia devastata: “Ho vissuto cose terribili”

Storie Italiane, Imma Battaglia devastata: “Ho vissuto cose terribili”

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“Hanno ragione i giovani, so io quello che ho subito nella vita mia, quando mi prendevano in giro davanti a tutti e ridevano. Io non ho avuto la forza di denunciare, invece oggi ci sono dei giovani preparati, a cominciare da Marco”, comincia così il duro sfogo di Imma Battaglia, oggi a Storie Italiane su Raiuno con Eleonora Daniele. L’attivista, commentando la vicenda dello studente trans discriminato da un suo professore al Liceo Cavour di Roma, su cui si è espresso anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sottolineando che ‘la scuola non può ammettere al proprio interno alcuna forma di discriminazione’, ha ripercorso i difficili momenti della sua adolescenza, bullizzata da compagni e professori.

“Io sono sempre stata come mi vedete, ma il primo giorno di scuola il professore di italiano, al momento di alzarmi in piedi per l’appello, mi guarda e davanti ai miei 30 compagni mi dice ‘No, ma tu sei un maschio, Immacolata Battaglia è una femmina, non puoi essere’. E hanno soltanto tutti riso a crepapelle”, ha raccontato amareggiata. “Io sono felice che questi ragazzi reagiscano, io non l’ho fatto, non l’ho detto a mia madre, non l’ho detto a nessuno. Sto male a raccontarlo. Io da quel giorno, ogni volta che entravo in classe avevo gli occhi bassi, avevo paura che le persone mi guardassero, è stato un trauma che mi porto ancora addosso”, ha proseguito, “è un dolore che non si può capire, perché nessuno lo sa cosa vuol dire stare a dire, sono femmina o sono maschio…ma che cosa ne so cosa sono? Ho lottato per non cadere in questa trappola, ho lottato per vestirmi come mi pare e perché nessuno mi giudicasse, ma quando ho fatto l’esame di maturità ero talmente terrorizzata che ricominciassero con ‘tu sei un maschio, questa è una femmina’ che mi ricordo di aver voluto indossare una gonna che mamma mi aveva cucito perché pensavo ‘almeno se ho una gonna nessuno mi fa questa domanda’. Ma è un trauma che mi porto da quando ho 3 anni. Io sono contenta che questi ragazzi si stanno arrabbiando, perché nessuno lo può capire, nessuno si deve permettere di guardarti e giudicare cosa sei o non sei. Marco è stato straordinario a denunciare, e la sento come una conquista delle lotte che ho fatto anche io. Voi non dovete giudicare come si esprimono le persone, e dovete lasciarle libere”, ha detto accorata.

La copertina del settimanale 'Chi' con Eva Grimaldi e Imma Battaglia (Ansa)
La copertina del settimanale ‘Chi’ con Eva Grimaldi e Imma Battaglia (Ansa)

“Oggi mi vesto come mi pare, non me ne frega più niente, ma ti assicuro che ho ancora tanti momenti in cui ho paura del giudizio”, ha confidato. “Mi far star male. Loro sono liberi, io non lo ero. I miei compagni mi aspettavano per picchiarmi e lottavo da sola, non avevo paura. Prendevo botte continuamente, ma io sono forte, le ho sempre ridate. Sono stata picchiata da un mio fidanzato, quando ancora non capivo cosa dovessi fare, e sono tornata a casa piena di lividi perché lo avevo lasciato. E lo avevo lasciato perché mi ero innamorata di una donna. E come facevo a spiegarlo? Non sapevo spiegarlo a lui, non a mia madre. Ma io per questo sono diventata una combattente”, ha proseguito, “l’unica cosa che facevo era abbassare gli occhi e studiare. Era la sola forza che potevo creare per combattere con quelli più grossi di me. Io ho fatto questa come rivoluzione: voi mi state facendo vivere una vita terribile e io sono la più brava di tutti. E tutti venivano a chiedere il compito a me. Ho vinto così le mie guerre. Ma sai quanto è stato faticoso? E lo è ancora oggi: quando entro nel bagno delle donne, in palestra, e sono costretta a dire che sono donna a mostrare il seno. È una cosa terribile perché io non dovrei dimostrare nulla, è mio diritto stare lì. E quando ho fatto l’unione civile con Eva mi hanno detto ‘Ti vesti da maschio, vergognati, fai schifo’…è un continuo”, ha raccontato la Battaglia. “Io sono contenta di questi ragazzi, della scuola, perché non c’è più spazio per la discriminazione”, ha concluso.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

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  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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“Hanno ragione i giovani, so io quello che ho subito nella vita mia, quando mi prendevano in giro davanti a tutti e ridevano. Io non ho avuto la forza di denunciare, invece oggi ci sono dei giovani preparati, a cominciare da Marco”, comincia così il duro sfogo di Imma Battaglia, oggi a Storie Italiane su Raiuno con Eleonora Daniele. L’attivista, commentando la vicenda dello studente trans discriminato da un suo professore al Liceo Cavour di Roma, su cui si è espresso anche il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara sottolineando che ‘la scuola non può ammettere al proprio interno alcuna forma di discriminazione’, ha ripercorso i difficili momenti della sua adolescenza, bullizzata da compagni e professori. “Io sono sempre stata come mi vedete, ma il primo giorno di scuola il professore di italiano, al momento di alzarmi in piedi per l’appello, mi guarda e davanti ai miei 30 compagni mi dice ‘No, ma tu sei un maschio, Immacolata Battaglia è una femmina, non puoi essere’. E hanno soltanto tutti riso a crepapelle”, ha raccontato amareggiata. “Io sono felice che questi ragazzi reagiscano, io non l’ho fatto, non l’ho detto a mia madre, non l’ho detto a nessuno. Sto male a raccontarlo. Io da quel giorno, ogni volta che entravo in classe avevo gli occhi bassi, avevo paura che le persone mi guardassero, è stato un trauma che mi porto ancora addosso”, ha proseguito, “è un dolore che non si può capire, perché nessuno lo sa cosa vuol dire stare a dire, sono femmina o sono maschio…ma che cosa ne so cosa sono? Ho lottato per non cadere in questa trappola, ho lottato per vestirmi come mi pare e perché nessuno mi giudicasse, ma quando ho fatto l’esame di maturità ero talmente terrorizzata che ricominciassero con ‘tu sei un maschio, questa è una femmina’ che mi ricordo di aver voluto indossare una gonna che mamma mi aveva cucito perché pensavo ‘almeno se ho una gonna nessuno mi fa questa domanda’. Ma è un trauma che mi porto da quando ho 3 anni. Io sono contenta che questi ragazzi si stanno arrabbiando, perché nessuno lo può capire, nessuno si deve permettere di guardarti e giudicare cosa sei o non sei. Marco è stato straordinario a denunciare, e la sento come una conquista delle lotte che ho fatto anche io. Voi non dovete giudicare come si esprimono le persone, e dovete lasciarle libere”, ha detto accorata.
La copertina del settimanale 'Chi' con Eva Grimaldi e Imma Battaglia (Ansa)
La copertina del settimanale 'Chi' con Eva Grimaldi e Imma Battaglia (Ansa)
“Oggi mi vesto come mi pare, non me ne frega più niente, ma ti assicuro che ho ancora tanti momenti in cui ho paura del giudizio”, ha confidato. “Mi far star male. Loro sono liberi, io non lo ero. I miei compagni mi aspettavano per picchiarmi e lottavo da sola, non avevo paura. Prendevo botte continuamente, ma io sono forte, le ho sempre ridate. Sono stata picchiata da un mio fidanzato, quando ancora non capivo cosa dovessi fare, e sono tornata a casa piena di lividi perché lo avevo lasciato. E lo avevo lasciato perché mi ero innamorata di una donna. E come facevo a spiegarlo? Non sapevo spiegarlo a lui, non a mia madre. Ma io per questo sono diventata una combattente”, ha proseguito, “l’unica cosa che facevo era abbassare gli occhi e studiare. Era la sola forza che potevo creare per combattere con quelli più grossi di me. Io ho fatto questa come rivoluzione: voi mi state facendo vivere una vita terribile e io sono la più brava di tutti. E tutti venivano a chiedere il compito a me. Ho vinto così le mie guerre. Ma sai quanto è stato faticoso? E lo è ancora oggi: quando entro nel bagno delle donne, in palestra, e sono costretta a dire che sono donna a mostrare il seno. È una cosa terribile perché io non dovrei dimostrare nulla, è mio diritto stare lì. E quando ho fatto l’unione civile con Eva mi hanno detto ‘Ti vesti da maschio, vergognati, fai schifo’…è un continuo”, ha raccontato la Battaglia. “Io sono contenta di questi ragazzi, della scuola, perché non c’è più spazio per la discriminazione”, ha concluso.
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