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Home » Attualità » In Canada saranno vietate le terapie di conversione per membri della comunità Lgbtq+

In Canada saranno vietate le terapie di conversione per membri della comunità Lgbtq+

Si è trattata di una rara dimostrazione di unanimità nel Parlamento di Ottawa, per una mozione presentata a sorpresa dai conservatori. Queste pratiche, basate su teorie pseudoscientifiche, sono però ancora presenti in molti Paesi, tra cui l'Italia

Marianna Grazi
6 Dicembre 2021
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Un passo avanti verso l’inclusione, verso la normalizzazione delle mille sfumature dell’amore. In Canada, il 1 dicembre, è stata approvata all’unanimità una legge che vieta le terapie di conversione. Un primo step, quello del Parlamento canadese, verso l’abolizione di una pratica disumana. La terapia di conversione, infatti, anche detta ‘riparativa’ o di ‘riorientamento sessuale’, è una pratica pseudoscientifica intesa a cambiare l’orientamento sessuale di una persona, dall’omosessualità originaria all’eterosessualità, oppure ad eliminare (o ridurre) i suoi desideri e comportamenti omosessuali.

Basate sulla convinzione (smentita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990) che si nasca tutti etero e che l’omosessualità sia una malattia, indotta da condizionamenti ambientali o da traumi familiari, la ‘soluzione’ proposta da quelli che condividono questo pensiero è a dir poco assurda: tentare di modificare l’identità di genere e l’orientamento sessuale della persona facendo ricorso a preghiere, esorcismi, ipnosi, ormoni, elettrochoc, percosse, privazione del cibo. Perché purtroppo ancora oggi l’omosessualità troppo spesso viene considerata qualcosa di patologico, di sbagliato. Da curare, piuttosto che da accettare nella sua naturalezza.

Se passerà anche al Senato, in Canada la nuova legge renderà illecito sottoporre a queste pratiche bambini o persone adulte non consensuali.⁠ Quella di mercoledì scorso è stata una delle rare manifestazioni di unanimità della House of Commons canadese, tanto che l’approvazione ha scatenato un applauso generale. Anche perché abolire pratiche infondate ed estremamente dannose, che causano numerosi traumi e l’aumento del rischio di suicidio in chi le subisce, è prima di tutto un passo avanti per la civiltà umana in generale. Nonostante siano state ampiamente screditata dagli esperti della salute a livello globale, le terapie di conversione sono infatti ancora legali in molte parti del mondo: almeno in 68 Stati, secondo un recente report delle Nazioni Unite, anche se alcune versioni delle pratiche di conversione vengono tuttora eseguite in tutte le nazioni⁠. In Italia, ad esempio, non sono illegali, perché il disegno di legge che avrebbe dovuto abolire le cosiddette conversion therapy non è mai stato discusso. L’unico tentativo, in questo senso, era stato fatto nel 2016 da Sergio Lo Giudice, ex parlamentare ed ex presidente di Arcigay, da sempre in prima fila per i diritti civili, e prevedeva la reclusione fino a due anni e la multa da 10mila a 50mila euro per chiunque praticasse queste terapie.

Il pretesto per far sì che il disegno di legge non fosse nemmeno discusso è stato lo stesso di tante altre iniziative legislative che riguardano la comunità lgbt (oggi il caso più clamoroso è quello del Ddl Zan): non è una priorità. “Chi dice che non è una priorità fa ridere, perché cos’è una priorità se non tutelare dei ragazzi minorenni da interventi che tutti gli ordini dei medici considerano non solo inutili, ma anche dannosi per la loro salute psichica?”, aveva detto in un’intervista all’Huffington Post. Le pratiche infatti sono vietate dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi e dalla Società italiana di psicologia. Ma questo basta a reprimere il fenomeno? A quanto pare no.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Un passo avanti verso l'inclusione, verso la normalizzazione delle mille sfumature dell'amore. In Canada, il 1 dicembre, è stata approvata all'unanimità una legge che vieta le terapie di conversione. Un primo step, quello del Parlamento canadese, verso l'abolizione di una pratica disumana. La terapia di conversione, infatti, anche detta 'riparativa' o di 'riorientamento sessuale', è una pratica pseudoscientifica intesa a cambiare l'orientamento sessuale di una persona, dall'omosessualità originaria all'eterosessualità, oppure ad eliminare (o ridurre) i suoi desideri e comportamenti omosessuali. Basate sulla convinzione (smentita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990) che si nasca tutti etero e che l’omosessualità sia una malattia, indotta da condizionamenti ambientali o da traumi familiari, la 'soluzione' proposta da quelli che condividono questo pensiero è a dir poco assurda: tentare di modificare l'identità di genere e l'orientamento sessuale della persona facendo ricorso a preghiere, esorcismi, ipnosi, ormoni, elettrochoc, percosse, privazione del cibo. Perché purtroppo ancora oggi l'omosessualità troppo spesso viene considerata qualcosa di patologico, di sbagliato. Da curare, piuttosto che da accettare nella sua naturalezza. Se passerà anche al Senato, in Canada la nuova legge renderà illecito sottoporre a queste pratiche bambini o persone adulte non consensuali.⁠ Quella di mercoledì scorso è stata una delle rare manifestazioni di unanimità della House of Commons canadese, tanto che l’approvazione ha scatenato un applauso generale. Anche perché abolire pratiche infondate ed estremamente dannose, che causano numerosi traumi e l'aumento del rischio di suicidio in chi le subisce, è prima di tutto un passo avanti per la civiltà umana in generale. Nonostante siano state ampiamente screditata dagli esperti della salute a livello globale, le terapie di conversione sono infatti ancora legali in molte parti del mondo: almeno in 68 Stati, secondo un recente report delle Nazioni Unite, anche se alcune versioni delle pratiche di conversione vengono tuttora eseguite in tutte le nazioni⁠. In Italia, ad esempio, non sono illegali, perché il disegno di legge che avrebbe dovuto abolire le cosiddette conversion therapy non è mai stato discusso. L’unico tentativo, in questo senso, era stato fatto nel 2016 da Sergio Lo Giudice, ex parlamentare ed ex presidente di Arcigay, da sempre in prima fila per i diritti civili, e prevedeva la reclusione fino a due anni e la multa da 10mila a 50mila euro per chiunque praticasse queste terapie. Il pretesto per far sì che il disegno di legge non fosse nemmeno discusso è stato lo stesso di tante altre iniziative legislative che riguardano la comunità lgbt (oggi il caso più clamoroso è quello del Ddl Zan): non è una priorità. "Chi dice che non è una priorità fa ridere, perché cos'è una priorità se non tutelare dei ragazzi minorenni da interventi che tutti gli ordini dei medici considerano non solo inutili, ma anche dannosi per la loro salute psichica?", aveva detto in un'intervista all'Huffington Post. Le pratiche infatti sono vietate dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi e dalla Società italiana di psicologia. Ma questo basta a reprimere il fenomeno? A quanto pare no.
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