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Home » Attualità » L’abbraccio tra mamma e figlia dopo il coma: Cristina e la sua Caterina finalmente insieme

L’abbraccio tra mamma e figlia dopo il coma: Cristina e la sua Caterina finalmente insieme

La donna, oggi 39 anni, a luglio 2020 ha avuto un arresto cardiaco al settimo mese di gravidanza. La sua bambina è stata fatta nascere con un cesareo ma entrambe hanno riportato importanti danni neurologici. Domenica 15 maggio si sono finalmente conosciute

Marianna Grazi
16 Maggio 2022
Cristina e Caterina-2

Mamma Cristina e la figlia Caterina (Foto: Arezzo Notizie)

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Un abbraccio che vale una vita: quello tra mamma e figlia, che non si sono mai conosciute nonostante siano già passati quasi due anni dalla nascita della piccola. Accade in provincia di Arezzo, nel piccolo paesino di Alberoro, dove Cristina Rosi, oggi 39 anni, ha potuto finalmente abbracciare la sua Caterina. Undici mesi di coma da quel terribile giorno che rischiò di portarsi via una mamma e in cui, allo stesso tempo, venne alla luce una nuova vita. Poi la riabilitazione, lontana da casa, fino a una domenica di maggio del 2022 quando finalmente è avvenuto quel piccolo miracolo tanto atteso.

Ad assistere a questo momento così emozionante c’era ovviamente il marito, il 43enne Gabriele Succi: “Vedere Cristina così per noi è già tanto – ha commentato –, sono convinto che piano piano ci riprenderemo la nostra vita“. Accanto a loro tante amiche ed ex colleghe, oltre alla famiglia, che hanno voluto salutare il primo passo per uno sperato ritorno alla normalità, per quanto possibile.

La vicenda

Cristina Rosi
Cristina Rosi, la donna oggi 39enne che, a causa di un arresto cardiaco al 7° mese di gravidanza, è rimasta in coma per 11 mesi e solo dopo quasi due anni ha potuto conoscere e abbracciare la figlia Caterina

Cristina e Gabriele erano poco più che adolescenti quando si sono conosciuti e innamorati vent’anni fa. È lui stesso a raccontarlo, al Corriere Fiorentino: “Eravamo a ballare a Le Mirage a Monte San Savino (una discoteca di zona, ndr), all’inizio non mi considerava, poi è scattato l’amore, ci siamo fidanzati, poi ci siamo sposati”. Una coppia giovane, affiatata, che a un certo punto ha capito che tutto quell’amore era troppo per loro due soltanto, così hanno deciso di allargare la famiglia. Due anni fa Cristina è rimasta incinta, poi un fulmine a ciel sereno: il 23 luglio 2020, al settimo mese di gravidanza, Cristina va in arresto cardiaco e rimane per quai mezz’ora senza ossigeno, appesa tra la vita e la morte. I sanitari riescono però a far nascere la sua bambina con un parto cesareo, ma madre e figlia riportano entrambe importanti lesioni. A ricordare quel giorno è il marito: “Io ero a lavorare, era pomeriggio, lei era sola in casa – ha raccontato al Corriere Fiorentino –. Da quel momento la nostra vita è cambiata, adesso spero soltanto che possano vivere una parvenza di vita, il mio sogno è che mia moglie possa tornare a vivere a casa insieme a me e nostra figlia, ma chissà se un giorno sarà possibile”. Un calvario durato quasi due anni: uscita dal coma, infatti, Cristina è stata ricoverata all’istituto Agazzi di Arezzo, dove ha intrapreso un lungo percorso di riabilitazione, per riappropriarsi di tutte quelle funzioni vitali che per mesi le erano state precluse.

Cristina e Caterina Arezzo
Cristina abbraccia per la prima volta sua figlia Caterina nella loro casa in provincia di Arezzo

L’incontro ta mamma e figlia

Sorrisi, qualche lacrima e tanta, tanta gioia. In una domenica di metà maggio, dopo tanto aver atteso – almeno la famiglia – questo momento, la donna è uscita per la prima volta dalla struttura dove si trova in cura ed è potuta tornare a casa, per alcune ore, ad Alberoro, e abbracciare per la prima volta la figlia. Caterina, nata prematura, oggi ha quasi due anni e che necessita di cure costanti. “Non so se si sono riconosciute perché entrambe hanno problemi neurologici e non sono autosufficienti – ha spiegato Succi –. Non riesco neppure a capire se mia moglie riconosce me ogni volta che la vedo. Lei sorride, sorride a tutti, e quando le metto le canzoni della Nannini, le canta a memoria, quindi vuol dire che ricorda”. E proprio Gianna Nannini, qualche tempo, fa, appreso del risveglio della donna dal coma aveva registrato ben due messaggi di incoraggiamento. “Ciao Cristina, sono Gianna, ho saputo che ti sei svegliata e sono veramente felice per te, spero di incontrarti appena possibile – aveva detto la rockstar –. Un bacio enorme e un abbraccio infinito”.
Dopo alcune ore a casa, circondata dall’affetto della famiglia e delle amiche del cuore, la 39enne ha fatto ritorno all’istituto per le terapie: “Clinicamente Cristina sta bene ma visto che ha rischiato di morire va bene così”, ha concluso il marito commosso.

Una catena di solidarietà

Cristina-Rosi-coma
Cristina Rosi si è risvegliata dal coma dopo 11 mesi. Il marito Gabriele è sempre rimasto al suo fianco

I familiari, supportati in questi mesi dalle amiche di Cristina, che non l’hanno mai abbandonata, avevano preparato la casa per l’accoglienza della donna e si dicono pronti ad affrontare la dura battaglia per gestire le due donne e il personale sanitario che dovrà assisterle. In questi mesi non sono mancati però il sostegno e la solidarietà di tantissime persone, non solo conoscenti, che hanno voluto contribuire alla raccolta fondi, lanciata dal marito Gabriele, per le cure di madre e figlia e il soggiorno di otto mesi della Rosi in Austria, in una clinica specializzata in riabilitazione neurologica. “Una catena di generosità commovente. Io ho un negozio davanti alla chiesa di Alberoro e chi vuole può venire qui e lasciare un’offerta per aiutare questa famiglia – dice alla Nazione Lucia, una delle amiche di vecchia data di Cristina – Noi stiamo mantenendo l’iniziativa sempre attiva per dare una piccola mano in una fase così complicata per loro”. E domenica scorsa, insieme ad altre colleghe, ha partecipato alla piccola festicciola organizzata per il ritorno della 39enne a casa. Anche le campane del paese hanno suonato a festa per lei, perché sia davvero un nuovo inizio per Cristina, Caterina e la loro straordinaria famiglia.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Un abbraccio che vale una vita: quello tra mamma e figlia, che non si sono mai conosciute nonostante siano già passati quasi due anni dalla nascita della piccola. Accade in provincia di Arezzo, nel piccolo paesino di Alberoro, dove Cristina Rosi, oggi 39 anni, ha potuto finalmente abbracciare la sua Caterina. Undici mesi di coma da quel terribile giorno che rischiò di portarsi via una mamma e in cui, allo stesso tempo, venne alla luce una nuova vita. Poi la riabilitazione, lontana da casa, fino a una domenica di maggio del 2022 quando finalmente è avvenuto quel piccolo miracolo tanto atteso. Ad assistere a questo momento così emozionante c'era ovviamente il marito, il 43enne Gabriele Succi: "Vedere Cristina così per noi è già tanto – ha commentato –, sono convinto che piano piano ci riprenderemo la nostra vita". Accanto a loro tante amiche ed ex colleghe, oltre alla famiglia, che hanno voluto salutare il primo passo per uno sperato ritorno alla normalità, per quanto possibile.

La vicenda

Cristina Rosi
Cristina Rosi, la donna oggi 39enne che, a causa di un arresto cardiaco al 7° mese di gravidanza, è rimasta in coma per 11 mesi e solo dopo quasi due anni ha potuto conoscere e abbracciare la figlia Caterina
Cristina e Gabriele erano poco più che adolescenti quando si sono conosciuti e innamorati vent'anni fa. È lui stesso a raccontarlo, al Corriere Fiorentino: "Eravamo a ballare a Le Mirage a Monte San Savino (una discoteca di zona, ndr), all’inizio non mi considerava, poi è scattato l’amore, ci siamo fidanzati, poi ci siamo sposati". Una coppia giovane, affiatata, che a un certo punto ha capito che tutto quell'amore era troppo per loro due soltanto, così hanno deciso di allargare la famiglia. Due anni fa Cristina è rimasta incinta, poi un fulmine a ciel sereno: il 23 luglio 2020, al settimo mese di gravidanza, Cristina va in arresto cardiaco e rimane per quai mezz'ora senza ossigeno, appesa tra la vita e la morte. I sanitari riescono però a far nascere la sua bambina con un parto cesareo, ma madre e figlia riportano entrambe importanti lesioni. A ricordare quel giorno è il marito: "Io ero a lavorare, era pomeriggio, lei era sola in casa – ha raccontato al Corriere Fiorentino –. Da quel momento la nostra vita è cambiata, adesso spero soltanto che possano vivere una parvenza di vita, il mio sogno è che mia moglie possa tornare a vivere a casa insieme a me e nostra figlia, ma chissà se un giorno sarà possibile". Un calvario durato quasi due anni: uscita dal coma, infatti, Cristina è stata ricoverata all'istituto Agazzi di Arezzo, dove ha intrapreso un lungo percorso di riabilitazione, per riappropriarsi di tutte quelle funzioni vitali che per mesi le erano state precluse.
Cristina e Caterina Arezzo
Cristina abbraccia per la prima volta sua figlia Caterina nella loro casa in provincia di Arezzo

L'incontro ta mamma e figlia

Sorrisi, qualche lacrima e tanta, tanta gioia. In una domenica di metà maggio, dopo tanto aver atteso – almeno la famiglia – questo momento, la donna è uscita per la prima volta dalla struttura dove si trova in cura ed è potuta tornare a casa, per alcune ore, ad Alberoro, e abbracciare per la prima volta la figlia. Caterina, nata prematura, oggi ha quasi due anni e che necessita di cure costanti. "Non so se si sono riconosciute perché entrambe hanno problemi neurologici e non sono autosufficienti – ha spiegato Succi –. Non riesco neppure a capire se mia moglie riconosce me ogni volta che la vedo. Lei sorride, sorride a tutti, e quando le metto le canzoni della Nannini, le canta a memoria, quindi vuol dire che ricorda". E proprio Gianna Nannini, qualche tempo, fa, appreso del risveglio della donna dal coma aveva registrato ben due messaggi di incoraggiamento. "Ciao Cristina, sono Gianna, ho saputo che ti sei svegliata e sono veramente felice per te, spero di incontrarti appena possibile – aveva detto la rockstar –. Un bacio enorme e un abbraccio infinito". Dopo alcune ore a casa, circondata dall'affetto della famiglia e delle amiche del cuore, la 39enne ha fatto ritorno all’istituto per le terapie: "Clinicamente Cristina sta bene ma visto che ha rischiato di morire va bene così", ha concluso il marito commosso.

Una catena di solidarietà

Cristina-Rosi-coma
Cristina Rosi si è risvegliata dal coma dopo 11 mesi. Il marito Gabriele è sempre rimasto al suo fianco
I familiari, supportati in questi mesi dalle amiche di Cristina, che non l'hanno mai abbandonata, avevano preparato la casa per l'accoglienza della donna e si dicono pronti ad affrontare la dura battaglia per gestire le due donne e il personale sanitario che dovrà assisterle. In questi mesi non sono mancati però il sostegno e la solidarietà di tantissime persone, non solo conoscenti, che hanno voluto contribuire alla raccolta fondi, lanciata dal marito Gabriele, per le cure di madre e figlia e il soggiorno di otto mesi della Rosi in Austria, in una clinica specializzata in riabilitazione neurologica. "Una catena di generosità commovente. Io ho un negozio davanti alla chiesa di Alberoro e chi vuole può venire qui e lasciare un’offerta per aiutare questa famiglia – dice alla Nazione Lucia, una delle amiche di vecchia data di Cristina – Noi stiamo mantenendo l’iniziativa sempre attiva per dare una piccola mano in una fase così complicata per loro". E domenica scorsa, insieme ad altre colleghe, ha partecipato alla piccola festicciola organizzata per il ritorno della 39enne a casa. Anche le campane del paese hanno suonato a festa per lei, perché sia davvero un nuovo inizio per Cristina, Caterina e la loro straordinaria famiglia.
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