
Lina Attalah
"Mi piace sempre trovare delle opportunità nelle situazioni più difficili. Fare giornalismo dove il giornalismo libero non è praticamente ammesso ne mostra il valore più chiaro": è così che Attalah inizia a raccontarci cosa significhi fare informazione e inchieste in un Paese in cui il governo del presidente al-Sisi reprime la stampa indipendente. "È fondamentalmente un'opportunità per vedere il valore del giornalismo libero e un'opportunità per insistere su di esso nonostante tutti gli ostacoli".Visualizza questo post su Instagram

Attallah ha partecipato alla rassegna "Piazze inquiete" in corso alla Fondazione Feltrinelli di Milano
Chi è Lina Attalah
E di ostacoli, la 40enne, ne ha affrontati parecchi durante il suo percorso. Dopo gli studi tra Duino, Comune in provincia di Trieste, e l'università americana del Cairo, Attalah finisce subito in prima linea a raccontare il conflitto del Darfur per conto della BBC.
Nel 2011 segue le proteste scoppiate durante il periodo della Primavera araba in Siria e in Egitto, dove è fra i giornalisti picchiati dalle forze di sicurezza durante gli scontri con i manifestanti. La sua attività giornalistica resistente all'oppressione e alla censura l'ha portata all'arresto per ben due volte per poi essere rilasciata dopo poche ore.
Un destino comune a Patrick Zaki
Un destino che, seppur in parte, la accomuna a Patrick Zaki, l'attivista egiziano finito in carcere per alcuni post Facebook considerati contro il suo Paese. L'ex studente dell'università di Bologna lo scorso 18 luglio è stato condannato a tre anni di reclusione (dopo essere stato già detenuto in Egitto dal febbraio 2020 al dicembre 2021) con l'accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alle proteste illegali, sovversione, diffusione di false notizie, propaganda per il terrorismo.
Patrick Zaki è stato graziato dal presidente egiziano Al-Sisi a luglio 2023
Una direttrice donna
Nel mondo non ci sono molti giornali che possano vantare un direttore donna, figurarsi nel mondo arabo, per di più in un Paese dove le autorità controllano gran parte dei media. “Non ho mai pensato a cosa significhi aver raggiunto questa posizione in quanto donna. Credo però che l’essere donna mi abbia aiutato a costruire Mada Masr: penso che ci sia un valore femminista alla base delle collaborazioni vere e profonde. Quindi non credo che si tratti di me. Si tratta della capacità di operare in un collettivo che mi ha permesso di essere oggi in questa posizione”.
Le donne in Iran hanno iniziato a protestare contro il regime dopo la morte della 22enne Mahsa Amini