Mario Adinolfi pensa di comprare il reality anti-gay russo. Ma in Italia potrebbe funzionare?

di MARIANNA GRAZI -
5 maggio 2022
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Si intitola “Я не гей”, che tradotto diventa "I'm not gay". Non più solo il Cremlino, ora anche i media russi alzano la posta in gioco sul tavolo dell'omofobia, creando un intero reality show in cui alcuni uomini cercano di dimostrare di non essere omosessuali. Sì, avete capito bene: il 'colpevole' alla fine è che non si dimostra abbastanza macho e abbastanza attratto dalle donne. Trasmesso su YouTube, è stato pensato e verrà co-condotto da Vitaly Milonov, un politico di estrema destra che dedica la maggior parte del suo tempo a promuovere misure anti-Lgbtq+ in Russia, tra cui la legge sulla propaganda anti-gay.

Gli ingredienti di un cocktail omofobo

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Vitaly Milonov, politico conduttore del reality, si aggira con un gruppo di ragazze pronto a punire fisicamente i concorrenti non abbastanza 'virili'

Nel promo del programma si vede un ragazzo muscoloso aggirarsi, con addosso solo gli slip, su una spiaggia. A far sì che venga notato, ovviamente, è la sua bellezza. Dall'altra parte c'è un gruppo di avvenenti ragazze che reggono catene, fruste e mazze. Il conduttore del reality si sposta minaccioso tra i concorrenti, pronto a segnalare quelli che dovranno essere puniti fisicamente per essersi mostrati interessati all’uomo in questione. Gli otto partecipanti insomma dovranno testare, di settimana in settimana per 8 puntate, la loro eterosessualità, con l'obiettivo di eliminare tutti coloro che sono ritenuti omossessuali perché 'poco virili' rispetto agli standard imposti nel Paese. Come dice la voce fuori campo nella promo, in effetti, gli omossessuali russi sono “come i McDonald qui da noi, pochi e poco usati”. L'ideatore e conduttore Milonov poi, membro della Duma (Parlamento Russo) apertamente anti-Lgbtq+, è noto per le sue posizioni omofobiche: dalla crociata contro le bambole genderless alla volontà di "confinare i gay e sterilizzarli, come si fa con i gatti".Gli ingredienti, insomma ci sono tutti, non serve che mescolare e viene fuori un prodotto che ha tutto il sapore di caccia alle streghe. Anzi, al gay.
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In "I'm not gay" otto concorrenti si mettono alla prova per dimostrare la propria eterosessualità

Il reality e la propaganda

Il reality show russo, che al di fuori appare come un prodotto omofobo e discriminatorio, si inserisce però perfettamente nella cultura portata avanti dal presidente Putin e dai parlamentari in Russia, dove in sostanza non esistono diritti per la comunità Lgbtq+. L'omosessualità è stata legalizzata nel 1993 ma i sono matrimoni tra persone dello stesso sesso sono ancora vietati, non sono previste le unioni civili e i rapporti non eterosessuali sono considerati riprovevoli. Dal 2013 è inoltre in vigore la legge contro la propaganda Lgbt, che ha “lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei diritti tradizionali della famiglia” e considera un reato 'esporre' i bambini all’omonormatività.

L'uscita di Mario Adinolfi: "Reality per scoprire i gay? Compro i diritti e lo conduco"

Ampiamente criticato sia dalle organizzazioni di difesa dei diritti Lgbtq+ del Paese sia dagli attivisti stranieri, c'è chi invece dal reality show anti-gay russo prende spunto per lanciare un'idea strampalata: realizzarlo anche in Italia. Mario Adinolfi, sulle pagine digitali di MOW, dove si dice infatti pronto a condurre l'equivalente italiano del programma russo "I'm not gay”. Il giornalista ed ex politico, sulla testata lifestyle di AM Network, spiega: “L’ho visto. È un reality condotto da un Adinolfi locale: sono pronto a rilevare i diritti e farlo in Italia, i russi come sempre sono un passo avanti. Io sono pronto a condurre la versione italiana – aggiunge – mi candido, compro i diritti. Questa è una bomba, farebbe ascolti pazzeschi!”.
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Mario Adinolfi si proprone di comprare i diritti di "I'm not gay" e di portare il reality russo anche in Italia

Dichiarazioni che non stupiscono, pronunciate dal 50enne romano che non è nuovo a certe esternazioni omofobe. Ma in Italia è poi così assurdo pensare ad uno show del genere? In questo periodo, con le proposte di legge sui diritti civili (che si tratti di tutto ciò che riguarda la comunità Lgbtq+, Fine vita, ius scholae e via dicendo) arenate tra le maglie del Parlamento o peggio respinte dal muro conservatore del potere, con i dati sulle discriminazioni (basate sull'orientamento sessuale in particolare) che continuano a crescere invece che diminuire, la proposta di Adinolfi potrebbe non apparire poi troppo foriera. Purtroppo potrebbe non essere troppo distante dal vero il fatto che nel Nostro Paese c'è più di una persona disposta, anzi felice, di guardare un simile prodotto. Speriamo dunque che rimanga semplicemente l'idea folle di una persona che si è sempre dichiarata contraria alla comunità Lgbtq+, e non si vada invece ad alimentare un clima di (ancora) scarsa tolleranza, figuriamoci di inclusione.