Maturità 2023: Belpoliti e l’elogio dell’attesa ai tempi di whatsapp di Belpoliti e le (dis)connessioni contemporanee. Da “Ti mando un vocale di dieci minuti soltanto per dirti quanto sono felice” al disagio psico-sociologico figlio delle spunte blu il passo è stato brevissimo. A fare i conti con questa complessità contemporanea legata a doppio filo con la transizione digitale ancora culturalmente da compiere sono stati questa mattina i maturandi 2023. Tra le tracce presenti nel plico digitale del ministero dell’Istruzione e del merito c’era anche quella sull’attesa ai tempi dei social network, a partire dal pezzo Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp, pubblicato da Marco Belpoliti, saggista, autore e professore all’università di Bergamo, su Repubblica nel 2018.
Un articolo che si concentra sui concetti di attesa e aspettativa in una società in cui i social network e le applicazioni di messaggistica istantanea hanno profondamente cambiato il nostro modo di comunicare e di creare relazioni. Un mutamento tanto epocale quanto rapido e ancora non del tutto metabolizzato. Dal telefono con il filo alle reaction sulle storie di Instagram il passo è apparso brevissimo ma ha totalmente stravolto il ruolo di ciascuno di noi nel mondo (reale e digitale). Non a caso, tra i disagi contemporanei più comuni sono da annoverare ansie e sofferenze scaturite da una mancata risposta in tempo reale a una mail o a un messaggio. Dinamiche che fino a qualche anno fa non sarebbero state neanche pensabili. E, sia chiaro, la faccenda non è solo generazionale.
Gli effetti di questa rivoluzione dalle dimensioni ancora non pienamente comprensibili ha travolto anche chi è nato e cresciuto in un mondo analogico, che spediva lettere con tanto di francobollo, aveva un contratto telefonico “a consumo”, utilizzava gettoni e cabine telefoniche, si dava appuntamenti di settimana in settimana “al solito posto” e non avrebbe mai neanche lontanamente potuto immaginare di preferire “condividere che vivere” un momento da ricordare. Tutto questo ha irrimediabilmente influito sull’interpretazione del concetto di tempo. Negli anni Venti del duemila tutto è più veloce, compresso, fugace, passeggero. Quasi inutile da attendere. “L’attesa del piacere è essa stessa il piacere” è un paradigma che non funziona più. Il suo posto è stato brutalmente occupato dal molto più pragmatico “tutto e subito” che, però, compromette fortissimamente la vera essenza delle cose. Ciò vale per la comunicazione e le relazioni ma non solo. Le piattaforme digitali, ad esempio, hanno reso la fruizione della musica totalmente diversa da quella del passato. Quarantacinque giri e musicassette sono stati mandati in pensione da luoghi virtuali in cui andare oltre la riproduzione di un singolo è cosa ardua. Il rituale dell’acquisto è diventato roba da dinosauri e la musica giusta è quella che funziona bene per TikTok. Scartare la confezione, scegliere quando ascoltare un album, farlo con concentrazione, viverlo come un viaggio è un’esperienza che la generazione Z non ha riesce nemmeno a contemplare.