Lo sente minacciare l'ex e lo fa arrestare. La morte di Giulia Cecchettin ci ha insegnato a non essere indifferenti?

In bus una signora lo ha sentito minacciare l'ex compagna e lo ha registrato. L'uomo aveva già dei precedenti. Il femminicidio Cecchettin ha risvegliato una coscienza collettiva ormai assopita

di CHIARA CARAVELLI -
8 dicembre 2023
mitchell-johnson-nd5oU1Duhf0-unsplash

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Stava minacciando la sua ex compagna al telefono, insultandola e rivolgendole accuse pesanti. Ma una donna, presente quel giorno sul bus, ha registrato tutta la conversazione e lo ha fatto arrestare. È successo a Roma, dove una passeggera del mezzo pubblico non ha fatto finta di niente.  Al contrario ha deciso, come poteva, di intervenire. La donna, poco dopo aver sentito e poi registrato la chiamata, ha immediatamente allertato i carabinieri. Nel suo racconto riferiva che, mentre si trovava sull’autobus, aveva sentito un ragazzo pronunciare al telefono frasi minacciose nei confronti della ex compagna: nello specifico, la stava accusando di non dargli la possibilità di vedere la loro bambina di pochi anni. A quanti di noi è successo, quanti di noi si sono girati dall’altra parte per paura o semplicemente indifferenza. ‘Staranno litigando’ pensiamo, senza considerare che quella telefonata possa essere il preludio di un gesto molto più grave. In questo caso, la passeggera non si è girata dall’altra parte, non ha lasciato perdere.

Non ha ignorato la minaccia

Le pesanti accuse rivolte da quell’uomo – in seguito identificato in un 32enne cubano già denunciato in passato per aver picchiato la ex compagna – non sono passate inosservate. Era necessario fare qualcosa e così è stato. La vittima, ascoltata dai carabinieri, ha confermato di aver ricevuto numerose chiamate e messaggi minatori da parte dell’ex: lui è stato arrestato e ora si trova in carcere.

C'è un prima e un dopo Giulia Cecchettin

Il caso di Roma arriva dopo settimane in cui il tema dei femminicidi e più in generale della violenza sulle donne, è stato più e più volte al centro del dibattito pubblico. E questo soprattutto a seguito della drammatica storia di Giulia Cecchettin, la ventiduenne di Vigonovo brutalmente uccisa con più di venti coltellate dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre scorso, nella zona industriale di Fossò, in provincia di Venezia. Lui l’ha poi caricata in macchina e abbandonata in un canalone vicino al lago di Barcis, coperta con dei sacchi neri per evitare che venisse trovata. I funerali di Giulia, che tre giorni dopo l’omicidio si sarebbe laureata in Ingegneria Biomedica, si sono celebrati martedì scorso nella Basilica di Santa Giustina a Padova.
  Il femminicidio della giovane studentessa ha portato a riflettere molto più da vicino sulla violenza di genere, anche dopo i forti messaggi lanciati non solo dal padre, Gino Cecchettin, ma anche dalla sorella Elena. Una storia che ci ha colpito da vicino, che ha scosso le nostre coscienze fin dal principio, che ci ha imposto una riflessione sul come ma soprattutto sul quando intervenire. È vero, il femminicidio di Giulia non metterà fine alle violenze, almeno non nel breve periodo. La sua storia non basterà a sradicare la cultura patriarcale e del possesso che da sempre caratterizza la nostra società. Lo abbiamo visto nelle settimane successive al ritrovamento del suo corpo: altre donne uccise, altre minacce, altri soprusi. Il femminicidio di Giulia, però, ci ha aiutato a essere meno indifferenti di prima.

Meno indifferenza più coscienza collettiva

A saper riconoscere la violenza anche se quest’ultima si manifesta con una chiamata a bordo di un autobus. Perché è da lì che la catena inizia, è proprio dalla comunicazione che si innesca un meccanismo a cascata che poi travolge tutto, fino alla morte. Il femminicidio di Giulia ci ha insegnato che le parole sono importanti, che qualsiasi privazione della nostra libertà – come i comportamenti adottati da Turetta nei mesi precedenti all’omicidio – qualsiasi ‘non puoi’ o ‘non devi’ immotivato, deve essere un campanello d’allarme. Ci vorrà tempo, lo sappiamo, ci vorrà impegno, lavoro e determinazione. Ci vorrà una presa di coscienza collettiva, un cambiamento che oggi non può più aspettare. Ma il caso di Roma ci insegna che possiamo fare qualcosa, possiamo non girarci dall’altra parte e intervenire. Perché se è vero che ‘dai diamanti non nasce niente, ma dal letame nascono i fior’ allora c’è ancora speranza. Per Giulia, per tutte.