Ha 28 anni, è la capitana della Nazionale femminile di pallacanestro paralimpica, lavora per la Croce Rossa internazionale ed è un’avvocata con una spiccata sensibilità per i diritti delle donne, ma si nasconde in casa. Vive nell’Afghanistan dei talebani, tornata sotto la legge della Sharia e non riesce a immaginarsi un futuro.
Una storia che oggi potrebbe ripetersi. Dopo la partenza delle truppe statunitensi, i taliban, al potere in Afganistan fino al 2001, hanno preso città dopo città il controllo dell’intera regione, dichiarando la nascita del nuovo emirato islamico dell’Afghanistan e arrivando domenica 15 agosto a prendere anche la capitale,Kabul. Le donne afghane temono di nuovo di essere considerate degli esseri inferiori, così come durante i cruenti anni Novanta, e di vedersi sottrarrei diritti acquisiti. “I talebani hanno le loro leggi e non permettono alle donne di andare a scuola o al college, di lavorare e di fare sport”. Anche se, specifica l’avvocata: “Tutti, anche gli uomini, li temono perché sanno che saranno portati nell’oscurità di 20 anni fa”.
Nilofar è infatti riuscita a laurearsi in legge nel periodo in cui il presidente Hamid Karzai governò il Paese con il sostegno degli Usa, ma è convinta che oggi non avrebbe il diritto il farlo. Anche se i talebani sostengono il contrario. Uno dei loro portavoce, Suhail Shaheen, ha infatti confermato a Sky News che le donne afghane potranno accedere all’istruzione, compresa l’università, aggiungendo che dovranno indossare l’hijab ma non il burqa. Mentre fonti bilaterali citate dalla tv Tolo News dicono che i nuovi padroni del Paese stanno lavorando con l’ex capo di Stato Karzai per la formazione di un “governo inclusivo”.
Una “versione moderata” del gruppo radicale islamista, a cui per ragioni e con sfumature diverse vogliono credere Russia, Cina e Turchia. Mentre l’Occidente, a partire dall’Unione Europea, si dimostra scettico: “Mi sembra siano uguali a prima, ma parlano un inglese migliore”, ha commentato l’alto rappresentante della politica estera della Ue, Josep Borrell.
Nilofar ha provato, senza riuscirci, a qualificare la sua squadra alle Paralimpiadi di Tokyo 2020, che inizieranno il 24 agosto, ma nel torneo preolimpico la sua squadra è stata superata da Australia e Cina. Comunque, anche nel caso fosse riuscita nell’impresa, lei e le sue compagne non sarebbero potute mai andare a Tokyo. Come fa sapere il portavoce del comitato internazionale paralimpico Craig Spence “il comitato dell’Afghanistan non può più partecipare ai Giochi paralimpici di Tokyo. Vista la situazione che c’è nel Paese, tutti gli aeroporti sono chiusi e per chi avrebbe dovuto essere qui è impossibile partire”. Nella capitale del Giappone, sono due gli atleti afghani che avrebbero dovuto gareggiare nell’arte marziale del taekwondo: Zakia Khudadadi, prima donna in assoluto a rappresentare l’Afghanistan alle Paralimpiadi, e Hossain Rasouli, ma non andranno. “Ci auguriamo che il team e i suoi dirigenti rimangano al sicuro e stiano bene durante questo periodo così difficile”, ha concluso il portavoce Spence.