Perù, 10 anni fa il disastro petrolifero al torrente Cuninico: una tragedia che resta nell’indifferenza

Acqua contaminata, conseguenze sanitarie e ambientali gravissime, una sentenza che impone il risarcimento alle popolazioni indigene colpite allora e che a un decennio di distanza fanno i conti con i danni e gli effetti di quello sversamento

di DOMENICO GUARINO -
23 agosto 2024
Perù, il torrente Cuninico invaso dal petrolio (Chaikuni Institute)

Perù, il torrente Cuninico invaso dal petrolio (Chaikuni Institute)

C'è disastro e disastro. Purtroppo. È la dura legge della cronaca. Certe cose fanno più notizia di altre. Certi posti sono più 'fortunati' in quanto a copertura mediatica. Altri meno. Rimane il fatto che le tragedie sono le stesse e le sofferenze delle popolazioni pure. Anzi, i posti meno coperti dalle luci della ribalta sono anche quelli che solitamente hanno peggiori le condizioni di vita, per cui dover fronteggiare le conseguenze di un disastro ambientale è ancora più duro che altrove. Senza contare gli interessi in gioco che portano talvolta (spesso) a voler nascondere, mettere in ombra, se non addirittura censurare, le conseguenze delle tragedie.

Prendiamo ad esempio quello che accadde 10 anni fa al torrente Cuninico, sul fiume Marañón, nel nord del Perù, contaminato da più di 2.300 barili di petrolio fuoriuscito dall’oleodotto della compagnia statale Petroperú. Fu un disastro che mise in ginocchio la popolazione di Kukama Kukamiria, in una zona dove la maggior parte degli abitanti dei villaggi si affida all’acqua di superficie per bere, cucinare e fare il bagno, e non aveva modo di rimuovere i contaminanti industriali.

Senza contare le conseguenze sanitarie: nel 2014 nessuno avvertì i residenti di Cuninico di non bere l’acqua o di non mangiare il pesce. I funzionari di Petroperú, anzi, insistettero sul fatto che la fuoriuscita era contenuta nel canale che funge da conduttura e che l’acqua del fiume era potabile. Nel 2020 la Corte Costituzionale ha ordinato un risarcimento alle persone colpite dal disastro ambientale, ma ad oggi non è stato fatto nulla, l’azienda statale che l’ha provocato non ha risarcito nessuno e, a quanto risulta, non intende farlo.

Popolazioni indigene colpite dal disastro ambientale
Popolazioni indigene colpite dal disastro ambientale

Il risultato è che per le comunità indigene di San José de Saramuro – nel distretto di Urarinas, provincia e regione di Loreto – la situazione è ancora ad oggi assai grave: da anni non hanno una fonte sicura di acqua potabile e non hanno modo di depurare l’acqua del fiume, che mostra ancora tracce di petrolio soprattutto dopo una forte pioggia, nonostante nel 2015 una commissione governativa dichiarò pulito il sito della fuoriuscita, cosa per cui non ritenne necessario nemmeno un impianto temporaneo di depurazione. Qui ogni volta che c’è un’alluvione nel fiume e l’acqua ritorna e allaga le fattorie e le sponde, il petrolio riaffiora. L’acqua e i pesci vengono nuovamente contaminati, e con esso ritornano i problemi di salute, che colpiscono soprattutto i bambini, le donne incinte, gli anziani e i neonati.

Quella di Cuninico è una delle più grandi fuoriuscite nella storia peruviana, ma, secondo la ricerca di Oxfam The Shadow of Hydrocarbons, dal 1997 al 2023 lo Stato peruviano ha registrato 1462 emergenze dovute a fuoriuscite di petrolio, di cui 831 avvenute nella giungla, 609 sulla costa e 22 in montagna. In particolare più di 560 fuoriuscite di petrolio hanno colpito l’Amazzonia peruviana negli ultimi 25 anni. In quella lista, a livello regionale, Loreto e Piura concentrano l’87% delle emergenze (rispettivamente 707 e 566).