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Home » Attualità » Politica e questioni di genere Quirinale: e se in Italia fosse la signora presidentessa?

Politica e questioni di genere Quirinale: e se in Italia fosse la signora presidentessa?

Nella corsa alla successione di Sergio Mattarella fa irruzione la “variante” di genere"

Gabriele Canè
28 Dicembre 2021
Nel combo, la prima premier a guidare la Svezia Magdalena Andersson; Kaja Kallas, premier dell’Estonia; il Primo Ministro della Lituania Ingrida Simonyté, quello dell’Islanda Katrín Jakobsdóttir e la premier finlandese Sanna Marin

Nel combo, la prima premier a guidare la Svezia Magdalena Andersson; Kaja Kallas, premier dell’Estonia; il Primo Ministro della Lituania Ingrida Simonyté, quello dell’Islanda Katrín Jakobsdóttir e la premier finlandese Sanna Marin

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Adesso anche Conte vuole un presidente donna: la Presidentessa. E la prima reazione è la più ovvia: perché no? Anzi, perché si! Normale. Con una variante, però: che l’opzione, la proposta del leader 5Stelle pur nascendo da un interesse strategico (chiunque al Quirinale meno Draghi, perché se va Draghi, il governo va a gambe all’aria, si va a votare, e a gambe all’aria ci vanno i 5stelle) fa uscire la scelta del successore di Mattarella dai suoi abituali binari strategici, appunto, politici, di equilibri correntizi e di schieramento, per “contaminarli”, condizionali con il delicato gioco di genere. Non un presidente di sinistra o di destra (mai visto), non una figura di equilibrio, di garanzia, ma una femmina invece che un maschio, o viceversa.

E si capisce subito come questo “ballottaggio”, o comunque questo ulteriore elemento di valutazione sia destinato ad avere un peso non indifferente. Concreto e di immagine innanzitutto, in un momento in cui a ogni livello “donna è più bello”. Il primo Presidente donna della Repubblica italiana. Sentite come suona bene. E in effetti senza elencarle perché porta sfortuna alle interessate, di donne in gamba ce ne sono. Anche di uomini, ovviamente. Ma la scelta della donna, via, sarebbe molto più politicamente corretta, molto più avanti. Molto più da prime pagine di tutti i giornali e i TG del mondo. Perché è vero che noi siamo ancora molto indietro nella parità di genere soprattutto per le posizione apicali. Ma a forza di flagellarci sul tema, abbiamo finito per dimenticarci di guardare in giro.

Nel combo, la prima premier a guidare la Svezia Magdalena Andersson; Kaja Kallas, premier dell’Estonia; il Primo Ministro della Lituania Ingrida Simonyté, quello dell’Islanda Katrín Jakobsdóttir e la premier finlandese Sanna Marin
Nel combo, la prima premier a guidare la Svezia Magdalena Andersson; Kaja Kallas, premier dell’Estonia; il Primo Ministro della Lituania Ingrida Simonyté, quello dell’Islanda Katrín Jakobsdóttir e la premier finlandese Sanna Marin

Se lo facessimo, vedremmo che c’è di meglio (Germania, Inghilterra,Paesi del Nord Europa…) ma che la Francia, ad esempio, non ha mai avuto né un presidente, né un premier donna, eppure hanno fatto la rivoluzione. Che neppure il presidente Usa è mai stato una presidentessa, eppure pensano di essere i più evoluti, mentre la povera First Lady si segnala per curare l’orto della Casa Bianca e fare qualche opera caritatevole, tra cui tenere perennemente per mano il marito nelle uscite pubbliche.

E Dio renda merito a Melania Trump, che ha saputo tenere spesso e volentieri le mani in tasca e non in quelle di Donald. A ben guardare anche la Spagna non ha avuto un dittatore femmina, e a seguire dei primi ministri donna. E neppure una regina. Insomma, non per consolarci, ma non siamo i più arretrati del mondo in tema di parità di genere in politica.

Detto questo, perché no a un dopo Mattarella al femminile, con le intuizioni le sensibilità, e pure le cattiverie che connotano il vero sesso forte. Sapendo che il momento è difficile, che a Palazzo Chigi non c’è Conte, ma un signore come Mario Draghi, che i partiti sono già sui blocchi di partenza per le elezioni politiche anticipate o non. Un momento che richiede conoscenza dei meccanismi istituzionali, delle dinamiche interne e internazionali. Un presidente donna? Perché no? Sapendo però che non dovrà essere il genere a fare la differenza, ma un connotato molto piu raro e trasversale: la qualità.

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Adesso anche Conte vuole un presidente donna: la Presidentessa. E la prima reazione è la più ovvia: perché no? Anzi, perché si! Normale. Con una variante, però: che l’opzione, la proposta del leader 5Stelle pur nascendo da un interesse strategico (chiunque al Quirinale meno Draghi, perché se va Draghi, il governo va a gambe all’aria, si va a votare, e a gambe all’aria ci vanno i 5stelle) fa uscire la scelta del successore di Mattarella dai suoi abituali binari strategici, appunto, politici, di equilibri correntizi e di schieramento, per “contaminarli”, condizionali con il delicato gioco di genere. Non un presidente di sinistra o di destra (mai visto), non una figura di equilibrio, di garanzia, ma una femmina invece che un maschio, o viceversa. E si capisce subito come questo “ballottaggio”, o comunque questo ulteriore elemento di valutazione sia destinato ad avere un peso non indifferente. Concreto e di immagine innanzitutto, in un momento in cui a ogni livello “donna è più bello”. Il primo Presidente donna della Repubblica italiana. Sentite come suona bene. E in effetti senza elencarle perché porta sfortuna alle interessate, di donne in gamba ce ne sono. Anche di uomini, ovviamente. Ma la scelta della donna, via, sarebbe molto più politicamente corretta, molto più avanti. Molto più da prime pagine di tutti i giornali e i TG del mondo. Perché è vero che noi siamo ancora molto indietro nella parità di genere soprattutto per le posizione apicali. Ma a forza di flagellarci sul tema, abbiamo finito per dimenticarci di guardare in giro.
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Se lo facessimo, vedremmo che c’è di meglio (Germania, Inghilterra,Paesi del Nord Europa...) ma che la Francia, ad esempio, non ha mai avuto né un presidente, né un premier donna, eppure hanno fatto la rivoluzione. Che neppure il presidente Usa è mai stato una presidentessa, eppure pensano di essere i più evoluti, mentre la povera First Lady si segnala per curare l’orto della Casa Bianca e fare qualche opera caritatevole, tra cui tenere perennemente per mano il marito nelle uscite pubbliche. E Dio renda merito a Melania Trump, che ha saputo tenere spesso e volentieri le mani in tasca e non in quelle di Donald. A ben guardare anche la Spagna non ha avuto un dittatore femmina, e a seguire dei primi ministri donna. E neppure una regina. Insomma, non per consolarci, ma non siamo i più arretrati del mondo in tema di parità di genere in politica. Detto questo, perché no a un dopo Mattarella al femminile, con le intuizioni le sensibilità, e pure le cattiverie che connotano il vero sesso forte. Sapendo che il momento è difficile, che a Palazzo Chigi non c’è Conte, ma un signore come Mario Draghi, che i partiti sono già sui blocchi di partenza per le elezioni politiche anticipate o non. Un momento che richiede conoscenza dei meccanismi istituzionali, delle dinamiche interne e internazionali. Un presidente donna? Perché no? Sapendo però che non dovrà essere il genere a fare la differenza, ma un connotato molto piu raro e trasversale: la qualità.
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