Main Partner

main partnermain partnermain partner

Partner

main partner

Sfila con gli abiti che aveva quando un uomo provò a stuprarla: "Non è colpa di come ti vesti"

Martina Evatore, 20enne padovana finalista al concorso "Miss Venice Beach" di Jesolo sfida gli stereotipi sulla violenza di genere

di MARIANNA GRAZI -
11 luglio 2022
Martina Evatore

Martina Evatore

Vestita così, te le cerchi”. Quante volte ancora, in Italia, le donne, le ragazze, dovranno sentirsi ripetere questa frase, questa crudele sentenza? Che poi, tradotta, significa che "Se sei vittima di violenza la colpa è anche tua, per quello che indossavi". Per dire basta a questa credenza assurda, che è alla base della cosiddetta 'cultura dello stupro' che colpevolizza le vittime e crea insulse attenuanti per gli stupratori, una ragazza ha scelto di esporsi in prima persona, sfilando davanti ad un pubblico gremito con gli stessi abiti che indossava la notte in cui un uomo tentò di violentarla. Che sono, guarda un po', vestiti normali, non 'provocanti' o 'succinti' (ma anche se fosse?).

Martina Evatore: "Non è l’abbigliamento che istiga alla violenza"

Martina Evatore a MissVeniceBeach con gli abiti che indossava tre anni fa quando un uomo tentò di stuprarla

Lei è Martina Evatore, 20 anni di Padova. Sabato sera, in piazza Milano a Jesolo, ha sfilato in passerella durante "MissVeniceBeach" (ideato 12 anni fa da Elisa Bagordo), convincendo i giudici che l'hanno mandata alla finale di settembre del concorso organizzato in collaborazione con il quotidiano il Gazzettino. Martina è salita in passerella con una T-shirt nera, pantaloni dello stesso colore, larghi, sneakers ai piedi e sopra una giacca stile militare. Doveva 'vestirsi' come il suo idolo e mentre le altre hanno scelto personaggi del calibro di Rondo, Megan Fox o Taylor Mega lei ha scelto se stessa. Non per vantarsi, anzi. Quegli abiti erano quelli che "indossavo il 29 luglio 2019, a mezzanotte e cinque, quando sono stata aggredita da un uomo", racconta. La 20enne padovana, tre anni dopo, è tornata allora a indossarli per lanciare un messaggio: "Non conta come ti vesti, non sei mai tu che te la sei andata a cercare. Se ti molestano, il problema è di chi ti guarda".

La tentata violenza e l'accusa: "Te le cerchi"

Era l'estate del 2019 e Martina, che abita nel tranquillo quartiere Sacro Cuore a Padova, stava andando ad una festa di compleanno. Come racconta al Corriere della Sera mentre attraversa un sottopasso nota un uomo che la fissa, ma riesce ad evitarlo. "Poi, quando stavo per arrivare, me lo sono trovato dietro". La spinge contro un cancello, ma la ragazza ha i riflessi pronti, il suo papà le ha insegnato a difendersi: inizia a tirare calci e pugni contro quell'uomo, che nel frattempo tenta di infilarle le mani sotto la giacca. Quella militare. "Per fortuna delle auto si sono fermate per chiedere se fosse tutto a posto e l’uomo è scappato. Quando sono arrivata a casa dei miei amici ero molto scossa, loro hanno provato a cercarlo con i motorini, ma si era dileguato", ricorda la 20enne. Che il giorno successivo, accompagnata dalla madre, ha sporto denuncia. Di lui, però, non ha saputo più niente. Non si è mai posta la domanda se quel tentativo di stupro fosse stato causato da qualcosa che aveva fatto, da quello che indossava. Finché recentemente un'amica, che "mi vuole molto bene", non l'ha gelata: "Mi ha suggerito di coprirmi un po’ di più altrimenti, ha detto, me la cercavo", ha dichiarato al quotidiano.

"La colpa è solo dell'aggressore, non di come siamo vestite"

Un abito troppo attillato o scollato inviterebbe quei ragazzi che, "tante volte ci fischiano dietro quando camminiamo. Ma credo che non sia colpa dell’abbigliamento, è un problema loro" afferma Martina. Che è stata seccata anche nel leggere la sentenza con cui i giudici della corte d'appello di Torino hanno assolto l'uomo che ha stuprato una ragazza perché questa aveva lasciato la porta del bagno semi aperta. "Non esistono gesti o abiti incoraggianti, esistono solo uomini che si sentono autorizzati a molestarti senza motivo, perché si fanno i film nella loro testa". Ed è così. Basta pensare ai suoi, di vestiti, che ha indossato ancora una volta, sfilando a Jesolo. Le donne vengono violentate sia che abbiano la tuta sia con la minigonna. Con o senza trucco. Con la felpa, con i jeans, con la divisa di lavoro o con un vestitino da serata. Con i tacchi oppure senza. Il motivo, però, potrebbe sconvolgervi, vista la mentalità comune ancora diffusa: perché la colpa di uno stupro non è mai di chi ne è vittima, di chi lo subisce o ne scampa miracolosamente, ma solo e soltanto di chi lo commette. E il gesto di Martina Evatore, appena 20 anni, di Padova, deve servirci a capire proprio questo: "La differenza la fa la mente dell’aggressore, è lui che ha dei problemi, non chi si veste in un modo piuttosto che in un altro". Perché solo così si può salvare il mondo.