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Home » Attualità » Spose bambine, in Italia 24 matrimoni forzati negli ultimi tre anni. La senatrice Emma Bonino presenta l’indagine in Senato: “Le donne sono sempre di qualcuno e invece Io sono mia”

Spose bambine, in Italia 24 matrimoni forzati negli ultimi tre anni. La senatrice Emma Bonino presenta l’indagine in Senato: “Le donne sono sempre di qualcuno e invece Io sono mia”

Condotta dalle associazioni Non c'è pace senza giustizia e da The circle Italia onlus, l'indagine esplorativa chiede all'Italia di creare un database nazionale sul fenomeno e di configurare il matrimonio minorile come un reato contro i diritti umani e non, com'è al momento, contro la famiglia

Sofia Francioni
11 Dicembre 2021
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Tra il 2019 e il 2021 sono stati 24 i casi di matrimoni forzati in Italia, ma questi numeri “sono solo la punta dell’iceberg di un problema che fa fatica a emergere”. L’associazione Non c’è pace senza giustizia, sostenuta da The Circle Italia onlus, il 10 dicembre nella giornata dei diritti umani ha presentatato Spose Bambine: Indagine sui matrimoni minorili in Italia (qui il rapporto completo) a cui la senatrice e leader di +Europa Emma Bonino ha deciso di dedicare una conferenza stampa a Palazzo Madama, grazie al sì della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati.

Apre la senatrice Bonino: “Le donne sono sempre di qualcuno: dei padri, delle famiglie, delle tribù, dei paesi e invece Io sono mia!”

I matrimoni minorili sono un problema di genere, “all’origine di questo fenomeno vi è infatti una concezione sociale della donna come inferiore a quello dell’uomo, che si esprime in una inaccettabile tendenza al controllo del comportamento femminile: del corpo della donna, della sua sessualità e della sua funzione riproduttiva”, scrive in una lettera la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati richiamando “le istituzioni tutte alla responsabilità” e a mettere in campo formazione e educazione per superare stereotipi, pregiudizi e norme sociali archaiche. Dopo aver letto la lettera della presidente, la  senatrice Emma Bonino precisa: “Se lo chiamiamo senza edulcorazioni, il matrimonio giovanile e forzato è in realtà un autorizzazione allo stupro“, sottolineando che “non è tanto un problema normativo, ma la presa di consapevolezza del fenomeno è dura a pentrare”. E per provare a spiegare quanto, Bonino richiama una slogan: “Io sono mia. Quando ero piccola questo slogan faceva molto scalpore: nessuno riusciva a capire, salvo le donne ovviamente”, perché, continua: “le donne in generale e le bambine in particolare  sono sempre di qualcuno: del padre, della famiglia, del fidanzato, della tribù, del paese, non sono mai loro”. E invece: “Io sono mia!”.

“Il matrimonio minorile non è un reato contro la famiglia, ma una violazione dei diritti umani: servono dati”

Fino al 2019 in Italia non avevamo il reato di matrimonio forzato, che è stato introdotto con la legge 69/2019 del codice rosso. “Rimane però una lacuna, identificata anche dall’ex garante per l’infanzia Filomena Albano: ed è il fatto che l’aggravante della minore età rappresenti solo un’aggravante e non un reato autonomo. Quindi non esiste nell’ordinamento italiano il reato autonomo di matrimonio forzato“, spiega l’associazione Non c’è pace senza Giustizia, che aggiunge: “Il matrimonio forzato ricade all’interno dei cosiddetti reati contro la famiglia e non nelle violazioni dei diritti dell’individuo e in particolare della donna e della bambina, come invece dovrebbe essere per identificarlo e contrastarlo al meglio”.

Per quanto riguarda invece il matrimonio minorile, la legge italiana lo prevede a partire dai 16 anni. L’articolo 84 del codice civile stabilisce che i minori di età non possono contrarre matrimonio, prevedendo una deroga per i minori che abbiano compiuto i 16 anni per i quali il matrimonio può essere autorizzato dal tribunale per i minorenni solo per “gravi motivi”:

  • per il riconoscimento del figlio già nato o che sta per nascere, quando viene mostrato un comportamento equilibrato e responsabile;
  • quando i nubendi già convivono e hanno un lavoro e un figlio;
  • quando la convivenza more uxorio è caratterizzata da un serio legame affettivo, in presenza dei presupposti di maturità psico-fisica del minore;
  • quando il minore è esposto alle conseguenze negative che la convivenza more uxorio può comportare in un piccolo ambiente provinciale, dove tutti si conoscono e dove ancora hanno importanza i valori della famiglia legittimamente costituita
  • quando il matrimonio è necessario per far superare al minore pericolose esperienze vissute nella famiglia di origine

“In Italia ma neanche in Europa esiste un database sulla prevalenza del matrimonio minorile. Il nostro Paese non ha un osservatorio o una strategia nazionale contro il matrimonio infantile”, continua l’associazione Non c’è pace senza giustizia, “Chiediamo al Parlamento di adottare una legislazione specifica” per mobilitare istituzioni e società civile verso gli standard internazionali di diritti umani che lo Stato italiano si è impegnato a rispettare, sottoscrivendo la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, la Crc sui diritti dell’infanzia e la Cedaw o la convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna. La mancanza di monitoraggio da parte del nostro Paese è dimostrata dal fatto che “in Italia i primi dati raccolti da un ente pubblico sul fenomeno sono quelli del servizio analisi crimanale, sotto la direzione centrale della polizia criminale, e risalgono al 2021, coprendo il triennio 2019-2021, subito l’entrata del codice rosso. Dal 2019 in Italia sono stati registrati 24 matrimoni forzati, l’85% a danno delle donne, il che significa che la questione di genere è pronunciata. Mentre nel 73% dei casi il perpetratore era un uomo. Per questo, come ha specificato prima la senatrice Bonino, possiamo parlare di violenza maschile contro le donne. Il 30% dei matrimoni forzati contratti sono matrimoni minorili e il 9% vede come vittime le bambine con meno di 14 anni. Mentre il 59% delle vittime è straniero e il 41% italiano”. “È necessaria una legislazione specifica”, spiegano le associazioni Non c’è Pace Senza Giustizia e The Circle Italia Onlus. “Agire su più fronti per prevenire e contrastare questa grave violazione dei diritti umani dei minori e  assistere le vittime”.

 

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  • Nino Gennaro cresce in un paese complesso, difficile, famigerato per essere stato il regno del boss Liggio, impegnandosi attivamente in politica; nel 1975 è infatti responsabile dell’organizzazione della prima Festa della Donna, figura tra gli animatori del circolo Placido Rizzotto, presto chiuso e, sempre più emarginato dalla collettività, si trova poi coinvolto direttamente nel caso di una sua amica, percossa dal padre perché lo frequentava e che sporse denuncia contro il genitore, fatto che ebbe grande risonanza sui media. Con lei si trasferì poi a Palermo e qui comincia la sua attività pubblica come scrittore; si tratta di una creatività onnivora, che si confronta in diretta con la cronaca, lasciando però spazio alla definizione di mitologie del corpo e del desiderio, in una dimensione che vuole comunque sempre essere civile, di testimonianza.

Nel 1980 a Palermo si avviano le attività del suo gruppo teatrale “Teatro Madre”, che sceglie una dimensione urbana, andando in scena nei luoghi più diversi e spesso con attori non professionisti (i testi si intitolano “Bocca viziosa”, “La faccia è erotica”, “Il tardo mafioso Impero”), all’inseguimento di un cortocircuito scena/vita. Già il logo della compagnia colpisce l’attenzione: un cuore trafitto da una svastica, che vuole alludere alla pesantezza dei legami familiari, delle tradizioni vissute come gabbia. Le sue attività si inscrivono, quindi, in uno dei periodi più complessi della storia della città siciliana, quando una sequenza di delitti efferati ne sconvolge la quotidianità e Gennaro non è mai venuto meno al suo impegno, fondando nel 1986 il Comitato Cittadino di Informazione e Partecipazione e legandosi al gruppo che gestiva il centro sociale San Saverio, dedicandosi quindi a numerosi progetti sociali fino alla morte per Aids nel 1995.

La sua drammaturgia si alimenta di una poetica del frammento, del remix, con brani che spesso vengono montati in modo diverso rispetto alla loro prima stesura.

Luca Scarlini ✍

#lucenews #lucelanazione #ninogennaro #queer
  • -6 a Sanremo 2023!

Questo Festival ha però un sapore dolceamaro per l
  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

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  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

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"Il matrimonio minorile non è un reato contro la famiglia, ma una violazione dei diritti umani: servono dati"

Fino al 2019 in Italia non avevamo il reato di matrimonio forzato, che è stato introdotto con la legge 69/2019 del codice rosso. "Rimane però una lacuna, identificata anche dall'ex garante per l'infanzia Filomena Albano: ed è il fatto che l'aggravante della minore età rappresenti solo un'aggravante e non un reato autonomo. Quindi non esiste nell'ordinamento italiano il reato autonomo di matrimonio forzato", spiega l'associazione Non c'è pace senza Giustizia, che aggiunge: "Il matrimonio forzato ricade all'interno dei cosiddetti reati contro la famiglia e non nelle violazioni dei diritti dell'individuo e in particolare della donna e della bambina, come invece dovrebbe essere per identificarlo e contrastarlo al meglio". Per quanto riguarda invece il matrimonio minorile, la legge italiana lo prevede a partire dai 16 anni. L'articolo 84 del codice civile stabilisce che i minori di età non possono contrarre matrimonio, prevedendo una deroga per i minori che abbiano compiuto i 16 anni per i quali il matrimonio può essere autorizzato dal tribunale per i minorenni solo per "gravi motivi":
  • per il riconoscimento del figlio già nato o che sta per nascere, quando viene mostrato un comportamento equilibrato e responsabile;
  • quando i nubendi già convivono e hanno un lavoro e un figlio;
  • quando la convivenza more uxorio è caratterizzata da un serio legame affettivo, in presenza dei presupposti di maturità psico-fisica del minore;
  • quando il minore è esposto alle conseguenze negative che la convivenza more uxorio può comportare in un piccolo ambiente provinciale, dove tutti si conoscono e dove ancora hanno importanza i valori della famiglia legittimamente costituita
  • quando il matrimonio è necessario per far superare al minore pericolose esperienze vissute nella famiglia di origine
"In Italia ma neanche in Europa esiste un database sulla prevalenza del matrimonio minorile. Il nostro Paese non ha un osservatorio o una strategia nazionale contro il matrimonio infantile", continua l'associazione Non c'è pace senza giustizia, "Chiediamo al Parlamento di adottare una legislazione specifica" per mobilitare istituzioni e società civile verso gli standard internazionali di diritti umani che lo Stato italiano si è impegnato a rispettare, sottoscrivendo la convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne, la Crc sui diritti dell'infanzia e la Cedaw o la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna. La mancanza di monitoraggio da parte del nostro Paese è dimostrata dal fatto che "in Italia i primi dati raccolti da un ente pubblico sul fenomeno sono quelli del servizio analisi crimanale, sotto la direzione centrale della polizia criminale, e risalgono al 2021, coprendo il triennio 2019-2021, subito l'entrata del codice rosso. Dal 2019 in Italia sono stati registrati 24 matrimoni forzati, l'85% a danno delle donne, il che significa che la questione di genere è pronunciata. Mentre nel 73% dei casi il perpetratore era un uomo. Per questo, come ha specificato prima la senatrice Bonino, possiamo parlare di violenza maschile contro le donne. Il 30% dei matrimoni forzati contratti sono matrimoni minorili e il 9% vede come vittime le bambine con meno di 14 anni. Mentre il 59% delle vittime è straniero e il 41% italiano". "È necessaria una legislazione specifica", spiegano le associazioni Non c'è Pace Senza Giustizia e The Circle Italia Onlus. "Agire su più fronti per prevenire e contrastare questa grave violazione dei diritti umani dei minori e  assistere le vittime".  
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