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Home » Attualità » Willy gridava “Non respiro più”, ma i picchiatori non si fermarono. “Al processo tutta l’Italia sarà dalla sua parte”

Willy gridava “Non respiro più”, ma i picchiatori non si fermarono. “Al processo tutta l’Italia sarà dalla sua parte”

Fu una morte che in alcuni particolari evoca quella di George Floyd. Sta per iniziare il processo per l'uccisione di Willy Duarte a Colleferro. Lui col volto da bimbo, studente e lavoratore, gli assassini ostentatori di muscoli e suv, col reddito di cittadinanza. Il legale della famiglia ha una certezza: "In aula si avvertirà lo strazio della società"

Rita Bartolomei
25 Maggio 2021
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Willy Monteiro Duarte, il 21enne picchiato a morte nella notte a Colleferro, in un’immagine presa dal suo profilo Facebook

Il volto gentile, la pelle scura. Aveva solo 21 anni, era un ragazzo italiano originario di Capo Verde. Nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020 è stato massacrato di botte. Ucciso a calci e pugni. Una testimone l’ha sentito gridare: “Basta, vi prego, non respiro più”. “I can’t breathe”: con le stesse parole da brivido George Floyd implorava i poliziotti un anno fa. Ma questa non è Minneapolis, è una strada di Colleferro (Roma). La tomba di Willy Monteiro Duarte. Solo Willy, nel cuore degli italiani. Pestato a sangue da un branco di ventenni. Abitava a Paliano, nel Frusinate, lavorava come aiuto cuoco. Quel sabato notte voleva solo aiutare un amico in difficoltà.

Per il suo omicidio sono finiti subito in carcere i fratelli Marco e Gabriele Bianchi con Mario Pincarelli; ai domiciliari Francesco Belleggia. Per dirla con le parole del gip: “I quattro indagati infierendo con crudeltà su un ragazzo inerme, erano animati semplicemente dalla volontà di dimostrare la forza del proprio gruppo”. Quattro contro uno. “Violenza inaudita”, racconta chi c’era.

 

Due mondi agli antipodi

Gabriele Bianchi in una immagine tratta da Facebook.

Vi ricordate i volti, le foto? Due mondi agli antipodi. Il sorriso da bambino di Willy, la sua dolcezza; gli sguardi di sfida e l’esibizione di muscoli dei fratelli Bianchi, cultori delle arti marziali e del lusso. Suv, barche e vacanze da sogno ostentati sui social, eppure percepivano il reddito di cittadinanza. Il caso finì in Parlamento con un’interrogazione al ministro del Lavoro. Il capogruppo di FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida, non si raccapezzava come fosse possibile “se è vero che i giovani erano già segnalati alle forze dell’ordine, avendo numerosi precedenti per aggressioni e spaccio di stupefacenti”.

Dopo quella notte di follia, si è scritto che i fratelli erano indagati da anni ma l’arresto non era mai scattato. Ancora polemiche. Spadroneggiavano, picchiavano, terrorizzavano. Ma servivano altre prove per incastrarli. La sera del 13 aprile 2019 pestarono un indiano. Gli aveva detto “state attenti”, perché erano sfrecciati in auto. Sono tornati indietro e hanno vendicato l’affronto. Anche quella volta erano in quattro. I colpi sono costati alla vittima un mese di prognosi. E’ stato portato all’ospedale con il volto massacrato ma si è salvato. Willy no. Botte e droga. Uno stile di vita appena confermato dalla condanna a 5 anni e 4 mesi per spaccio e lesioni inflitta ai Bianchi dal tribunale di Velletri. Un condanna che servirà  a tenerli in carcere in attesa del processo per Willy

 

L’avvocato:  “La famiglia chiede giustizia, non vendetta”

Domenico Marzi, avvocato della famiglia di Willy, si prepara alla prima udienza in Corte d’Assise, il 10 giugno, e prevede: “Questa vicenda dovrà essere affrontata anche per il dramma di un paese dove la gente esce di casa la sera e uccide con disinvoltura”. Avvocato, sta dicendo che il processo ha un risvolto sociale importante quanto quello giudiziario? “Io penso di sì. Va affrontato anche lo strazio della società, non solo quello delle vittime”. Il legale non ha dubbi, “l’Italia sta dalla parte di Willy. Perché davvero ha colpito tutti la fragilità di questo ragazzo, la compostezza dei familiari. Non hanno mai cercato vendetta. Chiedono una sentenza che assegni le responsabilità. Sono persone equilibratissime. Sono persone perbene”.

 

Tutti contro tutti, fra imputati

Gli imputati rischiano l’ergastolo?“La contestazione a tutti e quattro è di omicidio volontario – ricorda -. Aggravato dai futili motivi e dalla volontà di affermare il predominio sul loro territorio di riferimento con l’uso della forza brutale. L’accusa è suscettibile di una condanna all’ergastolo”.  Al processo si preannuncia un tutti contro tutti. L’avvocato Marzi guarda alle novità degli ultimi giorni e prevede: “Avremo sicuramente una conflittualità tra gli imputati non indifferente”. Pensa a Belleggia, “la cui posizione si è alleggerita fin dall’inizio, infatti è stato posto ai domiciliari. Ha denunciato per false informazioni al pubblico ministero i testimoni indicati dalla difesa dei Bianchi. Quelle persone hanno dichiarato che a picchiare sarebbe stato lui e non i fratelli. Ma obiettivamente è difficile sfuggire alla prova del fatto. Ci sono anche delle riprese: la macchina arriva, questi scendono, scappano dopo un minuto e mezzo… Tutto conclamato. L’unica difesa è provare a scaricarsi le colpe a vicenda”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Willy Monteiro Duarte, il 21enne picchiato a morte nella notte a Colleferro, in un'immagine presa dal suo profilo Facebook
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Due mondi agli antipodi

Gabriele Bianchi in una immagine tratta da Facebook.
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