Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » HP Blocco Testo Destra » Il primo corso di vela d’altura per persone disabili. Andrea Brigatti: “Così i ragazzi escono dalla comfort zone e si mettono alla prova”

Il primo corso di vela d’altura per persone disabili. Andrea Brigatti: “Così i ragazzi escono dalla comfort zone e si mettono alla prova”

Salpa oggi da Viareggio alla volta di Portovenere il maxi yatch Cadamà con a bordo 8 allievi navigatori con disabilità. L'armatore e organizzatore del corso:"Ci ho messo molto tempo a trovarlo, quando l'ho scoperto è stato amore a prima vista. Ora porto avanti questo progetto per rendere questi ragazzi indipendenti"

Domenico Guarino
11 Giugno 2021
Share on FacebookShare on Twitter

Da oggi a domenica, S/Y Cadamà e l’asd “I Timonieri Sbandati” organizzano il primo corso al mondo di vela d’altura dedicato alle persone con disabilità, a bordo di uno yacht classico. Otto allievi con diverse disabilità motorie salperanno da Viareggio (Lu) alla volta di Portovenere (Sp). Con quali obiettivi e con quale spirito, lo abbiamo chiesto all’armatore ed organizzatore del corso, Andrea Brigatti.

“L’idea nasce da lontano, da quando cioè, ho provato ad andare in barca a vela dopo l’incidente. Fu un’esperienza traumatica,  dopo la quale ho deciso che sarei tornato su una barca solo se realmente accessibile – spiega Brigatti – Si trattava di cercarla, di costruirci un progetto, e di condividerlo poi con altri. Stiamo parlando nel 2014. Undici anni prima, il 9 luglio del 2003, un signore in macchina, che credo stesse litigando con suo figlio, non mi ha visto e mi ha preso, mandandomi a ‘spiaccicarmi’ letteralmente con la schiena sullo spigolo del marciapiede”.

Conseguenze?

“Devastanti. Nell’urto è scoppiata la 12esima vertebra. E da lì la mia vita è cambiata, naturalmente. Innanzitutto ho dovuto riappropriarmi di me stesso, della mia indipendenza, perché io sono sempre stato un vagabondo. Ho sempre vissuto in viaggio, con la moto, la macchina, la barca. In particolare la barca a vela per me è stata sempre stato un simbolo importantissimo di indipendenza, di libertà, di emozione. E quindi ho voluto sin dall’inizio tornarci”.

Come sei riuscito?

“Quando ho provato a risalire su una barca non attrezzata, non accessibile, è stata un’esperienza disastrosa, perché mi sentivo impedito. Non potendo far leva sulle gambe non riuscivo a fare nulla. Mi sentivo letteralmente un sacco di patate. E per fortuna ero contornato da amici, che mi hanno aiutato. Da lì nasce questa idea. Poi sono arrivati i figli, quindi ho avuto altre priorità per un po’. E c’è da considerare anche che all’inizio non avevo chiaro il progetto. Pensavo di dover disegnare da zero io una barca che fosse realmente accessibile. Ma non avevo né le competenze né il capitale necessario. Poi un colpo di fortuna, perché ho visto questa imbarcazione, questo gioiello, ed è stato amore a prima vista. Perché ho capito che lì ci stavo. Che ci stava la mia sedia a rotelle e aveva delle dimensioni importanti da avere abbastanza spazio per poterne ospitare più di una, che era una cosa che io volevo fortemente. E poi era stabile. E da lì è cominciata questa avventura che dura tuttora”.

È stato facile allestire la barca?

“In realtà, come ti accennavo, si tratta di un processo in cui siamo ancora immersi. Perché la prima volta che ci sono salito non avevo certamente idea di quello che mi servisse realmente. Figuriamoci chi mi doveva dare una mano a realizzare il progetto. Poi piano piano, con l’esperienza, accorgimento dopo accorgimento, siamo riusciti a metterla a punto. È stato un processo empirico, letteralmente, che si è costruito nella concretezza dello stare a bordo, nel verificare giorno dopo giorno, regata dopo regata quali fossero le esigenze e gli accorgimenti necessari a soddisfarle. È un processo che va avanti ancora oggi, perché ogni volta che si sale a bordo c’è qualcosa da mettere a punto, uno step ulteriore da fare. Un’idea da realizzare”.

Cosa vuol dire Cadamà?

“Cadamà è Cadimare, ovvero il paese dove è nato il primo armatore della nave che era Albino Buticchi. Un personaggio straordinario, molto famoso negli anni ’80, come petroliere e come presidente del Milan. Io sono il terzo armatore di questa barca meravigliosa”.

Cosa succederà da oggi a domenica?

“Praticamente stasera io sarò a bordo per accogliere i ragazzi che arrivano. Insieme con il comandante della barca mostriamo loro com’è lo scafo, come funziona, quali sono gli accorgimenti base per muoversi in sicurezza. La mattina dopo, con l’equipaggio al completo, ovvero i ragazzi disabili e gli istruttori, molliamo gli ormeggi ci allontaniamo dalla costa. Perché questo è un corso di vela d’altura, quindi non facciamo navigazione sotto costa, ma stiamo oltre le 13 miglia marittime, e ci dirigiamo verso Portovenere. Lì dovremmo arrivare nel tardo pomeriggio serata. Dormiremo a terra perché a bordo non ci sono le distanze per rispettare le ordinanze anti-Covid. Durante la navigazione, con gli istruttori, continuiamo con le spiegazioni di base, come si veleggia, facendo ruotare gli allievi alle diverse postazioni: il timone, la randa, l’ingenua e, se riusciamo, anche lo jennaker. Una spolverata sulle nozioni base di navigazione, sulle manovre di sicurezza, su come gestire le varie scotte etc. Poi a terra breafing e il giorno dopo torniamo indietro”.

È il primo corso del genere in Italia?

“Sì. Cadamà è il primo maxi yacth al mondo, la prima barca classica in legno, ad essere resa completamente accessibile e vivibile nel vero senso del termine. Cioè, non che sali a bordo e poi devi riscendere. Qui puoi davvero viverci per più settimane in perfetta autonomia. Oltre a fare regate con equipaggio misto, normodotati e disabili, è la prima barca di questo genere dove puoi stare fuori a dormire e fare scuola vela. Per altro, essendo una barca che ha appena compiuto 50 anni, in quanto è stata varata nel 1951, richiede anche una certa dimestichezza, una certa marineria. Non è una barca moderna con tutti gli accorgimenti del caso di elettronica e quant’altro. Qui devi saperti muovere. Un altro obiettivo fondamentale del corso, come di tutta le attività della nostra associazione del resto, è quello di sviluppare l’indipendenza delle persone disabili, che poi è il punto di partenza fondamentale per quella cosa importantissima che è l’autostima. La barca a vela, da questo punto di vista, è un ambiente perfetto, perché ti costringe a fare i conti con un mondo estraneo a quello familiare, che è la bambagia che ognuno di noi è portato a costruirsi. Stare in una barca a vela come Cadamà ti costringe al contatto con altri, in una situazione inedita. Oltre allenare o sviluppare l’abilità fisica, sulla barca si crea una microcomunità di disabili, dunque si scoprono nuovi amici, nuove libertà, e si sviluppa la propria indipendenza, staccandosi dai comodi rifugi in cui tendiamo a rintanarci. Ci mette alla prova”.

Potrebbe interessarti anche

"Coppa sport per tutt3" a Milano
Sport

Coppa sport per tuttз: c’è anche la squadra trans

23 Marzo 2023
Aura Eternal
Spettacolo

Bologna capitale delle drag queen. C’è anche Vanessa Van Cartier

25 Marzo 2023
39.454 gli spettatori presenti all'Olimpico di Roma (Instagram)
Sport

Roma-Barcellona, la vittoria del calcio femminile italiano

22 Marzo 2023

Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Da oggi a domenica, S/Y Cadamà e l'asd "I Timonieri Sbandati" organizzano il primo corso al mondo di vela d'altura dedicato alle persone con disabilità, a bordo di uno yacht classico. Otto allievi con diverse disabilità motorie salperanno da Viareggio (Lu) alla volta di Portovenere (Sp). Con quali obiettivi e con quale spirito, lo abbiamo chiesto all’armatore ed organizzatore del corso, Andrea Brigatti. "L'idea nasce da lontano, da quando cioè, ho provato ad andare in barca a vela dopo l'incidente. Fu un'esperienza traumatica,  dopo la quale ho deciso che sarei tornato su una barca solo se realmente accessibile – spiega Brigatti – Si trattava di cercarla, di costruirci un progetto, e di condividerlo poi con altri. Stiamo parlando nel 2014. Undici anni prima, il 9 luglio del 2003, un signore in macchina, che credo stesse litigando con suo figlio, non mi ha visto e mi ha preso, mandandomi a 'spiaccicarmi' letteralmente con la schiena sullo spigolo del marciapiede". Conseguenze? "Devastanti. Nell’urto è scoppiata la 12esima vertebra. E da lì la mia vita è cambiata, naturalmente. Innanzitutto ho dovuto riappropriarmi di me stesso, della mia indipendenza, perché io sono sempre stato un vagabondo. Ho sempre vissuto in viaggio, con la moto, la macchina, la barca. In particolare la barca a vela per me è stata sempre stato un simbolo importantissimo di indipendenza, di libertà, di emozione. E quindi ho voluto sin dall'inizio tornarci". Come sei riuscito? "Quando ho provato a risalire su una barca non attrezzata, non accessibile, è stata un'esperienza disastrosa, perché mi sentivo impedito. Non potendo far leva sulle gambe non riuscivo a fare nulla. Mi sentivo letteralmente un sacco di patate. E per fortuna ero contornato da amici, che mi hanno aiutato. Da lì nasce questa idea. Poi sono arrivati i figli, quindi ho avuto altre priorità per un po'. E c'è da considerare anche che all'inizio non avevo chiaro il progetto. Pensavo di dover disegnare da zero io una barca che fosse realmente accessibile. Ma non avevo né le competenze né il capitale necessario. Poi un colpo di fortuna, perché ho visto questa imbarcazione, questo gioiello, ed è stato amore a prima vista. Perché ho capito che lì ci stavo. Che ci stava la mia sedia a rotelle e aveva delle dimensioni importanti da avere abbastanza spazio per poterne ospitare più di una, che era una cosa che io volevo fortemente. E poi era stabile. E da lì è cominciata questa avventura che dura tuttora". È stato facile allestire la barca? "In realtà, come ti accennavo, si tratta di un processo in cui siamo ancora immersi. Perché la prima volta che ci sono salito non avevo certamente idea di quello che mi servisse realmente. Figuriamoci chi mi doveva dare una mano a realizzare il progetto. Poi piano piano, con l'esperienza, accorgimento dopo accorgimento, siamo riusciti a metterla a punto. È stato un processo empirico, letteralmente, che si è costruito nella concretezza dello stare a bordo, nel verificare giorno dopo giorno, regata dopo regata quali fossero le esigenze e gli accorgimenti necessari a soddisfarle. È un processo che va avanti ancora oggi, perché ogni volta che si sale a bordo c’è qualcosa da mettere a punto, uno step ulteriore da fare. Un'idea da realizzare". Cosa vuol dire Cadamà? "Cadamà è Cadimare, ovvero il paese dove è nato il primo armatore della nave che era Albino Buticchi. Un personaggio straordinario, molto famoso negli anni '80, come petroliere e come presidente del Milan. Io sono il terzo armatore di questa barca meravigliosa". Cosa succederà da oggi a domenica? "Praticamente stasera io sarò a bordo per accogliere i ragazzi che arrivano. Insieme con il comandante della barca mostriamo loro com'è lo scafo, come funziona, quali sono gli accorgimenti base per muoversi in sicurezza. La mattina dopo, con l'equipaggio al completo, ovvero i ragazzi disabili e gli istruttori, molliamo gli ormeggi ci allontaniamo dalla costa. Perché questo è un corso di vela d'altura, quindi non facciamo navigazione sotto costa, ma stiamo oltre le 13 miglia marittime, e ci dirigiamo verso Portovenere. Lì dovremmo arrivare nel tardo pomeriggio serata. Dormiremo a terra perché a bordo non ci sono le distanze per rispettare le ordinanze anti-Covid. Durante la navigazione, con gli istruttori, continuiamo con le spiegazioni di base, come si veleggia, facendo ruotare gli allievi alle diverse postazioni: il timone, la randa, l’ingenua e, se riusciamo, anche lo jennaker. Una spolverata sulle nozioni base di navigazione, sulle manovre di sicurezza, su come gestire le varie scotte etc. Poi a terra breafing e il giorno dopo torniamo indietro". È il primo corso del genere in Italia? "Sì. Cadamà è il primo maxi yacth al mondo, la prima barca classica in legno, ad essere resa completamente accessibile e vivibile nel vero senso del termine. Cioè, non che sali a bordo e poi devi riscendere. Qui puoi davvero viverci per più settimane in perfetta autonomia. Oltre a fare regate con equipaggio misto, normodotati e disabili, è la prima barca di questo genere dove puoi stare fuori a dormire e fare scuola vela. Per altro, essendo una barca che ha appena compiuto 50 anni, in quanto è stata varata nel 1951, richiede anche una certa dimestichezza, una certa marineria. Non è una barca moderna con tutti gli accorgimenti del caso di elettronica e quant’altro. Qui devi saperti muovere. Un altro obiettivo fondamentale del corso, come di tutta le attività della nostra associazione del resto, è quello di sviluppare l'indipendenza delle persone disabili, che poi è il punto di partenza fondamentale per quella cosa importantissima che è l’autostima. La barca a vela, da questo punto di vista, è un ambiente perfetto, perché ti costringe a fare i conti con un mondo estraneo a quello familiare, che è la bambagia che ognuno di noi è portato a costruirsi. Stare in una barca a vela come Cadamà ti costringe al contatto con altri, in una situazione inedita. Oltre allenare o sviluppare l'abilità fisica, sulla barca si crea una microcomunità di disabili, dunque si scoprono nuovi amici, nuove libertà, e si sviluppa la propria indipendenza, staccandosi dai comodi rifugi in cui tendiamo a rintanarci. Ci mette alla prova".
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto