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Home » Economia » “Non più solo studenti e immigrati: tanti in tutta Italia vogliono diventare rider e io mi batto per i loro diritti”

“Non più solo studenti e immigrati: tanti in tutta Italia vogliono diventare rider e io mi batto per i loro diritti”

Yiftalem Parigi, 22 anni, è il primo sindacalista del nostro paese per chi effettua consegne di cibi a domicilio. "Voglio estendere l'accordo raggiunto con Just Eat a Firenze alle altre aziende, per assicurare a tutti pari diritti ed evitare discriminazioni nella categoria. Non devono esserci fra noi lavoratori di serie A e di serie B"

Stefano Vetusti
20 Aprile 2021
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Yiftalem Parigi durante la consegna di cibi e bevande a Firenze dove vive, studia e lavora

Yiftalem Parigi ha 22 anni, è nato in Etiopia ed è stato adottato all’età di un anno da una famiglia fiorentina, ha due sorelle, è studente universitario alla facoltà di economia e sindacalista della Cgil a Firenze.

E’ stato il primo sindacalista eletto in Italia in rappresentanza dei rider. La sua caparbietà, il suo spirito positivo sono divenuti un esempio per gli oltre diecimila riders in Italia. Yiftalem è il loro simbolo. Grazie anche a lui, il sindacato ha siglato con Just Eat, la società per cui lavora, il primo accordo che riconosce loro i diritti e le tutele dei lavoratori dipendenti nel contratto nazionale dei trasporti e della logistica.

Una svolta storica, sociale oltre che sindacale, che apre una breccia in questo pianeta oscuro del mondo del lavoro cresciuto molto durante la pandemia, nel quale le consegne che devono fare i rider sono regolate da un algoritmo e il datore di lavoro è un padrone invisibile, con cui è impossibile comunicare se non per mail. Un lavoro senz’anima, come dei robot.

Yiftalem, come va?

“Meglio, dopo l’accordo che abbiamo fatto con Just Eat. La nostra battaglia continua ma è un traguardo importante, una svolta”.

Qual è il prossimo obiettivo da raggiungere?

“Estendere l’accordo fatto con Just Eat alle altre grandi piattaforme digitali delle consegne. Per evitare che in Italia ci siano rider di serie A e di serie B”.

Com’è arrivato a diventare sindacalista?

“E’ stato il sindacato a cercarmi, la Cgil. La segretaria della Camera del lavoro è venuta insieme a un assessore regionale in piazza, dove ci ritrovavamo con altri rider in attesa di partire per le consegne. Ci hanno detto che volevano portare avanti le nostre richieste e che il governatore della Toscana Rossi ci avrebbe incontrati con piacere. Così è nato tutto il resto”.

Come ci si sente ad avere un ’padrone’ invisibile, con cui non poter mai parlare di persona, magari per esporgli un problema…

“E’ uno degli aspetti peggiori per noi rider. Per qualunque problema non puoi fare altro che mandare una mail, alla quale viene risposto in maniera automatizzata… E’ per questo che nell’accordo con Just Eat abbiamo chiesto e ottenuto che ci fosse un rappresentante locale della società con cui potersi relazionare direttamente…”.

Lei lavora come rider da circa tre anni, è cambiata la platea dei rider?

“Sì, all’inizio erano solo studenti e immigrati. Oggi ci sono tante persone anche di età più avanzata, che hanno perduto il lavoro e cercano di cavarsela alla giornata”.

Il rapporto con le persone alle quali fate le consegne: è cambiato nel tempo, incontra freddezza, distacco oppure maggiore sensibilità?

“Il rapporto è migliorato molto, c’è ormai coscienza piuttosto diffusa della nostra condizione, troviamo persone che solidarizzano con noi e le nostre battaglie. A me poi, a forza di interviste, mi riconoscono anche (ride)”.

Quanto guadagna un rider?

“Varia da piattaforma a piattaforma. In base alle consegne che fai e al periodo. Ora, ad esempio, complice anche la bella stagione, il numero di consegne è diminuito”.

Un problema di fondo per voi rider è quello della sicurezza…

“Fino al 2019 non c’era alcuna assicurazione. Poi la legge 128 sui rider approvata in Parlamento ha introdotto l’obbligo di versamento dei contributi ma c’è ancora tanta strada da fare per garantire tutele adeguate”.

Quale messaggio vuole dare ai rider e a chi lavora sotto sfruttamento?

“Che è possibile farcela. Chi lavora ed è consapevole di sentirsi sfruttato deve battersi per i propri diritti, con forza, perché alla fine ce la farà”.

 

 

 

 

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Yiftalem Parigi durante la consegna di cibi e bevande a Firenze dove vive, studia e lavora
Yiftalem Parigi ha 22 anni, è nato in Etiopia ed è stato adottato all’età di un anno da una famiglia fiorentina, ha due sorelle, è studente universitario alla facoltà di economia e sindacalista della Cgil a Firenze. E’ stato il primo sindacalista eletto in Italia in rappresentanza dei rider. La sua caparbietà, il suo spirito positivo sono divenuti un esempio per gli oltre diecimila riders in Italia. Yiftalem è il loro simbolo. Grazie anche a lui, il sindacato ha siglato con Just Eat, la società per cui lavora, il primo accordo che riconosce loro i diritti e le tutele dei lavoratori dipendenti nel contratto nazionale dei trasporti e della logistica. Una svolta storica, sociale oltre che sindacale, che apre una breccia in questo pianeta oscuro del mondo del lavoro cresciuto molto durante la pandemia, nel quale le consegne che devono fare i rider sono regolate da un algoritmo e il datore di lavoro è un padrone invisibile, con cui è impossibile comunicare se non per mail. Un lavoro senz’anima, come dei robot. Yiftalem, come va? "Meglio, dopo l’accordo che abbiamo fatto con Just Eat. La nostra battaglia continua ma è un traguardo importante, una svolta". Qual è il prossimo obiettivo da raggiungere? "Estendere l’accordo fatto con Just Eat alle altre grandi piattaforme digitali delle consegne. Per evitare che in Italia ci siano rider di serie A e di serie B". Com’è arrivato a diventare sindacalista? "E’ stato il sindacato a cercarmi, la Cgil. La segretaria della Camera del lavoro è venuta insieme a un assessore regionale in piazza, dove ci ritrovavamo con altri rider in attesa di partire per le consegne. Ci hanno detto che volevano portare avanti le nostre richieste e che il governatore della Toscana Rossi ci avrebbe incontrati con piacere. Così è nato tutto il resto". Come ci si sente ad avere un ’padrone’ invisibile, con cui non poter mai parlare di persona, magari per esporgli un problema... "E’ uno degli aspetti peggiori per noi rider. Per qualunque problema non puoi fare altro che mandare una mail, alla quale viene risposto in maniera automatizzata... E’ per questo che nell’accordo con Just Eat abbiamo chiesto e ottenuto che ci fosse un rappresentante locale della società con cui potersi relazionare direttamente...". Lei lavora come rider da circa tre anni, è cambiata la platea dei rider? "Sì, all’inizio erano solo studenti e immigrati. Oggi ci sono tante persone anche di età più avanzata, che hanno perduto il lavoro e cercano di cavarsela alla giornata". Il rapporto con le persone alle quali fate le consegne: è cambiato nel tempo, incontra freddezza, distacco oppure maggiore sensibilità? "Il rapporto è migliorato molto, c’è ormai coscienza piuttosto diffusa della nostra condizione, troviamo persone che solidarizzano con noi e le nostre battaglie. A me poi, a forza di interviste, mi riconoscono anche (ride)". Quanto guadagna un rider? "Varia da piattaforma a piattaforma. In base alle consegne che fai e al periodo. Ora, ad esempio, complice anche la bella stagione, il numero di consegne è diminuito". Un problema di fondo per voi rider è quello della sicurezza... "Fino al 2019 non c’era alcuna assicurazione. Poi la legge 128 sui rider approvata in Parlamento ha introdotto l’obbligo di versamento dei contributi ma c’è ancora tanta strada da fare per garantire tutele adeguate". Quale messaggio vuole dare ai rider e a chi lavora sotto sfruttamento? "Che è possibile farcela. Chi lavora ed è consapevole di sentirsi sfruttato deve battersi per i propri diritti, con forza, perché alla fine ce la farà".        
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