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Home » Lifestyle » Al ‘Chiosco Paradiso’ per l’inclusione non servono miracoli. Il titolare: “Tutti hanno diritto di lavorare”

Al ‘Chiosco Paradiso’ per l’inclusione non servono miracoli. Il titolare: “Tutti hanno diritto di lavorare”

A Montevarchi (Ar) prende il via un progetto che punta sull'integrazione ma anche sulla sostenibilità ambientale. Il 50% dello staff sarà composto da persone diversamente abili e la struttura sarà completamente plastic free. Andrea Manetti: "Non siamo supereroi. Imprenditori, seguite il nostro esempio"

Marianna Grazi
28 Maggio 2021
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Doveva aprire a fine maggio, ma qualche ritardo nelle forniture dei materiali ha costretto a rinviare l’inaugurazione di una settimana, a inizio giugno. Ma l’entusiasmo, invece che diminuire, sta crescendo. Tra pochi giorni a Montevarchi, in provincia di Arezzo, si apriranno i battenti del Paradiso. No, non le porte del cielo, bensì quelle di Chiosco che sorgerà in piazza della Repubblica. Un piccolo bar in un area verde – 36 metri quadri di superficie – da tenere aperto da marzo a ottobre. E, come dice il nome, si tratterà di un piccolo Eden: inclusione e sostenibilità saranno le parole chiave della nuova realtà imprenditoriale.

Al Chiosco Paradiso, come spiega il titolare, Andrea Manetti, si incontrano economia e sociale. Aperto tutti i giorni dalle 7 alle 23, ad alternarsi dietro il bancone e ai tavoli ci sarà uno staff giovane e preparato, per il 50 per cento composto da persone con disabilità. E l’intera struttura, nonché i prodotti serviti, saranno totalmente green. Un progetto ambizioso, nato a febbraio 2020 nel Comune di Montevarchi e realizzato insieme all’associazione onlus “La Crisalide Odv”, che punta a far ‘spiccare il volo’ ai futuri clienti e avventori verso una maggiore inclusività e sensibilità.

Un Chiosco nel verde per il verde

La struttura sarà costruita interamente in legno e rifinita con materiali ecosostenibili. L’attività sarà completamente plastic free, non saranno venduti prodotti fatti con materiali plastici. Per chi vorrà bere dell’acqua potrà acquistare le borracce, “ma abbiamo anche stipulato un accordo con PubliAcqua per dare l’acqua di rubinetto gratis. Perché l’acqua è un bene comune. Per chi è ‘ancorato’ alla bottiglietta di plastica abbiamo anche l’acqua in lattina, fatte in alluminio che ha zero impatto ambientale e si può riciclare tantissime volte” dichiara il titolare Manetti. Per di più il costo dell’acqua, in parte, andrà a finanziare la costruzione di acquedotti in Africa. Quindi c’è anche una missione di solidarietà: “Tu bevi e dai l’opportunità di far bere chi purtroppo l’acqua non ce l’ha”. Ancora, parlando di rispetto per l’ambiente, in cucina saranno valorizzati i prodotti della zona, quindi a chilometro zero. E poi ovviamente una raccolta differenziata attenta, fatta bene. “Avrei voluto mettere anche i pannelli solari, ma il chiosco si troverà in un contesto dove ci sono tantissimi alberi e purtroppo c’è troppa ombra per sfruttare l’energia solare” spiega Andrea.
“Non faccio niente di eccezionale, faccio una cosa che dovrebbero fare tutti – aggiunge –. Cercare di cambiare abitudini per non continuare a commettere gli stessi errori e a creare squilibri gravissimi nell’ecosistema. Dobbiamo riprendere in mano il pianeta e trattarlo bene, perché sennò la Terra si ribella, come stiamo vedendo”.

L’idea grazie a un incontro tra imprenditori

L’idea è nata, un po’ per caso, grazie all’incontro tra due imprenditori che non si conoscevano. Uno è Andrea, l’altro è il presidente dell’associazione onlus “La crisalide odv”. È stato lui a contattarlo, dopo aver scoperto che la sua era una delle poche aziende a portare avanti un percorso di inserimento lavorativo per le persone diversamente abili. Oltre a questa nuova attività, infatti, Manetti ha un locale storico, in Valdarno, il Caffè Paradiso. È qui che si è svolto, nel 2019, uno dei primi corsi barman riservato a persone con disabilità. Quest’anno, visto il successo della prima edizione, ne era stata prevista una seconda a gennaio, ma la pandemia ha bloccato tutto. “Nulla è perduto, replicheremo ad ottobre. È indirizzato a persone che vogliono lavorare, gli piace questo impiego e che hanno disabilità – spiega il titolare –. Questo però vuol dire che hanno anche una sensibilità maggiore. Sono persone eccezionali, non speciali. Essere umani uguali a noi. Che vogliono, giustamente, essere trattate alla pari”.

Un evento, anche quello tra i due imprenditori, dedicato a persone disabili. Forse un segno del destino. Più probabilmente la capacità di entrambi di vedere al di là delle barriere alzate dalla società e del mondo del lavoro contro queste persone. “Mi chiamò e mi chiese se potevo aiutarlo in un’iniziativa di gestione di catering. Io accettai subito. Nacque un’amicizia e da lì l’idea di creare un’attività in cui un privato avesse possibilità di fare inclusione sociale e inserimento lavorativo. Io questi ragazzi li ho assunti, ho fatto loro dei contratti come agli altri collaboratori”.
“La Crisalide” supporta Manetti anche nella costruzione del chiosco: lo ha acquistato e lo ha simbolicamente donato in concessione gratuita per sviluppare l’attività.

Lo staff: veterani, nuove leve e ‘angeli custodi’

L’organico di Chiosco Paradiso, “il mio dream team” come lo chiama Andrea, sarà composto dai veterani del Caffè di Terranuova, da alcuni giovani “che devo prendere perché le ore sono tante da coprire sui turni” e dai ragazzi disabili dell’associazione, inizialmente tre. “Saranno assunti e faranno tutte le cose che ci sono da fare. Partiremo la mattina con le colazioni, poi il pranzo, la merenda e l’aperitivo. Ognuno con le proprie capacità, svolgeranno tutti i compiti che riescono a fare. Noi li seguiremo, saremo un po’ i loro angeli custodi, invece che tutor”, scherza il titolare. Un grande problema della società attuale è che queste persone sono spesso viste come ‘diverse’ e necessitano un’attenzione che non si può o non si vuole dare loro. “Questa parola, diversità, deve scomparire – dichiara Manetti –. Le persone disabili vanno viste come uguali a noi. Si deve cercare di rompere questa barriera mentale”. E aggiunge: “Hanno dentro di sé un essere bambino, fanciullesco, con il quale io mi ritrovo benissimo. Ho un’anima da bambino che cerco sempre di mantenere nella mia vita, anche se tra poco compirò 50 anni. Molti adulti invece la perdono”.

Creare un livello di uguaglianza, di pari opportunità per tutti, cercare di togliere la parola ‘diverso’ dal nostro vocabolario. Nel suo piccolo Andrea ce la mette tutta: “Finché si parlerà di diversità non saremo davvero una società civile”. Per questo si rivolge ai suoi colleghi imprenditori: “Nell’imprenditoria odierna vedo troppo cinismo, si tende troppo a guardare solo all’aspetto economico. Si è perso di vista l’aspetto umano. Da parte mia cerco di farlo entrare nella mia attività commerciale. Quello che voglio far capire anche agli altri è che si può fare business anche con persone che hanno dei deficit o delle disabilità. Basta solamente avere un po’ di attenzione in più”. In Italia la legge 68 del 1999 impone l’obbligo di collocamento di lavoratori disabili al manifestarsi di alcuni elementi relativi alla composizione e alla dimensione dell’organico (elementi poi rivisti dal d.lgs n. 151 del 2015). Pur non rientrando in quest’obbligo di legge Andrea ha scelto di cercare e assumere personale diversamente abile. “Voglio far capire che tutti hanno il diritto di lavorare. Tutti”.

Inclusione: un tema caro al titolare e alla gente del posto


Ma da dove viene questa attenzione del titolare verso queste tematiche, verso le persone diversamente abili? Come racconta, risale all’infanzia. “Il mio migliore amico era sordo, parlava normalmente ma aveva un apparecchio per sentire. L’ho sempre visto come una persona uguale a me. Sono cresciuto avendolo accanto, non l’ho mai visto come ‘diverso’ da me. L’ho visto com’è, come il mio migliore amico”. Anche allora era risoluto a non accettare gli sguardi, le domande invadenti, i giudizi degli altri. Poi a scuola, la presenza di un ragazzo nato con una disabilità motoria, ha accresciuto in lui questo senso di parità, questa volontà di integrazione: “Quando posso vado da lui, lo porto ai concerti. Cerco di dedicargli un po’ di tempo ogni volta che riesco. Mi chiese di andare a conoscere Jovanotti, l’ho portato vicino a casa sua, abbiamo fatto le foto insieme al cantante. È stato contentissimo”. Un carattere spiccatamente sensibile e queste importanti presenze hanno influito sulla sua vita anche a livello professionale.

Quello di Andrea e del Chiosco Paradiso è infatti un progetto importante, concreto, di inclusione e di abbattimento delle barriere tra ‘normali’ e diversamente abili. E la gente del posto, i cittadini che vanno a prendere il caffè ogni giorno a Terranuova, o che si fermano semplicemente a fare quattro chiacchiere da bar aspettano con ansia l’avvio della nuova attività. C’è fervore, c’è attenzione. L’interesse è molto alto, “e l’attività si colloca in un posto dove c’è l’esigenza di un bar. Quindi oltre al servizio che offriremo dove ce n’è bisogno, vedo l’interesse per queste tematiche, del sociale e dell’ambiente, che sono i nostri punti di forza. Mi telefonano in continuazione per sapere quando apriremo: quando si partirà sarà una partenza da zero a mille“. Nel frattempo però, prosegue la formazione dei lavoratori. Alessandro, Andrea, Elena, Gregor e tutti gli altri. Sono i ragazzi coinvolti nel corso per barman di due anni fa. Da parte loro c’è grande entusiasmo, voglia di fare, hanno fiducia nel titolare e nei suoi collaboratori. “Tutti vorrebbero venire a lavorare insieme a noi al Chiosco e al Caffè Paradiso. C’è un clima familiare, c’è fiducia reciproca. Noi insegniamo qualcosa a loro e loro, a sua volta, ci insegnano qualcosa a noi”. E, prendendo in prestito una frase dello sceneggiatore del celebre film Rain Man, con Tom Cruise e Dustin Hoffman, recita: “loro non hanno bisogno della società. È la società che ha bisogno di loro“.

E forse il senso profondo dell’inclusione è proprio in quel bisogno sociale di chi, dalla società, è spesso escluso.

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere

Doveva aprire a fine maggio, ma qualche ritardo nelle forniture dei materiali ha costretto a rinviare l'inaugurazione di una settimana, a inizio giugno. Ma l'entusiasmo, invece che diminuire, sta crescendo. Tra pochi giorni a Montevarchi, in provincia di Arezzo, si apriranno i battenti del Paradiso. No, non le porte del cielo, bensì quelle di Chiosco che sorgerà in piazza della Repubblica. Un piccolo bar in un area verde – 36 metri quadri di superficie – da tenere aperto da marzo a ottobre. E, come dice il nome, si tratterà di un piccolo Eden: inclusione e sostenibilità saranno le parole chiave della nuova realtà imprenditoriale.

Al Chiosco Paradiso, come spiega il titolare, Andrea Manetti, si incontrano economia e sociale. Aperto tutti i giorni dalle 7 alle 23, ad alternarsi dietro il bancone e ai tavoli ci sarà uno staff giovane e preparato, per il 50 per cento composto da persone con disabilità. E l'intera struttura, nonché i prodotti serviti, saranno totalmente green. Un progetto ambizioso, nato a febbraio 2020 nel Comune di Montevarchi e realizzato insieme all’associazione onlus "La Crisalide Odv", che punta a far 'spiccare il volo' ai futuri clienti e avventori verso una maggiore inclusività e sensibilità.

Un Chiosco nel verde per il verde

La struttura sarà costruita interamente in legno e rifinita con materiali ecosostenibili. L'attività sarà completamente plastic free, non saranno venduti prodotti fatti con materiali plastici. Per chi vorrà bere dell’acqua potrà acquistare le borracce, "ma abbiamo anche stipulato un accordo con PubliAcqua per dare l’acqua di rubinetto gratis. Perché l’acqua è un bene comune. Per chi è ‘ancorato’ alla bottiglietta di plastica abbiamo anche l’acqua in lattina, fatte in alluminio che ha zero impatto ambientale e si può riciclare tantissime volte" dichiara il titolare Manetti. Per di più il costo dell’acqua, in parte, andrà a finanziare la costruzione di acquedotti in Africa. Quindi c’è anche una missione di solidarietà: "Tu bevi e dai l’opportunità di far bere chi purtroppo l’acqua non ce l’ha". Ancora, parlando di rispetto per l'ambiente, in cucina saranno valorizzati i prodotti della zona, quindi a chilometro zero. E poi ovviamente una raccolta differenziata attenta, fatta bene. "Avrei voluto mettere anche i pannelli solari, ma il chiosco si troverà in un contesto dove ci sono tantissimi alberi e purtroppo c’è troppa ombra per sfruttare l’energia solare" spiega Andrea. "Non faccio niente di eccezionale, faccio una cosa che dovrebbero fare tutti – aggiunge –. Cercare di cambiare abitudini per non continuare a commettere gli stessi errori e a creare squilibri gravissimi nell'ecosistema. Dobbiamo riprendere in mano il pianeta e trattarlo bene, perché sennò la Terra si ribella, come stiamo vedendo”.

L'idea grazie a un incontro tra imprenditori

L'idea è nata, un po' per caso, grazie all’incontro tra due imprenditori che non si conoscevano. Uno è Andrea, l’altro è il presidente dell'associazione onlus "La crisalide odv". È stato lui a contattarlo, dopo aver scoperto che la sua era una delle poche aziende a portare avanti un percorso di inserimento lavorativo per le persone diversamente abili. Oltre a questa nuova attività, infatti, Manetti ha un locale storico, in Valdarno, il Caffè Paradiso. È qui che si è svolto, nel 2019, uno dei primi corsi barman riservato a persone con disabilità. Quest’anno, visto il successo della prima edizione, ne era stata prevista una seconda a gennaio, ma la pandemia ha bloccato tutto. "Nulla è perduto, replicheremo ad ottobre. È indirizzato a persone che vogliono lavorare, gli piace questo impiego e che hanno disabilità – spiega il titolare –. Questo però vuol dire che hanno anche una sensibilità maggiore. Sono persone eccezionali, non speciali. Essere umani uguali a noi. Che vogliono, giustamente, essere trattate alla pari".

Un evento, anche quello tra i due imprenditori, dedicato a persone disabili. Forse un segno del destino. Più probabilmente la capacità di entrambi di vedere al di là delle barriere alzate dalla società e del mondo del lavoro contro queste persone. "Mi chiamò e mi chiese se potevo aiutarlo in un’iniziativa di gestione di catering. Io accettai subito. Nacque un’amicizia e da lì l’idea di creare un’attività in cui un privato avesse possibilità di fare inclusione sociale e inserimento lavorativo. Io questi ragazzi li ho assunti, ho fatto loro dei contratti come agli altri collaboratori”. "La Crisalide" supporta Manetti anche nella costruzione del chiosco: lo ha acquistato e lo ha simbolicamente donato in concessione gratuita per sviluppare l’attività.

Lo staff: veterani, nuove leve e 'angeli custodi'

L'organico di Chiosco Paradiso, "il mio dream team" come lo chiama Andrea, sarà composto dai veterani del Caffè di Terranuova, da alcuni giovani "che devo prendere perché le ore sono tante da coprire sui turni" e dai ragazzi disabili dell'associazione, inizialmente tre. "Saranno assunti e faranno tutte le cose che ci sono da fare. Partiremo la mattina con le colazioni, poi il pranzo, la merenda e l’aperitivo. Ognuno con le proprie capacità, svolgeranno tutti i compiti che riescono a fare. Noi li seguiremo, saremo un po' i loro angeli custodi, invece che tutor", scherza il titolare. Un grande problema della società attuale è che queste persone sono spesso viste come 'diverse' e necessitano un'attenzione che non si può o non si vuole dare loro. "Questa parola, diversità, deve scomparire – dichiara Manetti –. Le persone disabili vanno viste come uguali a noi. Si deve cercare di rompere questa barriera mentale". E aggiunge: "Hanno dentro di sé un essere bambino, fanciullesco, con il quale io mi ritrovo benissimo. Ho un'anima da bambino che cerco sempre di mantenere nella mia vita, anche se tra poco compirò 50 anni. Molti adulti invece la perdono”.

Creare un livello di uguaglianza, di pari opportunità per tutti, cercare di togliere la parola 'diverso' dal nostro vocabolario. Nel suo piccolo Andrea ce la mette tutta: "Finché si parlerà di diversità non saremo davvero una società civile". Per questo si rivolge ai suoi colleghi imprenditori: "Nell'imprenditoria odierna vedo troppo cinismo, si tende troppo a guardare solo all'aspetto economico. Si è perso di vista l'aspetto umano. Da parte mia cerco di farlo entrare nella mia attività commerciale. Quello che voglio far capire anche agli altri è che si può fare business anche con persone che hanno dei deficit o delle disabilità. Basta solamente avere un po' di attenzione in più". In Italia la legge 68 del 1999 impone l'obbligo di collocamento di lavoratori disabili al manifestarsi di alcuni elementi relativi alla composizione e alla dimensione dell'organico (elementi poi rivisti dal d.lgs n. 151 del 2015). Pur non rientrando in quest'obbligo di legge Andrea ha scelto di cercare e assumere personale diversamente abile. "Voglio far capire che tutti hanno il diritto di lavorare. Tutti".

Inclusione: un tema caro al titolare e alla gente del posto

Ma da dove viene questa attenzione del titolare verso queste tematiche, verso le persone diversamente abili? Come racconta, risale all’infanzia. "Il mio migliore amico era sordo, parlava normalmente ma aveva un apparecchio per sentire. L'ho sempre visto come una persona uguale a me. Sono cresciuto avendolo accanto, non l'ho mai visto come 'diverso' da me. L'ho visto com'è, come il mio migliore amico". Anche allora era risoluto a non accettare gli sguardi, le domande invadenti, i giudizi degli altri. Poi a scuola, la presenza di un ragazzo nato con una disabilità motoria, ha accresciuto in lui questo senso di parità, questa volontà di integrazione: "Quando posso vado da lui, lo porto ai concerti. Cerco di dedicargli un po' di tempo ogni volta che riesco. Mi chiese di andare a conoscere Jovanotti, l'ho portato vicino a casa sua, abbiamo fatto le foto insieme al cantante. È stato contentissimo". Un carattere spiccatamente sensibile e queste importanti presenze hanno influito sulla sua vita anche a livello professionale.

Quello di Andrea e del Chiosco Paradiso è infatti un progetto importante, concreto, di inclusione e di abbattimento delle barriere tra 'normali' e diversamente abili. E la gente del posto, i cittadini che vanno a prendere il caffè ogni giorno a Terranuova, o che si fermano semplicemente a fare quattro chiacchiere da bar aspettano con ansia l’avvio della nuova attività. C'è fervore, c’è attenzione. L’interesse è molto alto, "e l’attività si colloca in un posto dove c'è l’esigenza di un bar. Quindi oltre al servizio che offriremo dove ce n’è bisogno, vedo l’interesse per queste tematiche, del sociale e dell’ambiente, che sono i nostri punti di forza. Mi telefonano in continuazione per sapere quando apriremo: quando si partirà sarà una partenza da zero a mille". Nel frattempo però, prosegue la formazione dei lavoratori. Alessandro, Andrea, Elena, Gregor e tutti gli altri. Sono i ragazzi coinvolti nel corso per barman di due anni fa. Da parte loro c'è grande entusiasmo, voglia di fare, hanno fiducia nel titolare e nei suoi collaboratori. "Tutti vorrebbero venire a lavorare insieme a noi al Chiosco e al Caffè Paradiso. C'è un clima familiare, c'è fiducia reciproca. Noi insegniamo qualcosa a loro e loro, a sua volta, ci insegnano qualcosa a noi". E, prendendo in prestito una frase dello sceneggiatore del celebre film Rain Man, con Tom Cruise e Dustin Hoffman, recita: "loro non hanno bisogno della società. È la società che ha bisogno di loro".

E forse il senso profondo dell'inclusione è proprio in quel bisogno sociale di chi, dalla società, è spesso escluso.
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