25 aprile, la staffetta partigiana Flora Monti: “Oggi porto ai giovani il mio testimone di libertà”

A 12 anni fu tra le più giovani a schierarsi con la sua famiglia in prima linea per l’antifascismo. La sua testimonianza nel documentario “Flora” di Martina De Polo: “È diventata la nonna di tutti. Quei valori li racconta ai ragazzi di oggi”

di MARIANNA GRAZI
25 aprile 2024
Deina Palmas e Flora Monti

Deina Palmas e Flora Monti

Flora Monti è stata la più giovane staffetta partigiana della Resistenza italiana. Originaria di Monterenzio, ora ha 94 anni e vive a Bologna. È tra le poche donne di quell’epoca ancora in vita, e lucidamente continua a raccontare la sua storia, che è quella di tante e tanti che, durante il ventennio fascista e durante la Seconda Guerra Mondiale, scelsero di schierarsi dalla parte della libertà, dei diritti, della giustizia sociale. 

Forse inconsapevolmente e poi con coraggio, fin da bambina fu testimone e protagonista di questa lotta che culminò poi nella Liberazione, che celebriamo da 79 anni a questa parte il 25 aprile. Abbiamo parlato con lei, per l’occasione, della sua esperienza e del significato della sua testimonianza oggi.

Flora Monti
Flora Monti

Qual è stato il momento più difficile quando faceva la staffetta partigiana?

“Il momento più difficile è stato quando mi hanno detto di togliermi i vestiti poi hanno guardato dappertutto e alla fine mi hanno detto di togliermi le scarpe. Prima ho consegnato la sinistra, che sapevo non c'era niente, poi hanno preso la destra, hanno guardato, non è venuto fuori niente e hanno detto ‘rivestiti’.

Quello è stato il momento più brutto perché mentre mi facevano questi controlli per vedere se trovavano qualcosa io ho pensato all'Edera del Giovanni che l'avevano uccisa due settimane prima ed era una staffetta partigiana anche lei, si vede che avevano trovato qualcosa. Lei aveva delle armi, era caduta in un'imboscata”.

E il momento più bello successo durante questo periodo?

“Quando io ho sentito radio che era finita la guerra. Quello è stato un momento bellissimo, quanto sentii: LA GUERRA È FINITA!”

Secondo lei, i giovani di oggi sono in grado di capire e sapere cos'è veramente l'antifascismo?

“Per me no, non si interessano con le fonti vere ma cercano col telefonino (è comprensibile la sua diffidenza verso la tecnologia, ndr). Per questo io vado nelle scuole a far capire i bambini che è un momento brutto, che c'è bisogno che studino, che devono cercare di migliorare la situazione perché sono bambini della terza, quarta, quinta elementare, quindi capiscono. Più di questo non riesco a fare alla mia età”.

È importante allora fare questa formazione ai ragazzi?

Io penso di sì, perché mi fanno capire che gli interessa, mi fanno le domande. Quindi penso che nella loro testa qualcosa ci vada, che seguano.

Quindi questo sarebbe anche un motivo per continuare a coltivare, per mantenere viva la memoria?

“Certo! Perché alla mia età che altro posso fare? Sta alle persone, poi, capire poi cosa succede nel mondo”.

Il documentario “Flora”

A trasportare la storia di questa straordinaria donna fino ad oggi è però soprattutto il film-documentario di Martina De Polo, scritto insieme ad Alex Scorza, “Flora” (Combo Produzioni), nelle sale dal 21 aprile. Interpretato da Deina Palmas nei panni della giovane Monti, è il racconto in prima persona di una tra le più giovani staffette partigiane della Resistenza Italiana che, a soli 12 anni, decide di schierarsi contro il nazifascismo e consegnare segretamente messaggi alle varie cellule della Resistenza sparse nella zona dell’Appennino tosco-emiliano. Parla di lei e del viaggio che ha affrontato nel 1944 per arrivare al campo profughi di Cinecittà, dove ha vissuto per sette mesi insieme alla sua famiglia. Flora ci racconta la Storia dagli occhi di una bimba, una storia di sofferenza e di terrore ma soprattutto di speranza, di determinazione e libertà.

Del film e di che significato abbia oggi questa storia ne abbiamo parlato con la regista Martina De Polo. 

Martina, com’è arrivata a raccontare la storia di Flora?

“Ci sono arrivata tramite il mio co-autore, che aveva conosciuto la storia di Flora nella parte in cui faceva la staffetta partigiana perché era stata inscenata da una compagnia teatrale, la Fraternal Compagnia, che gestisce ogni anno un laboratorio di teatro civile amatoriale su un tema che abbia valenza storico sociale. 

Quando abbiamo sentito di questa giovanissima partigiana che a solo 13 anni aveva fatto questa scelta così coraggiosa, sfuggendo a diversi pericoli, siamo andati a parlare con lei e abbiamo scoperto una parte affascinante che è quella successiva a quella della staffetta. Quando Flora, con la sua famiglia e altre persone, scortate degli Alleati, ripercorre l’Italia passando per Firenze e arrivando al parco sfollati di Cinecittà. Quella di questo luogo era una storia interessantissima, poco sondata dalla storiografia classica. Quindi ci sembrava un film da dover raccontare”.

La locandina del film
La locandina del film

Cos’è stato per lei conoscere Flora Monti e farsi testimone della sua storia?

“Intanto parto dal dire che è stata una produzione lunga e faticosa, come spesso capita in quelle indipendenti. L’abbiamo conosciuta diversi anni fa e da allora ci lavoriamo a stretto contatto. È stato bellissimo incontrarla: la prima volta sono andata a casa sua, in un ambiente molto intimo, dove ho passato svariate ore con lei e mi ha raccontato tutto. Poi anche i ragazzi della troupe si sono tutti molto affezionati a lei. È la classica nonna dolce, molto affettuosa, quindi è stato bello per noi fare questo lavoro con lei, si è creata empatia, tenerezza e noi sentivamo di star facendo qualcosa di importante. Flora è una forza, è incredibile”.

E la scelta di Deina Palmas per interpretare la giovane staffetta partigiana?

“Abbiamo fatto una casting call e hanno risposto veramente molte persone. Poi abbiamo fatto dei provini e devo dire che Deina mi ha colpita particolarmente intanto perché non ha velleità a livello di recitazione sia perché era arrivata con un’idea ben precisa di quello che voleva interpretare e voleva essere in questo film. Conosceva la storia di Flora, si era informata e voleva partecipare al progetto perché si sentiva vicina alle sue tematiche. Ora stanno facendo anche delle iniziative insieme, in zona Bologna, sono super amiche. 

Ma in generale tra tutta la troupe si è creato un legame forte, che nasce dal fatto che questo documentario si basa su un’ideale e valori comuni, qualcosa che si vuol riuscire a tramandare”.

C’era la volontà di portare avanti la memoria personale di Monti che è anche collettiva, storica?

“Certo, per questo abbiamo intervallato la testimonianza storiografica di Flora con altri riferimenti, per riuscire a parlare sia nello specifico ma anche collegarci alla storia più globale. L’idea è proprio quella di rivolgere questo tipo di prodotto alle ragazze e ai ragazzi che hanno l’età di Deina, l’età di Flora allora, cercando di raccontare tutto quello che è stato a chi non ha avuto, per banali ragioni cronologiche, la testimonianza diretta dei propri nonni e avi. Flora diventa così la nonna di tutti”. 

Una scena di "Flora" in Piazza della Signoria a Firenze
Una scena di "Flora" in Piazza della Signoria a Firenze

La stessa Flora va ancora nelle scuole a parlare coi ragazzi…

“Nonostante sia pluri-novantenne non rinuncia ad andare a incontrare i giovani, a raccontare la Storia, non solo la sua. Il documentario vuole solo arrivare dove lei non riesce per motivi geografici e di anzianità”.

I giovani oggi riconoscono il valore e l’importanza dell’antifascismo? 

“Man mano che le generazioni si allontanano da quello che è stato il Ventennio è fisiologico che l’eco dello spauracchio dell’occupazione nazifascista si affievolisca. Credo sia normale. Ma ho molta fiducia nei giovani, nella libertà che loro hanno sperimentato nascendoci insieme. Perciò penso sia difficile che non si oppongano quando e se questa libertà venisse loro tolta. Poi abbiamo visto quanti giovani sono venuti in sala: ragazzi dei licei e delle medie commossi perché sentono questa vicinanza tra la nostra generazione, quella di Deina e quella di Flora. E poi oggi è difficile che succeda qualcosa senza che questo venga denunciato al mondo tramite le nuove tecnologie, di cui i giovani sono i massimi fruitori”. 

Qual è il pericolo allora oggi?

"Io sono molto preoccupata della deriva a destra che sta avendo l’intero mondo, non solo quello occidentalizzato. Però ho fiducia nei giovani, che non si sentono magari vicini a tematiche che sono quelle ‘care’ alla nostra generazione o a quella precedente, ma guardiamo piuttosto a come si stanno muovendo per il clima, per l’ecologia. Io spero che prendano forza e portino avanti con coraggio le rivendicazioni per un mondo più equo e giusto. I diritti passano da quelli personali a quelli umani, dall’antifascismo a quello per un Pianeta sano e pulito”.

Deina Palmas in una scena di "Flora"
Deina Palmas in una scena di "Flora"

C’è chi però la voce del dissenso (inteso come anche solo alternativa) le reprime con la forza…

“Mi preoccupa molto non tanto che queste repressioni ci siano, perché ce le dovevamo aspettare da un governo di estrema destra – checché ne dica la premier, fino all’altro giorno facevano il saluto romano – ma che questo tipo di comportamento, invece che spingere gli italiani a prenderne le distanze, riceva un consenso crescente. Questo perché evidentemente c’è un problema culturale e lì bisogna andare ad agire, cercando di capire qual è la molla che fa scattare il consenso rispetto al mettere a repentaglio diritti (come l’aborto o l’accoglienza degna e solidale) che sono diritti umani fondamentali di tutti, e come tali dovrebbero stare al di sopra di qualsiasi ideologia politica”.