Babbo Natale e la rivincita della renna Rudolph

Da emarginata a prima renna della slitta di Babbo Natale grazie proprio al suo naso rosso, motivo di scherno. La sua storia è un insegnamento di vita

di DOMENICO GUARINO
7 dicembre 2023

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Le nove renne che trainano la slitta di Babbo Natale nell’impegnativo e fondamentale compito di soddisfare con i propri doni tutti i bambini buoni del mondo. C’è chi ha il manto dorato (Vixen e Blitzen note anche come Dixen e Blixen), quella coraggiosa (Dasher), la ballerina (Dance), quella timida (Prancer), quella velocissima che quando corre lascia dietro di sé una scia luminosa (Comet), chi ama cantare (Donner) e chi legge le letterine dei bambini (Cupid). E poi c’è Rudolph. Che non vive in Lapponia con le compagne, ma passa il tempo a esplorare le terre del Polo Nord. Delle nove -Ballerina, Cometa, Cupido, Donato, Donnola, Freccia, Fulmine, Saltarello, questi i nomi italiani- Rudolph è l’ultima arrivata. E la sua è davvero una storia meravigliosa, che ha tanto da insegnarci.

La nascita delle renne di Babbo Natale

Le renne di Babbo Natale compaiono infatti per la prima volta in una poesia natalizia del 1823 intitolata A Visit from St. Nicholas scritta da Clement Clark Moore nel 1823, ma Rudolph fece la sua comparsa solo nel 1939, grazie alla penna di Robert L May, uno scrittore che viveva negli Stati Uniti. Lavorava presso la Montgomery Ward come autore di testi pubblicitari e, in vista delle feste del 1939, gli venne chiesto di scrivere una storia natalizia che avesse come protagonista un animale. Nacque così Rudolph la renna dal naso rosso: la storia venne pubblicata nel periodo natalizio e vendette 2,4 milioni di copie. Quasi dieci anni dopo venne anche prodotti un cortometraggio dedicato che ebbe grandissimo successo e nel 1949 Johnny Marks scrisse e compose una delle canzoni natalizie più famose, Rudolph the Red-Nosed Reindeer.

Fece la sua comparsa solo nel 1939, grazie alla penna di Robert L May

L'arrivo di Rudolph

La storia recita più o meno così: Rudolph viveva al Polo Nord con la sua famiglia, era il più giovane e aveva un naso diverso da tutti gli altri, rosso scintillante, di cui si vergognava moltissimo, anche perché a causa di quel naso veniva continuamente deriso dalle altre renne. Divenuto adulto, decise di proporsi di trainare la slitta di Babbo Natale. Solo che quando giunse vicino, vedendo il suo naso rosso illuminarsi per l’emozione, decise di scartarlo perché temeva che avrebbe impaurito i bambini. Ovviamente la renna ci rimase male, non poteva credere di essere stato scartato proprio a causa del suo naso rosso, ma non potè che accettare la decisione.  Nel frattempo la grande festa si stava avvicinando ma il tempo non prometteva bene, c’erano tempeste all’orizzonte e Babbo Natale era sempre più preoccupato. Come avrebbe potuto portare i regali ai bambini con quel maltempo?! Per trovare una soluzione, tornò al villaggio nel bel mezzo di una tempesta di neve: l’unica cosa che riuscì a vedere fu una luce rossa in lontananza. Si avvicinò e riconobbe Rudolph. Capì che avrebbe potuto salvare il Natale proprio grazie al suo naso rosso luminoso e gli propose di diventare la prima renna della slitta per illuminare la strada. Grazie alla renna dal naso rosso, riuscì a portare i regali a tutti i bambini. Una storia bellissima che ci insegna ad apprezzare le nostre diversità, a non considerarle difetti ma a vederle come unicità che ci rendono preziosi. Insomma, fu proprio grazie alla ‘diversità’ di Rudolph, che il miracolo natalizio potè rinnovarsi. Una lezione morale di altissimo profilo. Spesso sono proprio le persone che etichettiamo come ’strane’ o ‘non conformi’ a migliorare il mondo, offrendo soluzioni impreviste proprio o grazie alle loro peculiari caratteristiche. In un mondo che ci vuole tutti perfetti e performanti, secondo schemi determinati da altri, e canoni imposti da modelli spesso innaturali, una storia ed un personaggio che ci fa ben sperare e ci offre una lettura degli eventi piena di significato. Una bella storia natalizia, da condividere. Perché, se ci pensiamo bene, siamo tutti un po’ Rudolph.