Sharenting, ovvero come i genitori stanno svendendo la privacy dei loro figli sui social media

Dagli influencer alle campagne di comunicazione: siamo sicuri che mostrare i propri bambini online nei loro momenti più intimi o imbarazzanti rientri anche nel loro interesse?

di GIULIA DE IESO
24 febbraio 2025
“Sharenting” è un termine che deriva dalla crasi tra le parole inglesi “share” (“condividere”, in italiano) e “parenting” (“genitorialità”)

“Sharenting” è un termine che deriva dalla crasi tra le parole inglesi “share” (“condividere”, in italiano) e “parenting” (“genitorialità”)

Con i social che ormai sono il nostro pane quotidiano, si parla sempre di più del fenomeno dello “sharenting”, termine coniato nel 2010 dalla crasi tra le due parole inglesi “share” (“condividere”, in italiano) e “parenting” (“genitorialità”, in italiano). Per sharenting, si intende la pratica dei genitori che condividono contenuti sui propri figli su piattaforme Internet. Spesso di parla anche di “oversharenting”, per indicare l’eccessiva e costante sovraesposizione online di bambini e bambine. Molto frequentemente questa esposizione avviene senza il consenso del soggetto ripreso, perché troppo piccolo o non ancora così grande da comprenderne le implicazioni, oppure semplicemente perché il consenso del minore non viene richiesto dal genitore.

Studi sociologici individuano la sharenting come un fenomeno internazionale già a partire dagli anni 2000. Se da una parte, la scrittrice Kumar ha sottolineato che registrare i momenti di vita dei propri bambini non è una pratica nuova (infatti, anche prima dell’avvento di internet, le persone hanno fatto uso di diari, album di ritagli e diari di bordo come mezzo di documentazione), dall’altra c’è da ammettere che oggi, da una azione di “raccolta dei ricordi”, si è passati ad una condivisione (che a volte più essere più grande di quanto ci si immagina) di foto e video della propria vita e di quella dei propri figli come espressione di orgoglio.

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I rischi dello sharenting

Spesso, l’eccessiva divulgazione di informazioni tramite video e foto coinvolge anche parenti e amici. Bisogna tenere a mente che qualsiasi contenuto rappresenta una traccia digitale, che farà parte dell’identità digitale del bambino, futuro adulto. I rischi dell’oversharenting dunque possono essere: violazione della privacy (che sì, è un diritto anche per i bambini e le bambine, come sancito dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati) e dei dati personali (a volte anche sensibili); mancata tutela dell’immagine del bambino; ripercussioni piscologiche sul benessere dei più piccoli, soprattutto quando, una volta cresciuti, i ragazzi e le ragazze dovranno fare i conti con immagini frequenti e intime di loro stessi.

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Inoltre, c’è il rischio che i contenuti postati possano diventare materiali pedopornografici, con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale o strumenti di fotoritocco da parte di terzi. È importante ricordare che ogni volta che si posta una foto o un video online, non si ha certezza del tipo di uso che verrà fatto da altri dei materiali condivisi. Con l'oversharenting e la diffusione di informazioni e dati sensibili poi aumenta il rischio di avvicinamento e adescamento online da parte di pedofili. Per tutelare i propri figli da tutto ciò, è necessario conoscere le politiche della privacy dei vari social, evitare di postare direttamente il volto di bambini e bambine, concordare con i familiari la pubblicazione o meno delle foto dei più piccoli. Inoltre, è sempre importante chiedere il consenso al minore. 

Quando l'infanzia si vive sui social

Nell'era delle influencer, capita spesso di vedere sui propri schermi frammenti di infanzia dei bambini e delle bambine delle nostre o dei nostri pupilli. Il caso più noto è quello dei figli di Chiara Ferragni e Fedez, mostrati sui profili Instagram dei genitori sin da prima della loro nascita fino al divorzio dei due. A volte, nel caso di alcuni volti noti del web, la prole rappresenta un vero e proprio investimento, in termini di pubblicità e sponsorizzazioni con brand che riguardano magari il mondo dell'infanzia. Grazie anche alla diffusione della consapevolezza dei rischi dell'oversharenting, sempre più influencers stanno facendo un dietro front sull'esposizione dei propri figli sui social.

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A partire dal mese scorso, è attiva una campagna di comunicazione istituzionale realizzata dal Garante per la protezione dei dati personali proprio sul tema dello sharenting. Lo spot, in chiave ironica, è composto da immagini in cui un insegnante tiene una lezione ad una classe composta da adulti genitori sui pericoli che derivano dal postare foto e video dei propri figli. Lo slogan è della campagna è emblematico: “La sua privacy vale molto più di un like”