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Chi sono i “news avoiders”, gli evitatori di notizie?

Gli studi iniziati dal Reuters Institute nel periodo della pandemia evidenziano la tendenza in aumento a livello mondiale. Ma cosa spinge a fuggire gli aggiornamenti? E cos’è invece la tendenza oppostya, quello del doomscrolling?

di GUIDO GIODI GUERRERA -
31 marzo 2024
News Avoiders (Reuters Institute)

News Avoiders (Reuters Institute)

Li chiamano ‘news avoiders’, letteralmente evitatori di notizie. Sono persone che si defilano in modo assoluto da qualunque tipo di informazione e, in sostanza, hanno scelto di vivere fuori dal mondo. Ma qual è la ragione principale che determina questo fenomeno?

Secondo studi di livello internazionale, iniziati dal Reuters Institute nel periodo della pandemia, con l’ultimo dei quali svoltosi recentemente a Torino, il motivo prevalente sarebbe da ricercare nella paura di doversi confrontare con le cattive notizie che ogni giorno, purtroppo, ci affliggono, assieme alla difficoltà intrinseca a saper distinguere le fake news dalla corretta informazione.

Quanti sono gli ‘evitatori’ 

Il quadro che emerge è di rilevanza tutt’altro che trascurabile perché sarebbe quasi il 40% della popolazione mondiale ad essere affetta da questa vera e propria sindrome dell’evitamento, con una impennata anche in Italia che dal 28% è passata al 36% nel 2019, per scendere di soli due punti in epoche più recenti.

Dati che fanno particolarmente riflettere sono quelli legati al Brasile dove più della metà della popolazione è disinteressata a qualsiasi forma di aggiornamento sulle cose del mondo. A occuparsi proprio di questa singolare tendenza sono i ricercatori Ruth Palmer, docente all’università di Madrid, Benjamin Toffdel dell’Università del Minnesota e Rasmus Kleis Nielsen, direttore del Reuters Institute for the Study of Journalism, che con il loro libro “Avoiding the news” hanno cercato di individuare i possibili motivi per cui una persona su tre ha deciso di chiudersi in un guscio impenetrabile per non essere turbato dai fatti di cronaca.

I motivi dell’indifferenza

Inadeguatezza di fronte all’enorme mole di notizie riversate a ogni istante sul lettore, timore di non saper leggere in modo corretto la verità, ineluttabilità quasi fatalistica che a priori fa considerare ininfluente il ruolo dell’individuo al cospetto di decisioni planetarie inaccessibili e ineluttabili. Sarebbero questi i maggiori punti vulnerabili presi in considerazione dagli studiosi che hanno concluso come le classi sociali interessate siano le più disparate, seppure con maggiore riferimento a donne e giovani e agli appartenenti alle classi socioeconomiche più penalizzate.

Diseguaglianze sociali 

Quindi ad essere coinvolte sarebbero le fasce più deboli e quelle di estrazione socioculturale disagiata che, per reazione, tenderebbero a proteggersi dal diluvio di notizie servendosi dell’ombrello dell’indifferenza e della esclusione. Meccanismo che secondo le osservazioni fatte durante il confronto torinese porterebbe a esasperare le disuguaglianze e aumentare i privilegi. Quindi, secondo gli analisti, solo una informazione corretta e mirata può tendere a migliorare una situazione così controversa e delicata.

Certamente il prevalere delle comunicazioni attraverso i social media, il fiorire di blog e altre forme di trasmissioni delle notizie hanno prodotto, specie nelle nuove generazioni, un approccio più critico rispetto alle informazioni e un atteggiamento molto diverso rispetto al passato. Si tratta il più delle volte di un tipo di passaparola a cui sembra preferibile dare credito rispetto al presunti, ‘precotti’, messaggi provenienti dal cosiddetto mainstream.

Purtroppo le fonti non sono sempre si rivelano le migliori e le più attendibili: da qui le insidie che piuttosto che essere affrontate con metodo, vengono eluse. In fondo non si tratta di un atteggiamento così originale. Già negli anni 70 ,con le rivoluzioni culturali dei ‘figli dei fiori’, si faceva strada la moda di ‘buttare il televisore’, cosa che si è ripetuta anche negli ultimi tempi per evitare proprio la bulimia da notizie e spettacoli non esattamente di qualità.

Cos’è il doomscrolling

Eppure, curiosamente, accanto al fenomeno dell’evitamento ce n’è un altro, uguale e contrario: quello del doomscrolling, la ricerca compulsiva e compiaciuta delle cattive notizie. Si cercano in rete l’andamento delle guerre e le atrocità ad esse connesse, l’esplodere di nuove epidemie, i disastri di ogni genere, le catastrofi immani, le notizie che riguardano la fine del mondo, le annunciate apocalissi dai millanta profeti di ieri e di oggi. Già dieci anni fa i docenti canadesi Marc Trussler e Stuart Soroka hanno condotto a tal proposito interessanti esperimenti con la tecnica del ‘tracciamento oculare’ su un folto gruppo di studenti. Ebbene, è stato facile stabilire come i movimenti degli occhi dei ragazzi rivelassero senza possibilità di errore il permanere insistito su fatti di cronaca particolarmente impressionanti e su storie dai contenuti decisamente negativi. La cosa buffa è che in una precedente intervista avevano tutti dichiarato all’unanimità di preferire le belle notizie.

Fatto sta che nell’epoca dei ‘clic’ che fanno business , certi strateghi del comunicare queste cose le sanno benissimo e sovente ci speculano. Allarmi maltempo, terremoti di magnitudo spesso insignificante, ‘emergenza siccità’ per il fatto che non piove sa tre giorni: così tanta gente , golosa di sensazioni forti a buon mercato, ci clicca sopra e il gioco è fatto.

Il negativity bias 

I ricercatori, per comprendere meglio la tendenza, hanno invocato il cosiddetto ‘negativity bias’ , mettendo in risalto come il cervello umano tenda sempre a reagire più prontamente a stimoli negativi. Uno studio interessante che neppure in questo caso rappresenta una novità assoluta: basti pensare al gusto di rannicchiarsi sotto le coperte durante un temporale terribile, sapendo che non nessun male ci colpirà o guardare un film horror ben consapevoli di essere perfettamente al sicuro. Un modo perfetto per lambire il male senza doverne patire le conseguenze. Dopotutto è lo stesso poeta latino Lucrezio ad averlo rivelato due millenni fa con queste significative parole: “È dolce guardare dall’altezza di un monte la grande fatica di un altro, mentre i venti sconvolgono le acque del grande mare. Non perché ne provi piacere, ma per il fatto di sapertene perfettamente immune.”