Chiara Gamberale: “Credo molto nell’imperativo greco: conosci te stesso”

La scrittura, “CreaVità” e i progetti futuri: “Nelle mie storie c'è sempre la necessità dei protagonisti di non perdere di vista se stessi. Il prossimo romanzo è molto simile a 'Per dieci minuti'”

di SERENA VOTANO -
21 maggio 2024
Chiara Gamberale

Chiara Gamberale

Abbiamo paura di conoscere noi stessi. Sfuggiamo alla vita, ci nascondiamo dalle nostre passioni e, quando la routine ci inghiotte, fatichiamo a trovare una via d'uscita. Ho incontrato i romanzi di Chiara Gamberale in un momento in cui stavo resistendo al cambiamento, seguendo un percorso senza una guida e con un sogno di cui ero ancora inconsapevole, non avevo mai fatto i conti con la persona che volevo diventare perché il futuro mi spaventava nonostante il desiderio di indipendenza. Ma essere autosufficienti non vuol dire ambire alla solitudine. Nella mia eterna adolescenza, i suoi personaggi mi hanno insegnato che – per quanto spaventoso sia – è inevitabile cambiare almeno tanto quanto è necessario conoscere se stessi, sogni e contraddizioni comprese. Chiara Gamberale sfida il lettore sostenendolo a scavare in profondità e a sciogliere i nodi dei personali dilemmi.

In occasione dell'evento Sky Inclusion Days di lunedì 20 maggio - al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci -, abbiamo intervistato l'autrice Chiara Gamberale per scoprire qualcosa in più di sé, della scrittura e dei progetti futuri.

Chiara Gamberale
Chiara Gamberale

L'intervista a Chiara Gamberale

Cos'è “CreaVità”?

“'CreaVità' è il mio grande amore. Io ho capito prestissimo qual era il mio sogno, fin dal diario di prima elementare, volevo diventare una scrittrice e quel sogno l'ho realizzato, ma capirlo è stato importante. Poi mi sono detta che avrei tanto voluto costruire un'accademia per gli adolescenti, in Italia non c'è, dove dare loro la possibilità, in un mondo funestato - era appena finito il lockdown - e influenzato dalla logica dei social dare uno spazio dove stare in contatto con le loro emozioni, con quelle degli altri, attraverso le arti.

I percorsi principali sono di scrittura creativa e lettura e si fanno con autori come Rosella Postorino, Paolo Di Paolo, Raffaella Lops, oltre me. Ma non solo. A questi corsi sono affiancati dei percorsi di danza e di teatro affidati a Davide Manico – un coreografo che ha lavorato per molti anni alla Scuola Holden -. Poi c'è un percorso attraverso l'arte visiva con Sabina D'Angelosante, un percorso di musica con Marco Guazzone e Pier Cortese, e tanto altro. È un percorso annuale non per diventare scrittori ma per entrare in contatto con noi stessi. È un percorso 'per adolescenti di tutte le età', tant'è che si iscrivono soprattutto persone dai 30 in su. Oltre questo, abbiamo pensato insieme anche a dei weekend intensivi dove dal sabato mattina alla domenica sera proporre una versione intensa del percorso annuale, dove la mattina si fa scrittura creativa e il pomeriggio si fa tanta improvvisazione teatrale, musica e arte, tutto concentrato nel minerale quarantotto. E poi ci sono laboratori tutto l'anno, corsi di scrittura con Antonio Franchini, Laura Cerutti, Emanuele Trevi...

Nelle nostre classi cerchiamo di non avere più di sedici allievi in ​​modo racconto che quell'attenzione, che spesso nelle scuole di scrittura non c'è, qui invece è garantita. Voglio che ognuno tiri fuori la sua voce e diventi fedele alla propria originalità. Il nome del progetto nasce proprio dalla creatività intesa non solo come gesto artistico ma come occasione per essere artefici della nostra vita. Oggi ho paura che ce ne sia poca creatività. Essere creativi significa reagire alle sfide della vita senza soccombere ma appunto inventando soluzioni, come per esempio in 'Per dieci minuti', nel romanzo in cui viene data una soluzione creativa a un problema della vita.”

Nella dimensione quotidiana è come se ci dimenticassimo quali sono gli aspetti più importanti a cui restare connessi. Rimedi?

“Credo molto nell'imperativo greco: conosci te stesso. È molto importante sapere chi siamo, attraverso i percorsi di CreaVità propongo anche questo, e lo propongo da sempre nei miei libri nel senso che nelle mie storie c'è sempre la necessità dei protagonisti di non perdere di vista se stessi. Nonostante le avversità della vita, sapere chi siamo ci consente di andare avanti e di non avere la sensazione di essere vissuti dalla propria vita anziché viverla.”

Nel suo romanzo 'Per dieci minuti' una donna privata dei suoi punti di riferimento, su suggerimento della sua terapeuta, inizia a praticare un esercizio quotidiano: ogni giorno, per dieci minuti, il suo compito consiste nel fare qualche cosa che mai aveva fatto prima. Lei prova ancora fare questo gioco?

“Sempre.”

Il suo primo romanzo, 'Una vita sottile', e anche altri successivi romanzi prendono spunto da vicende autobiografiche. Penso ad autrici come Joyce Carol Oates, Annie Ernaux, che nella scrittura di un romanzo attingono alla loro storia personale. Qual è il confine tra realtà e finzione nella letteratura?

“Credo che abbia ragione Walter Siti quando dice che il realismo è impossibile. La Chiara di 'Per dieci minuti' mi è vicina e allo stesso modo mi è lontana e vicina la Mandorla di 'Le luci nelle case degli altri', nonostante una porti il ​​mio nome e l'altra sia una bambina orfana. Per certi versi mi somiglia molto di più Mandorla, pur essendo un personaggio di finzione, ma anche Chiara è un personaggio di finzione: non è esattamente come me, la Chiara di 'Per dieci minuti' vive ancora con i genitori, mentre io sono andata via di casa a diciotto anni. Anche la Chiara del prossimo romanzo sarà diversa da me. Condividiamo certe caratteristiche ma nel momento in cui si muove attraverso la pagina, nella fase di scrittura è già un tradimento della realtà.”

Chiara Gamberale
Chiara Gamberale

Come nasce una storia, quando riconosce che un evento che sta vivendo può essere un spunto narrativo?

“Mi suona qualcosa dentro. C'è un momento esatto in cui sento il richiamo. Per esempio mentre giocavo a quei dieci minuti (la tecnica a cui si fa riferimento nel romanzo 'Per dieci minuti', ndr) mi è stato subito chiaro che ero già dentro al romanzo. E poi invece per il nuovo libro – in uscita a settembre – è stato diverso: prima mi è venuta l'idea e poi l'ho fatto davvero. Il prossimo romanzo è molto simile a 'Per dieci minuti': di fronte a un problema la protagonista lancia una proposta a se stessa e a chi legge.”

Qualche spoiler sul prossimo romanzo?

“Mi sembra un esordio, sono emozionata come se fosse il primo. Mi è successo con 'Le luci nelle case degli altri', 'Per dieci minuti' e ora questo. Evidentemente sono libri in cui metto qualcosa che non ho mai affidato alla pagina bianca. È un romanzo che viene da un periodo personale molto complesso in cui per la prima volta in vita mia mi sentivo arida dentro, mi dicevo che forse non avevo più storie da raccontare. Non era una sindrome della pagine bianca, forse della vita un po' grigia. E invece no, ho scoperto che non era vero. Come ho detto prima, la protagonista ha il mio nome e si ritrova in una situazione scomoda. Succede che a un certo punto, dopo tanti sogni, si comprende che la vita è una solo, quella che facciamo. La protagonista non riesce ad accettare il fatto che è finita l'adolescenza e quindi va a ricercare i suoi punti di riferimento di quando era adolescente, chiede: 'Come hai fatto ad accettare di crescere?'. Riallaccia rapporti con il suo passato che non si è mai lasciata alle spalle, con cui doveva ancora fare i conti.”

'Qualcosa', l'opera di cui si parlerà nell'ambito dell'evento Sky Inclusion Days, segna la svolta nella sua carriera di scrittrice. Si tratta di un romanzo illustrato per adulti e bambini, un po' come il più recente 'I fratelli Mezzaluna', opere che prendendo spunto da 'Il piccolo principe' hanno un messaggio da condividere anche se letti a distanza di mesi o anni. È stata l'operazione più difficile da scrittrice?

"NO. Ho sempre bisogno di nuove sfide. E 'Qualcosa' è un libro in cui, proprio grazie alla collaborazione con Tuono Pettinato - il fumettista Andrea Paggiaro morto tre anni fa all'età di 44 anni -, io volevo raccontare il vuoto e la necessità di abitare la paura del vuoto, di fare pace con Niente, come dice la protagonista, la Principessa Qualcosa di Troppo. È un libro anche per adulti, una favola morale. Mentre 'I fratelli Mezzaluna' è proprio per ragazzi.”

Secondo i dati Istat solo un giovane su due, in Italia, legge almeno un libro all'anno. Abbattiamo questo stigma: ci consiglia cinque libri da leggere?

“Consigliare dei libri è un po' difficile perché ognuno dovrebbe leggere quello che gli interessa. Se continuiamo a dire 'Bisogna leggere' e a dare un senso morale alla lettura non andiamo da nessuna parte. Bisogna dare alla lettura il suo potere salvifico. Leggere è bello e può salvare delle vite, ha salvato la mia. A chi non ha mai letto un libro io consiglio addirittura l''Odissea', ripartire proprio dal primo libro delle scuole. Oppure a chi fa fatica, perché oggi è proprio la concentrazione che manca, magari un fumetto. Però partire da un fumetto, anche da un videogioco, e cercare un libro su quell'argomento. La lettura non deve essere un obbligo ma deve corrispondere al proprio interesse.”