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Chiesa e famiglia: come conciliare la fede con le relazioni non tradizionali? Ce lo spiega Don Simone

Sacerdote ma anche psicologo e psicoterapeuta, nel saggio “Siamo sempre una famiglia?” parla delle nuove prospettive nella società di oggi, perché “si può e si deve guardare al futuro”

di RICCARDO JANNELLO -
19 aprile 2024
Don Simone Bruno

Don Simone Bruno

Quale il ruolo della famiglia nella società moderna in cui ne esistono più di una fattispecie? E quale la considerazione che ne ha la Chiesa?

Don Simone Bruno – pugliese di Putignano, 49 anni, oltre che sacerdote è psicologo e psicoterapeuta, direttore editoriale delle Edizioni San Paolo e responsabile de “Il Giornalino” – si è interrogato e ne ha tratto un saggio che offre una lettura intensa e agevole che sta suscitando molto interesse fra cattolici e laici e una serie di incontri affollati in tutta Italia. L’opera si intitola “Siamo sempre una famiglia?” e il sottotitolo chiarisce quali argomenti esplora: “Separati, coppie di fatto, nuclei allargati: le nuove prospettive” perché, dice: “Dove c’è una relazione autentica si può e si deve guardare al futuro”.

Don Simone, se le propongo riguardo a questo argomento la parola pregiudizio, che cosa le viene in mente?

“Una figura mentale interna con la quale purtroppo non si lavora facilmente. Perché non è semplice scartavetrare i pregiudizi e metterli in discussione come andrebbe fatto. Bisogna essere capaci di farlo. Anch’io non devo procedere con l’attivazione del mio pregiudizio”.

E contraddizione? Anche questa è una parola molto pesante…

“Sì, e anch’io mi misuro con le mie soprattutto quando riguardano punti molto forti. La modalità deve essere quella di non applicare etichette alle proprie valutazioni e affrontare la contraddizione per esaminare meglio quelle che sono le condizioni e i termini di ogni questione”.

Il concetto di famiglia fuori e dentro la Chiesa 

Come appunto la famiglia, punto dolente a volte di questa nostra società. È così?

“Certo, e sulla famiglia bisogna dialogare sempre con un linguaggio orientato al rispetto di ogni situazione, non violento, forse romantico, ma fondamentale per ogni cristiano”.

La Chiesa è di fronte a un’evoluzione del concetto di famiglia che sembra rivolta più alla laicità: come si comporta ad esempio per le unioni fra divorziati?

“Con le famiglie in seconda unione è un atteggiamento accogliente come ha segnalato il Papa nella sua enciclica ‘Amoris Laetitia’. La parrocchia deve creare pastoralmente quel metodo che Bergoglio ha battezzato con tre verbi: ‘Accogliere, discernere, integrare’”.

Come deve avvenire questo?

“Con ogni coppia che presenta questa condizione il pastore deve fare un discernimento fino a favorire l’integrazione nella comunità”.

E giungere ai sacramenti?

“L’accesso ai sacramenti deve essere realizzato attraverso percorsi al termine dei quali ci potranno essere la penitenza e l’eucarestia. Sono momenti specifici che vanno sempre e comunque cautelati, è necessaria una chiara preparazione”.

Quanto può durare questa preparazione?

“Il giusto tempo, le fughe in avanti fanno male a tutti. Bisogna spiegare bene le cose; io sono stato maltrattao da una persona che mi ha quasi messo le mani addosso per un malinteso su questo percorso”.

Nuove relazioni, vecchi sacramenti 

Ci sono sempre più famiglie formate da conviventi e non da coniugi che hanno contratto matrimonio: come lo spiega?

“Non si può non tenere conto di quella che è la condizione socio economica e socio culturale del momento. Spesso è complesso fare un progetto di vita, sposarsi, mettere al mondo figli quando i contratti di lavoro sono precari, i giovani vengono sfruttati, il mercato immobiliare è difficile e ci sono troppe situazioni farragginose. Tutto questo affiancato alla veicolazione di un messaggio sempre più materialistico e individualistico. Bisogna capire che è necessario decodificare il valore delle relazioni, impegnarsi per fare sì che i sentimenti si affaccino su basi solide”.

E se la crisi di una coppia sposata porta invece al divorzio?

“Il divorzio è di per sé un trauma ma non può portare a un’etichetta morale”.

Il ruolo della Chiesa quale deve essere in questo caso?

“Se smantelliamo un po’ di puzza di sacrestia potrebbe davvero rappresentare un punto di riferimento essenziale attraverso la fede e la ricerca della dimensione di ogni persona. Il messaggio che dà è di una potenza inaudita che non si aggancia solo alle norme, ma cambia, stravolge, trasforma: ti fa entrare in contatto con te e con gli altri e ti fa leggere tutto con luce nuova”.

Come si ottiene questo?

“Veicolando l’autenticità del messaggio evangelico”.

Single e unioni omosessuali 

Don Simone, come la mettiamo con le unioni omosessuali?

“Il Papa ci dice di accogliere la persona e poi di accompagnare la coppia. Ci sono organizzazioni che lavorano in modo esauriente su questo aspetto, come la Cairos di Firenze o il Guado in Lombardia: aiutano le persone a camminare, a scegliere. Ma la dottrina è chiara: non prevede aperture a momenti differenti ma non esclude mai la possibilità di accogliere”.

Quindi singoli assolti e famiglie sempre condannate?

“La persona è persona e nel suo percorso sessuale non possiamo entrare come se fosse un modello matematico, ma un processo di costruzione molto delicato e complesso. Le personalità singole vanno ascoltate, la comunità si occupa di loro e anch’essi si possono innamorare senza escluderli dalla pastorale perché la chiesa cristiana cattolica è universale”.

Senza che si possano sposare?

“Quello no, ma la fede include la teologia della compassione”.

La questione aborto 

Un tema assolutamente chiuso è quello dell’aborto: ci può essere uno spiraglio?

“Pur rispettando chi lo sceglie non si tratta di una modalità di aiuto alla vita, non è mai una scelta per natura”.

Ma è giusto che un medico si rifiuti di praticarlo in nome della propria coscienza?

“Le rispondo da scienziato che si è sempre interessato a questi temi: l’etica permette a un medico di avere la libertà di obiettare. La vita del nascituro non ha colpa”.

È indubbio che la Chiesa appaia in un periodo di forti contrasti fra tradizionalisti e conservatori, fra bergogliani e anti: come se ne esce?

“Sembra quasi che tutta la società, anche la nostra, debba per forza vivere schierandosi uno contro l’altro, spingendosi troppo in avanti o resistendo come se i fondamenti della fede non contassero più nulla. Io penso che bisogna tessere un contato con la reatà: se la ignoro non posso portare avanti il messaggio evangelico. Bisogna saper vivere nella società odierna, sapersi misurare con tutto quello che ci accade, non trincerarsi dietro un qualcosa che escluda la teologia dei sentimenti. E questo Francesco ce lo insegna bene”.