È risaputo, l’amore degli italiani verso il proprio paese è direttamente proporzionale alla quantità di critiche che sono capaci di muovergli contro. “Vedi loro, come sono avanti”, “in Italia non funziona niente”, “siamo davvero indietro anni luce rispetto agli altri”. Su qualcosa però, anche
l’Italia sembra aver sorpassato di gran lunga paesi come Inghilterra, Stati Uniti, Giappone, ma soprattutto Francia: si tratta dell’abitudine delle donne di prendere il cognome del marito una volta sposate.
Cognome del marito, per il 60% degli americani sì
Negli
Stati Uniti sono la maggioranza le donne che, sposandosi, adottano il cognome del marito; scelta spesso dettata da
motivi legali, come l’ottenimento di
prestiti bancari, la stipulazione di assicurazioni, o semplificazioni nell’ottenimento di agevolazioni fiscali.
Negli Stati Uniti la maggior parte delle donne prende il cognome del marito
Secondo un sondaggio dell’
HuffPost, il
60% degli americani intervistati ritiene che una donna dovrebbe prendere il cognome del marito dopo il matrimonio. Tra essi, l'81% sono repubblicani, il 60% democratici ed il 51% indipendenti. In
Giappone è il 99% delle donne interpellate in un sondaggio a dire di preferire il cognome del marito. In Francia la situazione risulta invece paradossale, dove l’opinione comune è che le donne prendono automaticamente il cognome del futuro consorte. Ma è davvero così?
La situazione in Francia
Secondo la
legge, “Il matrimonio non ha nessun effetto sui cognomi degli sposi, che continuano ad avere per solo cognome quello ufficiale, scritto nell’atto di nascita… Tuttavia entrambi i coniugi possono, se lo desiderano, utilizzare quello del partner, aggiungendolo o sostituendolo.” Questo significa che, volendo, i coniugi potrebbero avere dopo il matrimonio quello di entrambi o addirittura il marito potrebbe adottare il cognome della propria
madame. Per questo, il cambio non avviene assolutamente in modo automatico, ma solo per scelta dei coniugi. Se poi l’amore genera una nuova vita, allora le cose divengono ancora più complesse.
In Francia “Il matrimonio non ha nessun effetto sui cognomi degli sposi"
La sentenza della Corte Costituzionale italiana
In Italia infatti, una sentenza del
27 aprile 2022 della Corte Costituzionale dichiara illegittime, oltre che discriminatorie e lesive dell’identità del figlio, le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli. A
Milano nel 2022 oltre
mille famiglie hanno deciso di dare ai propri figli il
sia quello del padre che della madre. All’anagrafe di Milano sono 1616 i piccoli registrati in questo modo, il 16% dei 9876 nati, mentre l’11% ha quello della mamma. Il trend è confermato anche nei primi sei mesi del 2023: su 4610 neonati circa il
16% ha il doppio e il 12% quello della mamma. In Francia invece, una legge approvata sempre nel 2022, introduce tre diverse novità importanti: la possibilità di
aggiungere il cognome della madre come d’uso senza l’autorizzazione del padre (che in Francia è possibile utilizzare quotidianamente). La possibilità di
cambiare il nome di un minore da parte di un giudice; infine, la possibilità di tutti i cittadini maggiorenni di modificare facilmente il proprio cognome attraverso una procedura semplificata.
L'80% dei bambini francesi ha solo il cognome del padre
Nonostante la Francia abbia recentemente introdotto queste tre importanti e rivoluzionarie novità, sembra però che l’80% dei bambini continuino ad avere solo e soltanto il cognome del padre.
Le nostre radici
Le prime tracce della tradizione di assumere il cognome del marito risalgono all’antica Roma dove, secondo il
diritto romano, al momento del matrimonio la moglie prendeva il
cognomen del marito, in quanto atto di assoggettamento della donna alla potestà del marito, la cosiddetta manus. Manus che, conferiva al coniuge uomo pieno potere sulla donna, perfino nella decisione della vita o della morte di essa. Come avviene nella maggior parte dei casi (o almeno dovrebbe essere così) ripercorrere indietro la storia e la tradizione di certi costumi, può essere utile quanto necessario per comprenderne il valore oggi o, al contrario, abbandonare certe abitudini rigidi, nel nome del progresso. La domanda (palesemente retorica) sorge quindi spontanea: sono ancora tempi in cui la donna è identificabile solo come “moglie di…”?.