Due top simili, stessa taglia ma vestibilità diverse

Polemica sui social dopo il post di una ragazza che confronta due top all'apparenza identici, della stessa taglia ma di due brand diversi. La differenza è impressionante

di CATERINA CECCUTI -
8 settembre 2023
Moda

Moda

Polemiche sui social sulle palesi differenze tra i brand del fast fashion. Il post twittato da Sara, una ragazza che mette a confronto in foto due canotte identiche di due noti brand, con la medesima taglia indicata sul cartellino ma di dimensioni visibilmente differenti, riaccende i riflettori sulla questione dell'assenza di regolamentazione dell'attribuzione delle taglie sui cartellini.

Il post: prodotti simili, stessa taglia, vestibilità diverse

“Che taglia porti?” Un tempo rispondere ad una domanda così semplice non sarebbe stato un problema, non avrebbe creato titubanza, ma oggi giorno la questione sembra farsi sempre più delicata. A sollevare una nuova polemica sulle differenze – talvolta davvero notevoli e incomprensibili– che possono esistere tra una misura riportata sul cartellino di un marchio e la medesima riportata su quello di un altro, è stata Sara. Poche ore fa la ragazza ha infatti pubblicato su Twitter una foto che ritrae due top neri, uno di fianco all'altro, apparentemente dello stesso materiale e dello stesso modello, ma di dimensioni decisamente differenti. Eppure la misura indicata è la stessa. “La differenza tra una L di H&M e una L di Zara, ok“, è il commento pungente di Sara che possiamo leggere a didascalia della sua fotografia. In poco tempo il post è diventato virale e ha attirato decine di commenti da parte di utenti che raccontano di aver vissuto la medesima esperienza. “Ormai taglie completamente a caso”, commenta Edda; “Io non capirò mai le taglie di Zara. Porto una S e per me una XS veste come una M. Poi a volte lo stesso capo, stessa taglia (preso doppio) uno veste più largo e l'altro in modo giusto”, scrive Ily.

Come si sono "evoluti" i brand negli anni

Se andiamo a guardare anche marchi storici per i quali esiste ampio mercato nel mondo del vintage, scopriremo che non sono rari i casi in cui lo stesso brand, a distanza di dieci o quindici anni, abbia ridotto in maniera importante i centimetri utilizzati per “calzare” i nostri corpi. Per cui una donna che vestiva una M dieci anni fa, potrebbe ritrovarsi oggi a dover acquistare una L dello stesso marchio, senza essere ingrassata di un grammo. Come è possibile che esistano discrepanze tanto macroscopiche? A quanto pare il motivo è da ricercarsi nell'assenza di una codificazione universale delle taglie. Con certi brand indossiamo una misura, con altri un'altra diversa; in alcuni casi persino lo stesso marchio riporta differenze tra il passato - quando evidentemente gli standard di bellezza muliebre erano più morbidi - ed il presente, nel quale la società spinge le ragazze che vogliono indossare una S a dimagrire fino quasi a scomparire.
taglia-vestibilita-brand

L'evoluzione dei brand negli ultimi dieci anni

Analizzando la questione da vicino, dunque, possiamo intuire che alla base delle decisioni riguardanti i centimetri di tessuto assegnati ci siano decisioni arbitrarie – ed economicamente convenienti - assunte dal singolo brand.

L'impatto della crisi sul fast fashion

La crisi globale dovuta a Covid e guerra in Ucraina, sembrerebbe aver portato alcuni colossi del fast fashion ad economizzare sull'uso delle stoffe: anche solo pochi millimetri di tessuto, sui milioni di indumenti prodotti ogni giorno, possono portare un risparmio di migliaia di metri. “Basterà provarsi una più grande”, potrebbero pensare a questo punto i più. Ma la questione potrebbe non essere così semplice, soprattutto se ad affrontarla sono ragazze giovanissime, spesso vittime di un mondo (virtuale) che pretende bellezze filiformi in taglie minime e che, sfortunatamente, può provocare stress emotivo sufficiente da produrre disturbi alimentari e depressione.