“Perché dono”: le ragioni dietro un gesto che dura nel tempo

Che sia un gesto “di testa” o “di cuore”, donare in maniera continuativa ad un’organizzazione impegnata nel sociale regala forti emozioni. Il 26 ottobre a Milano sarà presentato il libro curato dalla giornalista Daria Capitani

di CATERINA CECCUTI
25 ottobre 2024
La giornalista Daria Capitani

La giornalista Daria Capitani

È una questione di fiducia. Il legame che esiste tra un donatore ricorrente e l’organizzazione del terzo settore oggetto del suo interesse si basa fondamentalmente su questo. Ma le cause che lo portano a scegliere e, soprattutto, a perseverare nel sostegno verso un’associazione piuttosto che un’altra possono essere varie. Se lo è chiesto la redazione di VITA, piattaforma al servizio del terzo settore, dell’innovazione sociale e dell’attivismo civico, che ha promosso una vera e propria indagine sul tema, raccogliendo la testimonianza di 50 donatori fedeli appartenenti a 26 associazioni diverse.

L’impresa sociale VITA, tra l’altro, compie 30 anni e oggi dà il via alla due giorni di eventi, salutata anche dal presidente della Repubblica Mattarella.

Un lavoro lungo, meticoloso, ma soprattutto di grande interesse - non soltanto per le associazioni – curato dalla giornalista Daria Capitani e riportato nel libro “Perché dono?”, che VITA presenterà per la prima volta il prossimo 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, in occasione della due giorni di celebrazioni del trentennale della piattaforma. A partire da quel momento il libro sarà scaricabile a titolo gratuito sul sito di VITA. Abbiamo rivolto alcune domande a Daria Capitani, per scoprire insieme a lei le motivazioni che stanno alla base del gesto del donare, dal momento in cui nel donatore scocca la scintilla.

VITA compie 30 anni
VITA compie 30 anni

Dottoressa Capitani, da dove nasce l’esigenza di raccogliere le testimonianze contenute nel libro? “L’idea è nata a novembre del 2023 su impulso del comitato editoriale di VITA. Le associazioni del mondo no profit avevano esigenza di conoscere meglio i donatori economici continuativi, per indagare cose c’è nella testa e nel cuore di chi compie questo gesto solidale ricorrente, non solo da un punto di vista razionale, dunque, ma anche sentimentale. Abbiamo quindi dato vita ad una ricerca tramite interviste singole one to one, che rappresenta una novità nel settore. In merito al giving sono infatti disponibili diverse statistiche, ma non esiste praticamente niente che indaghi il punto di vista qualitativo sui donatori. Abbiamo individuato 50 donatori di età compresa tra i 20 e gli 80 anni, con particolare attenzione alla fascia di età centrale, che donano regolarmente a 26 importanti sigle del terzo settore italiano. Minimo comune denominatore tra gli intervistati è stato che fossero regolari nelle donazioni da almeno un anno e che effettuassero un versamento di almeno dieci euro al mese. A tutti è stata posta una griglia di domande appositamente costruite in parte da Vita, in parte in collaborazione con le associazioni. Ogni intervista non è durata mai meno di 30 minuti, a volte è stato necessario anche un secondo contatto, di modo da poter conoscere e raccontare in maniera efficace la storia del donatore in questione. Gli abbiamo chiesto, per esempio, perché ha iniziato a donare, se esiste una connessione tra la propensione a donare e a svolgere attività di volontariato, cosa lo porterebbe a donare di più e cosa lo porterebbe a smettere di farlo. E ancora “Cosa provi quando doni? Quale impatto vuoi creare?” ecc. Ci siamo anche interrogati su quali possano essere i pilastri su cui si basa la donazione: deducibilità, stati d’animo quando parte il bonifico e così via. Lo scopo è stato quello di restituire un racconto corale, nel quale i donatori si presentano sotto forma anonima e con nomi di fantasia, mostrando però il proprio punto di vista e ponendo uno zoom di precisione sopra il singolo intervistato, perché ogni persona ha un vissuto personale ed emozioni diverse”.

Insomma una vera e propria indagine giornalistica… “Esatto, svolta in profondità. Al di fuori della griglia di domande, nel libro c’è una parte dedicata alle storie: ne ho scelte 10 particolarmente rappresentative delle emozioni. Il gioco è stato raccontare attraverso il loro vissuto, le loro motivazioni ed emozioni un ritratto di dieci donatori, che ho suddiviso in cinque donatori di cuore e cinque di testa. I giver possono modificare nel tempo le proprie motivazioni e partire, per esempio, dal desiderio di ricordare qualcuno che non c’è più, oppure da un grande dolore che fa nascere un impatto positivo, o ancora dal credere fortemente in una causa specifica. Per esempio, un donatore intervistato ha come obiettivo quello o di portare acqua nei paesi in cui la sopravvivenza è a rischio, e dona regolarmente ad organizzazioni impegnate nella costruzione di pozzi. Un altro esempio può essere la ricerca scientifica, il desiderio di proteggere chi si ama da malattie che abbiamo incontrato nella nostra vita, per cui vogliamo che la ricerca prosegua per evitare che qualcosa si ripeta. Altre persone, invece, hanno storie e percorsi professionali molto razionali: per lavoro si occupano di numeri, sono caratterialmente precisi, per cui il giorno che decidono di donare sono mossi da qualcosa di istintivo; la razionalità in questi casi subentra dopo, quando sentono che l’aspetto razionale insito nel loro gesto non deve essere disatteso. Tra gli intervistati, insomma, abbiamo riscontrato molti punti di somiglianza ma anche tante differenze. C’è poi anche chi è beneficiario e donatore insieme, per esempio chi fruisce della stessa associazione che sostiene (aiuto agli anziani, malati seguiti a domicilio ecc.), e tocca dunque con mano il miglioramento della qualità di vita delle persone bisognose di cui l’organizzazione si occupa, divenendo di conseguenza donatore”.

La cover del libro "Perché dono" curato da Daria Capitani
La cover del libro "Perché dono" curato da Daria Capitani

Dal suo meticoloso lavoro è emerso un identikit del donatore? Uomini e donne scelgono mediamente di sostenere cause diverse? “Un identikit del donatore tipo è difficile da stabilire. Alcune donne sono vicine alla causa dell’infanzia e a quella degli animali, ma possono esserlo anche uomini insospettabili. Abbiamo intervistato in modo equo maschi e femmine di varie età e tutti sostengono in maniera piuttosto simile una o l’altra causa. Ho per esempio trovato molti donatori impegnati nei confronti di più di una associazione. La verità è che il modo con cui l’associazione comunica col donatore è ciò che fa la differenza; ogni donatore cerca a suo modo il senso di appartenenza, ha bisogno di sentirsi parte di un ente più grande capace di portare avanti la causa in cui crede. Indubbiamente, il donatore desidera trovare elementi che sostengano la continuità; in questo senso credo che la survey potrà essere di grande utilità alle associazioni per comprendere quali siano questi elementi”.