Cry Room, dove rendere tangibile l’invisibile senza vergognarsi di ciò che si prova

Uno spazio sicuro dove esternare le emozioni osservando una video installazione sul soffitto comodamente distese sui cuscini nel pavimento. Il workshop a Milano per la giornata della salute mentale

di CHIARA CARAVELLI -
25 ottobre 2024
La Cry Room a Milano

La Cry Room a Milano

Cuscini bianchi per terra, panni bianchi lungo le pareti e un pannello sopra al quale viene proiettato un cortometraggio. Si presentava così la Cry Room (o stanza del pianto) in Fondazione Sozzani a Milano, creata il 10 ottobre in occasione della giornata internazionale dedicata alla salute mentale. L’iniziativa – un po’ insolita e curiosa – è stata organizzata da CIAOMONDO, realtà milanese nata nel 2021 dalla passione dell’imprenditrice Licia Florio per il benessere olistico e tutto ciò che riguardo l’equilibrio tra mente e corpo.

L’ingresso alla Cry Room, completamente gratuito e alle 19 si è tenuto un workshop sulle emozioni condotto dagli psicologi Teresa Giannoni e Pietro Tebaldi. L’obiettivo del progetto, organizzato in un’occasione così importante, era dare una forma tangibile a ciò che spesso rimane inespresso per tanti motivi diversi. La stanza voleva rappresentare uno spazio sicuro dove poter provare emozioni diverse senza imbarazzi o pregiudizi. Ad aiutare i partecipanti a “tirare fuori” le loro sensazioni – positive e negative – ci ha pensato Vittorio Bonaffini.

Erano suoi i filmati proiettati sul pannello al centro della Cry Room: una video installazione in cui il regista ha ricercato le espressioni delle emozioni in tutti i suoi lavori passati, creando un racconto visivo in cui vengono riconosciute. Un incendio, un ragazzo che piange, una donna che balla. E poi ancora il silenzio di una montagna, le strade di una città del Giappone, il mare. Tutti elementi che avevano l’obiettivo di “rendere tangibile l’invisibile”, di toccare corde magari sconosciute alle persone che hanno deciso di entrare nella Cry Room e mettersi alla prova.

Per gli emotivamente instabili, entrare in quello spazio è stata una dura prova. I partecipanti, seduti per terra sui cuscini, hanno potuto lasciarsi andare alle emozioni, ridere e piangere, emozionarsi davanti ai filmati, senza chiedersi il motivo. Perché il mare mi fa sorridere? Perché il silenzio di un bosco mi fa pensare a mia mamma? Sono solo alcuni esempi dei pensieri di chi ha guardato quei video, seduto in una stanza bianca a chiedersi perché all’esterno, nel mondo fuori, le emozioni siano viste come qualcosa da tenere nascoste. È stata un’occasione per capire un po’ meglio se stessi e, per chi c’è riuscito, anche abbassare la maschera che si indossa tutti i giorni.