Ha trent’anni, un sorriso luminoso e irresistibile, si trova alle Hawaii e sta facendo il giro del mondo. In tempi di Covid, di guerra. E in carrozzina. Perché Giulia Lamarca, undici anni fa, è scivolata da uno scooter. E da allora la sua vita è cambiata. Non può più correre, o giocare a tennis: in compenso, ha deciso di prendere ogni difficoltà come una sfida, quasi come un’occasione. E ha deciso di viaggiare, di vivere, di sorridere. Di sposarsi, di mettere al mondo una bellissima bambina che si chiama Sophie. Ci sono dodici ore di fuso orario differente, alle Hawaii. La chiamiamo che è, per lei, mattina presto. Ma risponde piena di entusiasmo. "È il primo vero viaggio che facciamo, Andrea – mio marito – ed io, dopo i due anni di Covid. Abbiamo fatto Milano/San Francisco/Hawaii. E non è che l’inizio. Il progetto è il giro del mondo". Giulia non scherza. In questi anni, il suo profilo Instagram si è riempito di foto da tutti gli angoli del mondo: immagini piene di vita, di sorrisi, di colori.
Giulia, ha voglia di raccontare il giorno che divide la sua vita fra un prima e un dopo? "Era il 7 ottobre 2011. Ero in scooter dietro a un ragazzo: siamo scivolati, niente di particolarmente strano. Se non che mi sono rotta la schiena, e da allora sono rimasta in carrozzina. Avevo diciannove anni. Non sono andata in coma, sono sempre rimasta vigile, cosciente". Come ha affrontato la cosa? "Hai solo due strade davanti a te: o la accetti, o la rifiuti. Io l’ho accettata. Ci sono e ci saranno sempre giorni in cui la cosa ti pesa di più. Ma ho trovato il mio equilibrio, ho trovato la mia serenità e spesso la mia gioia". Come andò con il fidanzato di allora? "Molto male! Non stavamo propriamente insieme, ma dopo l’incidente mi ha lasciata. In fondo è stata la mia fortuna: in ospedale ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, Andrea". E da allora ha rivoluzionato la sua vita. "Sì: sono diventata forse più ambiziosa, più esigente. Prima volevo solo diventare una istruttrice di tennis: dopo ho desiderato tantissime cose, mi sono messa a studiare psicologia, sono diventata esigente verso me stessa". Come è nata la passione per il viaggio? "Per gioco. Andrea mi ha detto: quando esci dall’ospedale, andiamo in Australia, così prendi una boccata d’aria. Io per scherzo gli ho detto sì. E poi lo abbiamo fatto davvero". E da quel momento... "Da allora ogni scusa era buona per prendere un volo. Dopo un po’, il blog e i nostri social hanno cominciato ad attirare sempre più gente, e abbiamo trovato il coraggio di abbandonare i rispettivi lavori e di fare del viaggio un lavoro vero e proprio". Lei racconta i suoi viaggi in un modo molto originale… "Sì, non racconto le 5 spiagge più belle o i 10 ristoranti migliori. Racconto le mie emozioni. Ho sempre intuito che alla gente mancasse soprattutto questo, il racconto delle emozioni delle persone". Parliamo dei problemi che incontrano le persone con disabilità fisiche nei viaggi… "Sono mille: molte compagnie aeree sono ancora impreparate, quando fai il biglietto e devi comunicare che sei in carrozzina in molti siti diviene impossibile farlo. In aereo occorre una carrozzina speciale, più sottile: dovrebbero averle tutti gli aeroporti e tutte le compagnie aeree. E naturalmente non è così". Non sono solo gli aerei che creano difficoltà, immagino. "No. Ma spesso mi arrangio, non mi do per vinta. Se dovessi fare solo le cose ‘accessibili’ sarei arrabbiata e triste tutto il tempo. Se non troviamo un hotel accessibile, prendo una sedia di plastica e faccio la doccia sulla sedia di plastica. Ho scelto di non farmi abbattere da niente". Il mondo è lontano da una accessibilità totale. "Sì. La soluzione per ora è arrangiarsi: se viaggio da sola, io non ho problemi a chiedere aiuto. Non bisogna arrendersi mai. Anche in Italia, ci sono tanti progetti bellissimi, si stanziano molti soldi, ma quando sono andata a controllare i progetti di tante associazioni, in accordo con le amministrazioni comunali, mi sono accorta che in moltissimi casi non era stato fatto niente. Progetti del comune, dello Stato, di singole aziende: vedo siti ‘in aggiornamento’ da anni. Mi prende la rabbia". Gli sguardi della gente cambiano? "L’ho vista, eccome, la differenza fra il prima e il dopo. I primi anni l’ho vissuta male, quegli sguardi che dicono ‘poverina questa qua!’. Invece adesso sono cambiata io. Prima guardavo impaurita, come se fossi in colpa. Adesso sono serena, sorrido di più alla gente e quegli sguardi da ‘poverina’ non ci sono più, o non li vedo più". Viaggiare con una disabilità fisica impone anche dei costi diversi? "Sì. Quello che pesa di più sono gli hotel. Noi non siamo esigenti, non viaggiamo da ricchi: ma per gli hotel l’accessibilità esiste solo da tre stelle in su. È difficile trovare un ‘due stelle’ accessibile. E fare una doccia in modo decente è necessario. Anche in barca, quando si parla di mare, esistono barche ‘accessibili’, ma i costi sono spesso diversi. E allora vado in tutti i tipi di barche, e in qualche modo ci salto su". La conquista più recente? "A Bali ho fatto immersioni! Addestrata da un ragazzo che sa come insegnare a fare immersione a una persona come me". Sta facendo di tutto… "Mi sono detta: questa vita è una, e voglio vivermela tutta!". Che cosa ama oltre ai viaggi? "La scrittura. E il cibo. I dolci! E Sophie e Andrea, che mi ha conosciuta così fin dall’inizio, che mi ha amata e continua ad amarmi per quello che sono. Ci sono alti e bassi, come in tutte le coppie, ma c’è amore, c’è la voglia di stare insieme, c’è un futuro che vediamo insieme".Visualizza questo post su Instagram