Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Evento 2022
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » “La famiglia numerosa non è un peso ma un sostegno, perché è una comunità basata sull’educazione. Come l’università”

“La famiglia numerosa non è un peso ma un sostegno, perché è una comunità basata sull’educazione. Come l’università”

Sabina Nuti, sposata, madre di quattro figli dirige la Scuola Sant'Anna di Pisa: "Divenni mamma a 29 anni, forse qualche collega mi avrà superata, ma la maternità mi ha dato forza per raggiungere gli obiettivi. Ho nostalgia di quando infilavo la maglietta a tutti, la mattina. Non conta quanto tempo si passa coi figli, ma la sua qualità"

Elisa Capobianco
9 Maggio 2021
Share on FacebookShare on Twitter

È al timone della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa da due anni e la sua presenza ha permesso all’ateneo, che continua a scalare posizioni nella classifica mondiale delle giovani università, di poter vantare anche un altro primato: quello di avere una rettrice. Ma Sabina Nuti non è ‘soltanto’ questo. È anche moglie e mamma. Sotto il suo sguardo “amorevole ma autorevole” sono cresciuti quattro figli, diventati le tessere più preziose nel mosaico della sua carriera accademica. Sì, perché il successo senza l’amore della famiglia avrebbe un gusto assai meno dolce.

Sabina Nuti, rettrice della Scuola di studi superiori Sant’Anna di Pisa

Rettrice, la sua vita sembra un incastro perfetto tra affetti e lavoro. Ci riveli il suo segreto.
«Non ho una ricetta che vada bene per tutti (sorride, ndr), ma posso svelarvi la mia. Partiamo da un assunto: la famiglia è stata la mia forza. Devo ringraziare di avere accanto un marito eccezionale che ha rispettato profondamente la mia voglia e possibilità di crescita. Un compagno con cui ho condiviso le responsabilità genitoriali, arrivando allo sviluppo armonioso di entrambi. Ben presto ho capito, infatti, che l’equilibrio emotivo, affettivo era fondamentale, e che poteva influenzare positivamente anche tutto il resto. Per me è stato molto importante prendermi cura dei miei figli (tre maschi e una femmina oggi rispettivamente di 32, 30, 27 e 24 anni, ndr) sin da piccoli. Così ho ’accettato’ di avere tempi differenti nella carriera magari rispetto ai colleghi maschi. Però ho scoperto che se si rallenta in alcune fasi della vita da quel tempo si può trarre una tale iniezione di energia… insomma non è mai tempo perso. Sì, forse qualche collega sarà diventato associato ordinario prima di me, ma la forza generata dalla maternità è stata determinante poi per proseguire il mio cammino e raggiungere i miei obiettivi».

Dunque la famiglia non è stata un ostacolo alla carriera?
«No, al contrario. Ho avuto il primo bambino a 29 anni mentre ero ricercatrice all’università Bocconi. Mi trovavo in Guatemala con mio marito per seguire un progetto di cooperazione allo sviluppo. Lì è nato anche il secondogenito. È stata un’esperienza straordinaria, bellissima che ci ha fatto maturare tanto. Siamo rientrati in Italia dopo due anni, io ho ripreso servizio alla Bocconi dove ho lavorato fino al 2000 circa. E poi ho iniziato a collaborare in modo sempre più forte con la Scuola Sant’Anna, diventando professore associato ordinario e via fino ad arrivare a oggi».

Innegabile però che quattro figli siano una bella sfida.
«Era proprio il nostro desiderio. ‘Tanti’ per creare determinate situazioni di sviluppo. C’è da dire, infatti, che una famiglia numerosa diventa una comunità educante. I fratelli aiutano, condividono con i genitori il ruolo educativo. Sembra incredibile, ma questa condizione può addirittura facilitare la vita del nucleo. Io stessa vengo da una famiglia numerosa. Mia madre ha sempre lavorato, era una genetista vegetale, mio padre un docente universitario. Sono terza di cinque figli. Sicuramente la mia impostazione deriva anche dalle mie origini, da quanto ho vissuto io da bambina e da ragazza. Mia mamma è stata davvero rivoluzionaria. Lei era una donna in gambissima: ci ha cresciuto con l’idea che potevamo osare, potevamo fare, che eravamo liberi di decidere della nostra esistenza. Ci ha fatto capire che dipendeva da noi riuscire a conciliare vita affettiva e vita professionale. Anche perché solo la combinazione, secondo me, può aiutare a essere felici. Una grande carriera senza un equilibrio da un punto di vista emotivo potrebbe non essere completamente appagante».

Rettrice, lei ha il dono di riuscire a far apparire tutto così semplice…
«Sono partita da uno straordinario esempio familiare. Dall’esempio della mia mamma che si era ben organizzata con noi bambini, trovando una tata inglese per farci imparare la lingua sin da piccolissimi. Il tutto sempre lavorando e crescendoci nell’idea di volerci rendere autonomi e indipendenti, capaci di costruire il nostro futuro. Oggi invece noto che spesso sono le ragazze stesse a frenarsi, ad aver paura di non farcela forse addirittura della fatica fisica, dell’impegno. Ovviamente i risultati si raggiungono con la voglia di fare. Nessuno nega, certo, che sia difficile anche perché ci si scontra con un mondo che non dà nulla per scontato e nel quale bisogna costantemente dimostrare quale sia il nostro valore. Però alla fine è molto importante il modo in cui la persona si pone davanti a queste sfide. È importante cioè partire dall’idea che ce la possiamo fare. Siamo donne capaci che possono donare tanto. Io ammetto di aver avuto la fortuna di essere cresciuta da genitori che hanno creduto molto in noi figli, dandoci quella sicurezza affettiva che serve per avere la serenità giusta per affrontare un mondo che può essere anche molto ostile».

Sabina Nuti, rettrice della Scuola di studi superiori Sant’Anna di Pisa

E i suoi figli hanno apprezzato questo modello?
«Credo che siano molto orgogliosi della loro famiglia. Sono già tutti fuori dal nido (sorride, ndr), ognuno ha intrapreso con successo la propria strada. Ripensandoci, il periodo in cui i bambini, piccoli, stanno a casa nell’arco della vita di un genitore alla fine è davvero breve sebbene la sua intensità lo possa far sembrare infinito. A volte non ce lo godiamo come dovremmo a causa della fatica, della stanchezza. Quando poi i nostri ragazzi spiccano il volo, vanno via per l’università, per il lavoro… il rapporto con mamma e papà cambia, diventa un rapporto di confronto. Allora si ha davvero la sensazione che sia finita un’epoca. Devo confessare che la nostalgia di quando li avevo tutti e quattro intorno, di quando la mattina li mettevo in rassegna per infilargli la maglietta, un po’ c’è. Sono dei momenti unici e molto divertenti, di giochi e grandi risate».

Si è mai trovata al famigerato bivio, davanti alla scelta di dover rinunciare agli affetti o al lavoro?
«Scelte definite mai. Ci sono stati momenti della mia vita in cui posso aver dato priorità a una sfera piuttosto che a un’altra, ma mai perdendo di vista l’obiettivo. Le donne devono lottare per essere in grado di mantenere entrambe le dimensioni, proprio per non essere condannate all’infelicità. Devono riuscire a trovare e conservare questo tipo di equilibrio».

Qual è la situazione delle mamme in Italia?
«Le cose stanno migliorando. Ben vengano le politiche a sostegno della maternità e, più in generale, della genitorialità. Sì, perché il problema si pone anche per i giovani uomini proprio per questo necessario gioco di equilibrio e di condivisione nella coppia. Più equilibrio uguale più felicità. Resta ancora molta strada da fare e ci sono ambiti professionali in cui gli ostacoli per le mamme sono più o meno visibili ma evidenti».

Ma lei che mamma pensa di essere stata e di essere?
«Esigente, ma anche gioiosa, affettuosa e forse anche autorevole in certi momenti. Alle donne dico di avere coraggio, di osare, di non aver paura delle loro ambizioni. Perché la vera felicità non può passare per la rinuncia al desiderio di costruire una famiglia. È importante che le mamme che lavorano però non abbiano sensi di colpa. Io sono convinta che conti la qualità del tempo trascorso con i figli, non tanto la quantità».

Potrebbe interessarti anche

Alice Campello (Instagram)
Spettacolo

Alice Campello e il dramma subito dopo il parto: “Ho rischiato di perdere l’utero”

28 Gennaio 2023
Harpreet Chandi
Lifestyle

Fino al Polo Sud da sola: il nuovo record di Harpreet Chandi. “Credete sempre in voi stessi”

26 Gennaio 2023
Maggie Maurer, il suo nome completo è Margaret Joy ed è nata nel 1990 nello stato di New York
Lifestyle

Maggie Maurer e il post mentre allatta la figlia nel backstage dello show couture di Schiaparelli

27 Gennaio 2023

Instagram

  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
È al timone della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa da due anni e la sua presenza ha permesso all’ateneo, che continua a scalare posizioni nella classifica mondiale delle giovani università, di poter vantare anche un altro primato: quello di avere una rettrice. Ma Sabina Nuti non è ‘soltanto’ questo. È anche moglie e mamma. Sotto il suo sguardo "amorevole ma autorevole" sono cresciuti quattro figli, diventati le tessere più preziose nel mosaico della sua carriera accademica. Sì, perché il successo senza l’amore della famiglia avrebbe un gusto assai meno dolce.
Sabina Nuti, rettrice della Scuola di studi superiori Sant'Anna di Pisa
Rettrice, la sua vita sembra un incastro perfetto tra affetti e lavoro. Ci riveli il suo segreto. «Non ho una ricetta che vada bene per tutti (sorride, ndr), ma posso svelarvi la mia. Partiamo da un assunto: la famiglia è stata la mia forza. Devo ringraziare di avere accanto un marito eccezionale che ha rispettato profondamente la mia voglia e possibilità di crescita. Un compagno con cui ho condiviso le responsabilità genitoriali, arrivando allo sviluppo armonioso di entrambi. Ben presto ho capito, infatti, che l’equilibrio emotivo, affettivo era fondamentale, e che poteva influenzare positivamente anche tutto il resto. Per me è stato molto importante prendermi cura dei miei figli (tre maschi e una femmina oggi rispettivamente di 32, 30, 27 e 24 anni, ndr) sin da piccoli. Così ho ’accettato’ di avere tempi differenti nella carriera magari rispetto ai colleghi maschi. Però ho scoperto che se si rallenta in alcune fasi della vita da quel tempo si può trarre una tale iniezione di energia... insomma non è mai tempo perso. Sì, forse qualche collega sarà diventato associato ordinario prima di me, ma la forza generata dalla maternità è stata determinante poi per proseguire il mio cammino e raggiungere i miei obiettivi». Dunque la famiglia non è stata un ostacolo alla carriera? «No, al contrario. Ho avuto il primo bambino a 29 anni mentre ero ricercatrice all’università Bocconi. Mi trovavo in Guatemala con mio marito per seguire un progetto di cooperazione allo sviluppo. Lì è nato anche il secondogenito. È stata un’esperienza straordinaria, bellissima che ci ha fatto maturare tanto. Siamo rientrati in Italia dopo due anni, io ho ripreso servizio alla Bocconi dove ho lavorato fino al 2000 circa. E poi ho iniziato a collaborare in modo sempre più forte con la Scuola Sant’Anna, diventando professore associato ordinario e via fino ad arrivare a oggi». Innegabile però che quattro figli siano una bella sfida. «Era proprio il nostro desiderio. ‘Tanti’ per creare determinate situazioni di sviluppo. C’è da dire, infatti, che una famiglia numerosa diventa una comunità educante. I fratelli aiutano, condividono con i genitori il ruolo educativo. Sembra incredibile, ma questa condizione può addirittura facilitare la vita del nucleo. Io stessa vengo da una famiglia numerosa. Mia madre ha sempre lavorato, era una genetista vegetale, mio padre un docente universitario. Sono terza di cinque figli. Sicuramente la mia impostazione deriva anche dalle mie origini, da quanto ho vissuto io da bambina e da ragazza. Mia mamma è stata davvero rivoluzionaria. Lei era una donna in gambissima: ci ha cresciuto con l’idea che potevamo osare, potevamo fare, che eravamo liberi di decidere della nostra esistenza. Ci ha fatto capire che dipendeva da noi riuscire a conciliare vita affettiva e vita professionale. Anche perché solo la combinazione, secondo me, può aiutare a essere felici. Una grande carriera senza un equilibrio da un punto di vista emotivo potrebbe non essere completamente appagante». Rettrice, lei ha il dono di riuscire a far apparire tutto così semplice… «Sono partita da uno straordinario esempio familiare. Dall’esempio della mia mamma che si era ben organizzata con noi bambini, trovando una tata inglese per farci imparare la lingua sin da piccolissimi. Il tutto sempre lavorando e crescendoci nell’idea di volerci rendere autonomi e indipendenti, capaci di costruire il nostro futuro. Oggi invece noto che spesso sono le ragazze stesse a frenarsi, ad aver paura di non farcela forse addirittura della fatica fisica, dell’impegno. Ovviamente i risultati si raggiungono con la voglia di fare. Nessuno nega, certo, che sia difficile anche perché ci si scontra con un mondo che non dà nulla per scontato e nel quale bisogna costantemente dimostrare quale sia il nostro valore. Però alla fine è molto importante il modo in cui la persona si pone davanti a queste sfide. È importante cioè partire dall’idea che ce la possiamo fare. Siamo donne capaci che possono donare tanto. Io ammetto di aver avuto la fortuna di essere cresciuta da genitori che hanno creduto molto in noi figli, dandoci quella sicurezza affettiva che serve per avere la serenità giusta per affrontare un mondo che può essere anche molto ostile».
Sabina Nuti, rettrice della Scuola di studi superiori Sant'Anna di Pisa
E i suoi figli hanno apprezzato questo modello? «Credo che siano molto orgogliosi della loro famiglia. Sono già tutti fuori dal nido (sorride, ndr), ognuno ha intrapreso con successo la propria strada. Ripensandoci, il periodo in cui i bambini, piccoli, stanno a casa nell’arco della vita di un genitore alla fine è davvero breve sebbene la sua intensità lo possa far sembrare infinito. A volte non ce lo godiamo come dovremmo a causa della fatica, della stanchezza. Quando poi i nostri ragazzi spiccano il volo, vanno via per l’università, per il lavoro… il rapporto con mamma e papà cambia, diventa un rapporto di confronto. Allora si ha davvero la sensazione che sia finita un’epoca. Devo confessare che la nostalgia di quando li avevo tutti e quattro intorno, di quando la mattina li mettevo in rassegna per infilargli la maglietta, un po’ c’è. Sono dei momenti unici e molto divertenti, di giochi e grandi risate». Si è mai trovata al famigerato bivio, davanti alla scelta di dover rinunciare agli affetti o al lavoro? «Scelte definite mai. Ci sono stati momenti della mia vita in cui posso aver dato priorità a una sfera piuttosto che a un’altra, ma mai perdendo di vista l’obiettivo. Le donne devono lottare per essere in grado di mantenere entrambe le dimensioni, proprio per non essere condannate all’infelicità. Devono riuscire a trovare e conservare questo tipo di equilibrio». Qual è la situazione delle mamme in Italia? «Le cose stanno migliorando. Ben vengano le politiche a sostegno della maternità e, più in generale, della genitorialità. Sì, perché il problema si pone anche per i giovani uomini proprio per questo necessario gioco di equilibrio e di condivisione nella coppia. Più equilibrio uguale più felicità. Resta ancora molta strada da fare e ci sono ambiti professionali in cui gli ostacoli per le mamme sono più o meno visibili ma evidenti». Ma lei che mamma pensa di essere stata e di essere? «Esigente, ma anche gioiosa, affettuosa e forse anche autorevole in certi momenti. Alle donne dico di avere coraggio, di osare, di non aver paura delle loro ambizioni. Perché la vera felicità non può passare per la rinuncia al desiderio di costruire una famiglia. È importante che le mamme che lavorano però non abbiano sensi di colpa. Io sono convinta che conti la qualità del tempo trascorso con i figli, non tanto la quantità».
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • Evento 2022

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2021 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto