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Lalì Juarez: "Sono guarita grazie ai tatuaggi e non odio più le mie cicatrici". Oggi condivide la sua esperienza per aiutare gli altri

di LUDOVICA CRISCITIELLO -
2 maggio 2021
tatuaggiCurativi

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Cicatrici. "Quando ho iniziato a guardarle senza averne più ribrezzo è iniziata la mia guarigione". Silvia Juarez ha 29 anni ed è argentina. Ama farsi chiamare Lalì come si legge sul suo profilo Instagram che è in crescita costante e ad oggi conta quasi 160 mila followers. La sua storia vola oltre confine e ha dell’incredibile. La racconta a Luce! dalla sua stanza di San Justo, città in provincia di Buenos Aires. È il 25 febbraio del 2010 quando la sua vita cambia per sempre. Una mattina mentre si prepara la colazione accende il bollitore del tè e senza rendersene conto la sua felpa di nylon inizia a prendere fuoco. Una settimana dopo Lalì si è risvegliata in ospedale con gravissime ustioni, soprattutto sul petto e le braccia. Due anni di riabilitazione e la paura di farsi vedere "scoperta persino in estate con 30 gradi" finché, guardando il profilo Instagram di una influencer argentina ricoperta di tatuaggi, Candelaria Tinelli, prende coraggio e decide di coprire quelle cicatrici usando proprio i tatuaggi. E di raccontare la sua esperienza sui social, finendo con l’aiutare anche altre persone.   Cosa ricordi dell’incidente? "È stata una questione di secondi. Mentre mi stavo versando il tè ho iniziato a sentire odore di bruciato e non capivo da dove venisse. Poi ho realizzato che ero io. E allora in preda al panico ho fatto la prima cosa che non si deve fare. Uscire fuori di casa, nel mio cortile, e agitarmi. Così il fuoco è aumentato. Allora sono rientrata dentro e mi sono buttata sotto la doccia. Ricordo che all’inizio l’acqua è uscita bollente quindi ho girato subito la manovella per avere quella fredda. Ero da sola a casa. Mia zia, che vive vicino, non c’era e mia madre era andata dal parrucchiere. Non ricordo precisamente cosa ho visto quando mi sono guardata allo specchio. Era come se la mia pelle fuoriuscisse dalla felpa, ridotta in pezzi. Ricordo che dopo essere uscita dalla doccia ho avuto la tentazione di stendermi sul letto". Non hai pensato di chiamare nessuno? "Quando ho chiamato l’ambulanza in realtà non avevo realizzato la gravità della cosa, quindi loro al telefono non si sono allarmati perché ero tranquilla. Poi è iniziato il bruciore che è cresciuto intensamente. Allora ho chiamato la mia madrina, un’amica di mia madre, che abita non proprio vicino a casa mia. Forse al telefono ero in preda al panico perché loro si sono precipitati. Quando le ho aperto la porta ricordo la sua espressione sconvolta, poi credo di essere svenuta perché mi sono risvegliata una settimana dopo all’ospedale. Da lì è iniziata la riabilitazione e il calvario. Più di due anni senza uscire di casa e quando lo facevo ero sempre tutta coperta per non far vedere le cicatrici, anche con 30 gradi. Quando subisci ustioni può succedere che la tua pelle resti flaccida o si indurisca. A me sono successe entrambe le cose, e sul petto soprattutto era come se si fosse accartocciata. Volevo coprire le cicatrici, ma in molti medici mi hanno risposto che in questo modo ne avrei causate altre. Finché un chirurgo mi ha consigliato di rifarmi il seno così le protesi avrebbero coperto in parte i segni. La situazione è migliorata, ma non è tornata come prima. O meglio, io speravo che sarebbe scomparso tutto. Le cicatrici un po' si vedevano ancora e io le odiavo. Non riuscivo a guardarle". E alla decisione di tatuarti tutta come ci sei arrivata? "Ero insieme alla mia madrina quando abbiamo visto una influencer tutta tatuata. Lei mi disse "perché non ci pensi?" Iniziai a informarmi, però avevo paura di sottopormi ad altre operazioni dolorose. Fu mio padre a convincermi. Mi disse che se non mi fosse piaciuto non sarebbe cambiato nulla perché avrei continuato a coprirmi. Scattò qualcosa in me e alla fine decisi". Quanti tatuaggi hai? "Mi sono sottoposta a sedici sessioni, ma onestamente non so quanti sono i tatuaggi. Quello che posso dirti è che non c’è un significato nei disegni. Volevo fare in modo che le cicatrici non si vedessero o meglio, si confondessero con i tatuaggi". Quando hai iniziato a raccontare di te su Instagram? "Lo usavo già prima però poi ho iniziato a postare foto e video di me e del mio corpo e vedevo che la gente empatizzava con me, capiva quello che mi era successo ed è stato allora che ho iniziato a guardarmi senza più ribrezzo. È stato bello condividere tutto e in molti, che avevano subito traumi simili al mio, hanno cominciato a chiedermi consigli. Ribadisco però che in queste circostanze, prima di fare qualsiasi passo, va sempre consultato un medico". Tra i tanti che ti hanno contattata c’è stato qualcuno che ti è rimasto impresso? "Quando mi è successa questa cosa cercavo qualcuno che aveva passato qualcosa di simile e ho conosciuto un ragazzo che si era ustionato e che si era tatuato per coprire le cicatrici. Abbiamo parlato tanto e mi ha spinta a fare lo stesso, supportandomi nella mia decisione. Lui però aveva tatuato solo una parte del corpo perché non aveva i soldi per potersi tatuare anche il resto. Mesi dopo mi è capitato di entrare in contatto con una fondazione chiamata 'Mandinga tatoo', in Argentina, dove ho iniziato a tatuarmi. Loro lo fanno in forma gratuita per chi non può permetterselo. Ed ecco che quando la mia storia poi è diventata virale ho risentito quel ragazzo e ho deciso di parlare con il gestore di questa fondazione chiedendogli di aiutarlo. Alla fine è riuscito anche a lui a coprire le altre cicatrici. Devo dire che è stato davvero bello sentirsi parte di tutto ciò. Questa persona mi aveva dato qualcosa di importante e io sono stata felice di restituirgliela".