
DisabiliOrgasmo

Caterina Di Loreto, operatrice all'emotività, alla sessualità, all'affettività
"I disabili visti come asessuati"
“Con una disabilità però la sessualità viene spesso considerata problema. Diventa tabù e i disabili sono visti come asessuati. Ma è una violenza allucinante”. Sì, ma che fa un’Oeas? Non va a letto con nessuno. Ma lavora, come Caterina col suo primo assistito. “Un ragazzo di 30 anni con spettro autistico che non parlava”. I genitori avevano intuito il suo desiderio di una relazione. “Cercava un’affettività di base con qualcuno. La mancanza lo rendeva infelice”. Caterina si è seduta al suo fianco. “Ho cercato di entrarci in contatto e dargli strumenti per stabilire rapporti con le persone. Abbiamo poi lavorato sulle sue autonomie: gli spazi che i genitori dovevano lasciargli”. Lo ha ascoltato, gli ha parlato e insegnato. Anche l’autoerotismo. Una passeggiata per molti, una scalata dell’Everest, per altri. “Alcuni genitori si rendono conto che i figli ne hanno bisogno”. Ma quando nel sesso, in certi casi la disabilità è un ostacolo insuperabile, alcune famiglie si rivolgono a escort, gigolò o prostitute. “A volte accade che i genitori masturbino i figli, modificando la relazione con loro in una sfumatura non salutare. Dettata forse da un gran senso di isolamento rispetto al contesto sociale”.Fra scandalo e tabù
Storie vere e prigioniere. Liberate nelle 4680 richieste d’aiuto (una al giorno) inviate in 8 anni dalle famiglie al Comitato Lovegiver, l’unica Onlus che organizza corsi per Oeas. Ogni anno forma dagli 8 ai 12 operatori tra 20 e 50 anni. Dopo la candidatura, ci sono i test di psicologi e docenti. Poi 200 ore di formazione e 100 di tirocinio: qui si scende in campo come Caterina. Lei, educatrice specializzata in minorazioni visive (conosce Braille e tiflodidattica) l’ha fatto per arricchirsi dentro. “Avevo un alunno con pluridisabilità. E anche per lui arrivò la pubertà”. Alcuni suoi atteggiamenti, in classe, facevano scandalo. “Ma alle riunioni con specialisti e genitori l’argomento era tabù. Eravamo impreparati: così sono arrivata al Comitato”. Finora ha assistito quattro persone. “Quando lo fai svuoti la testa dai pregiudizi e dici all’altro: sono qui e ti ascolto davvero. Raccontami i tuoi desideri”.
Persone disabili a letto
Quello Spritz dopo dopo la chat
Che l’amore si scava il nido in ognuno, qualsiasi forma abbia il suo corpo, Caterina l’ha capito nel 2008. Quell’anno al servizio civile incontra Marta: 20 anni, studentessa fuori sede, non vedente, lesbica. “Dovevo farle da tutor nello studio. Mi confessò che stava chattando con una ragazza. Voleva conoscerla dal vivo”. L’appuntamento era a un bar sotto i portici di Bologna. “I genitori non lo sapevano, erano molto religiosi”. L’unico desiderio di Marta: bersi uno Spritz con la ragazza di cui si era innamorata in chat. A Caterina disse: “O lo faccio a 20 anni o mai più. Accompagnami al tavolino. Voglio che lei mi trovi lì seduta. E che sia un giorno normale”. Quello Spritz, per Caterina, fu una sorsata di realtà amara. Ma vera. “Se i tuoi genitori non accettano la tua sessualità, non gli interessa se hai 20 anni. Se poi sei non vedente, dovrai sempre dire dove vai e con chi sei. Ero piccola ma capii: era la sua occasione”. “Diamo loro autonomia. Spesso ci chiedono come avere una relazione. I loro coetanei hanno mille occasioni”."Non solo sesso"
Come il secondo assistito di Caterina. “Quando incontrava una ragazza che gli piaceva, non sapeva se era il momento di provarci o meno”. Parlò con i genitori e d’accordo con loro, bussò al Comitato. “Abbiamo lavorato sulla comunicazione non verbale”. Gesti, pause, linguaggio del corpo: passi verso la chance d’un appuntamento. ”Non si tratta solo di sesso. Ma di esperienze fondamentali per stare bene con se stessi e gli altri. Il sesso è uno dei pochi piaceri della vita. Come italiani abbiamo un rapporto meraviglioso col cibo: voglio che parlare di sessualità diventi facile come parlare di cibo”. O come, per Marta, bere uno Spritz sotto i portici di Bologna. Mentre dietro c’è il sole. E davanti qualcuno che ti ama.
Max Ulivieri, fondatore del Comitato Lovegiver

Max Ulivieri fondatore di Lovegiver
Stefano cercava amore, non ha fatto in tempo
Alcuni di loro però, come gli angeli, se ne volano via. L’ha fatto Stefano, 27enne con la distrofia di Duchenne. Anche lui aveva scritto. “Era sereno nel vivere la sua condizione. Ma non aveva mai avuto approcci alla sessualità”. Voleva capire cosa si provasse a fare l’amore. “E dimostrare che il suo corpo non era solo limiti e dolore”. Ma, in quel momento non c’erano abbastanza Oeas. “Erano tutti in formazione purtroppo”. Stefano è morto poco dopo quella mail.Autonomia e sex toys
La sua storia è fra quelle di altri 3.700 uomini e 936 donne che hanno bussato al Comitato: il 10% è paraplegico, il 7,8% soffre di atrofia muscolare spinale, quasi il 5% ha la sindrome di Down. Il 31% invece è autistico. Chiedono tutti una cosa: amare. “Molti in questa condizione si rivolgono ai sex worker. Il problema è che non ne esistono di formati. I nostri operatori lavorano invece per dare autonomia all’assistito. Il massimo a cui si spingono è l’accompagnamento alla masturbazione”. Che vuol dire pure insegnare a usare un vibratore. “Una nostra assistita non aveva l’uso delle braccia e ha chiesto che qualcuno l’aiutasse con i sex toys. In quel caso abbiamo mandato un’operatrice donna. In altri casi, chi soffre di spettro autistico o disabilità cognitiva ha comportamenti come spogliarsi in pubblico”. Lì si lavora sull’aspetto educativo. “Non è solo un processo meccanico. Ci sono percorsi emotivi dove gli operatori insegnano comportamenti da seguire. Il messaggio è che le persone con disabilità possono vivere le relazioni in maniera soddisfacente. Il loro corpo non è solo fonte di dolore”.
Max Ulivieri ha contribuito al progetto di legge sugli operatori del settore, da anni fermo in Parlamento
"Il ministro sa che esistiamo"
Max c’è passato per primo, a vent’anni. Il primo incontro fisico con una donna fu sui viali di Firenze. Era una prostituta, ce lo portarono gli amici. Lì capì che non poteva andare così. Doveva rompere quel guscio di scogli e solitudine che era la sua Piombino vista dalla carrozzina. “Non si tratta di libertinaggio, ma di libertà da pregiudizi: chiediamo che lo Stato abbatta le barriere fisiche e culturali”. Lo ha spiegato in 72 convegni, 83 interviste, 24 corsi di formazione e un libro. Trent’anni dopo quella notte di Firenze, nel 2019, si è seduto davanti al ministro della salute, Roberto Speranza. All’incontro, Max, lo invitò l’attuale vicepresidente dell’Emilia Romagna, Elly Schlein, folgorata dal progetto. “Venni contattato per candidarmi a consigliere regionale. Mi son detto ‘Proviamoci’. Volevo inserire nel programma i diritti dei disabili”. Davanti al ministro, non andò per il sottile. “Parlai dell’assistenza emotiva e sessuale. Che esistono madri costrette a masturbare figli con disabilità intellettiva. Della mancanza del riconoscimento di una figura come l’Oeas”. Speranza ascoltò. “Poi non l’ho più sentito, ma sa che esistiamo”.Lieto fine e minacce
Le richieste d’aiuto intanto continuano a sgocciolare in mail. Pure in piena pandemia. A volte il lieto fine arriva. “Come per una ragazza di Bologna con sclerosi multipla. Ha vissuto la disabilità da adulta: si era chiusa in se stessa, allontanando il compagno”. Poi ha scritto al Comitato. “Ha capito che i suoi desideri non dovevano finire lì. Oggi ha una relazione”. Anche il veleno non manca. “Sono stato attaccato molto. Alcuni gruppi femministi, su Facebook, mi hanno augurato la morte. Hanno detto che sono uno sfruttatore delle donne. Ma i nostri operatori sono per metà uomini e donne. Tutti educatori. Altri dicono che l’Oeas ghettizzi i disabili: noi lavoriamo solo per dare loro autonomia e libertà di scelta”. Il sogno di Max: presentare un disegno di legge per legalizzare gli Oeas. “Lo faremo appena finirà la pandemia. Anche le singole regioni potrebbero fare passi avanti, sperimentando la figura nei loro confini. Ma serve una rivoluzione culturale: se ci fosse questo cambiamento, non avremmo nemmeno più bisogno degli Oeas”. Non ne avrebbe avuto bisogno Stefano e tutti quelli come lui. Morti con un desiderio sulle labbra. L’amore.Quel disegno di legge dimenticato da anni
Fu l’anno dei due Papi, di Matteo Renzi neosegretario del Pd, della morte di Giulio Andreotti, Margaret Tatcher e Nelson Mandela. Ma anche di Vincenzo Nibali che trionfa al Giro d’Italia mentre la Concordia torna in verticale al largo del Giglio. Era il 2013, appena otto anni fa. Eppure sembra passata un’era geologica. Lo è passata di sicuro per Max Ulivieri. Quell’anno il Comitato Lovegiver era appena nato. E puntava già altissimo. Dopo essersi fatto spazio su giornali e tv nei mesi, riesce a trovare un contatto col senatore Sergio Lo Giudice del Pd. Collaborano gomito a gomito per quasi un anno e, nel 2014, la prima proposta di legge per istituire la figura dell’Oeas vede la luce. Il disegno di legge si chiama “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità” e viene presentato ad aprile 2014 a Palazzo Madama. E’ bipartisan e firmato da 13 senatori tra cui Pietro Ichino di Scelta Civica.
Messaggio contro ogni discriminazione sulla base della salute delle persone