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Ernesto Galli della Loggia ha parlato del "regno della menzogna"
Gli inizi
A cominciare da quel 1977 in cui per la prima volta, con la legge 517, si entra nella cosiddetta fase dell’integrazione scolastica. La norma abolisce le classi differenziali e le scuole speciali che di fatto, con la Riforma Gentile del 1923, avevano caratterizzato il sistema scolastico fino alla fine degli anni ’70. La Riforma aveva sì riconosciuto per la prima volta il diritto allo studio per le persone con disabilità, ma li etichettava ancora come “anormali”, “minorati”, “instabili”, “disadattati”, e li escludeva ghettizzandoli in istituti o classi create ad hoc. Non cambia molto neanche con il documento Falcucci del 1975 che, pur introducendo un nuovo termine, e cioè “ragazzi handicappati”, non fa altro che avvalorare la tesi secondo cui la scuola italiana continua in quel periodo a non essere pronta a una vera e propria apertura.I paladini della diversità
Sullo sfondo di quegli anni, però, emergono figure che vanno contro il sistema dell’epoca in cui si privilegiavano soprattutto i figli delle classi agiate, relegando ai margini i meno abbienti. Figuriamoci poi chi aveva una disabilità.
Il percorso verso l'inclusione a scuola passa ovviamente per la piena integrazione delle persone con disabilità

Don Milani con i suoi alunni della scuola di Barbiana
La rivoluzione della scuola a tappe
Bisogna aspettare però la legge 517 del 1977 per far sì che anche alunni e alunne con disabilità possano frequentare la scuola insieme agli altri, per poi arrivare al 1992 con la 104 che, finalmente, prevede una riorganizzazione completa del sistema di supporto e di inclusione sociale e lavorativa per coloro che “presentano una minorazione fisica, psichica e sensoriale, tenendo conto delle specifiche esigenze e garantendo loro il pieno godimento dei diritti fondamentali”. A scuola, per la prima volta, si lavora per la realizzazione di un progetto globale e individualizzato con la coordinazione tra servizi scolastici, sanitari socio-assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi. Si afferma che "nelle scuole di ogni ordine e grado sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati e sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato". Si riconosce dunque in maniera più incisiva la figura dell’insegnante di sostegno e la sua contitolarità nelle classi in cui opera. Siamo ancora però ben lontani dal significato vero e profondo che ha poi acquisito il termine "inclusione", e ce lo dimostra l’uso della terminologia perché il termine “persona handicappata” rimarrà ancora per molto permeato nei meandri del nostro background linguistico e culturale.
Tappa dopo tappa, a partire dal 1977, le leggi hanno accompagnato la scuola italiana nel percorso per diventare un luogo aperto davvero a tutti e tutte

Il percorso verso l'inclusione a scuola passa ovviamente per la piena integrazione delle persone con disabilità, con DSA e BES
ICF, disabilità e inclusione
"Sono una persona, non la mia disabilità". Lo ha detto Mar Galcerán, deputata valenciana con sindrome di Down. Se già nel 2006 la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità fissa la definizione tutt’ora ufficiale, abbandonando invece i terimi 'handicappato", "disabile' o 'diversamente abile', è con l’introduzione dell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health) che nella scuola italiana si attua il vero cambiamento. Con il nuovo paradigma per inquadrare la disabilità, deciso da 192 Stati, non ci si focalizza più solo e unicamente sul deficit di funzionamento della persona, ma sull’interazione tra quest’ultimo e l’ambiente in cui vive la persona. L’ICF descrive la disabilità come esperienza umana che tutti possono sperimentare. Attraverso di esso si vuole quindi parlare non delle persone specifiche, ma di situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale.
Con l'International Classification of Functioning, Disability and Health è scattato il vero cambiamento
L’inclusione oggi, in barba al pregiudizio
È vero, l’Italia è l’unico esempio in cui, nell’ottica dell’inclusione nel vero e proprio senso del termine, gli studenti con disabilità frequentano le stesse classi dei compagni, e la figura dell’insegnante di sostegno assume un ruolo chiave affinché questo avvenga. Si tratta di docenti che soprattutto negli ultimi anni, parallelamente all’evoluzione legislativa e sociale, hanno iniziato a seguire corsi di specializzazione e ad agire all’interno delle istituzioni scolastiche facendosi portatori di un cambiamento reale. Ed è su questo tipo di formazione che bisogna continuare a investire, lottando per rendere più inclusive le scuole stesse, agendo proprio su quel contesto in cui siamo immersi e di cui si parla nell’ICF. Eliminando le barriere che possono influire negativamente sul funzionamento bio-pisico-sociale della persona con disabilità e non solo.
Un'immagine dal film "Wonder" (2017). Nell'ambito scolastico è fondamentale inserire i bambini con disabilità nello stesso contesto dei compagni, facendoli interagire e relazionare