Turchina: la vera storia della giovane che ispirò la fata di Pinocchio

Materna e protettiva ma anche severa, personaggio diventato immortale grazie a Collodi che la fumettista Elena Triolo racconta nella versione in carne ed ossa

di MARIANNA GRAZI -
2 agosto 2023
Turchina (1)

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"Se del perdono non sarai degno, tutta la vita sarai un legno". Con questa frase la fata turchina si rivolge a Pinocchio, per redarguirlo sul comportamento da adottare per essere degno, appunto, di essere trasformato in un bambino vero. La sua fiaba la conoscono tutti, dai più grandi ai più piccini. Quel burattino, nato da un ceppo e fatto ‘vivere’ da una fata che, nel cuore della notte, ha voluto esaudire il desiderio nascosto del falegname Geppetto.
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Pinocchio e la fatina nel film di Matteo Garrone

Uscito dalla penna di Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Collodi, il racconto è diventato un capolavoro senza tempo, che ancora oggi appassiona e fa sognare migliaia di bambini e ragazzi. Ma da dove arriva questa figura magica, inconfondibile per i suoi capelli turchini, che segue Pinocchio nella sua avventura, sostenendolo e rimproverandolo quando serve, quasi come una mamma? E come è nata l’idea di questo personaggio nello scrittore?

La fumettista Elena Triolo

Se lo è chiesto anche Elena Triolo, illustratrice e fumettista toscana classe 1988 che fin da bambina si è sentita raccontare dal nonno una storia particolare, proprio sulla Fata. Diplomata in fumetto e laureata in Storia dell’Arte, ha esordito sui social con una serie di vignette ironiche. Collabora col Museo Galileo di Firenze illustrando alcune pubblicazioni dedicate alla didattica e pubblica con importanti case editrici come DeAgostini, Rizzoli, Mondadori e Sperling & Kupfer. E nel 2023, con Bao Publishing, presenta il suo graphic novel dedicato proprio alla fata, Turchina”.
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La fumettista e illustratrice toscana Elena Triolo

Chi è Turchina

La protagonista del libro è Giovanna Ragionieri, la figlia del giardiniere della villa delle vacanze della famiglia Lorenzini, a Castello, nelle colline subito fuori Firenze. Quella che lega la giovane a uno dei due fratelli, proprio quel Carlo Lorenzini noto al mondo come Collodi, è un’amicizia che durerà due vite, e che porterà l’uomo, che si sta affermando come scrittore, a trasformare la ragazza in un personaggio destinato a diventare immortale. Quella che lei racconta in questo graphic novel è una storia vera? "Sì è una storia vera. Se cercate negli archivi di redazione potreste trovare le interviste che rilasciò la protagonista negli anni Sessanta. Quelli citati nel libro sono infatti quasi tutti della Nazione. Le mie fonti sono libri, saggi e anche un documentario sui luoghi di Pinocchio". La protagonista Giovanna diventa una figura riconosciuta, quasi famosa, in paese e nei luoghi frequentati? "Sicuramente a Castello e a Sesto Fiorentino era molto conosciuta, ma dalla generazione dei nostri nonni, che sta scomparendo. Quindi volevo tornare ad accendere un riflettore su questa donna".
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Una tavola del fumetto in cui Giovanna Ragionieri incontra per la prima volta Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Collodi

Com'è nata l'idea di raccontare questa storia? "Volevo dare luce di nuovo a questa figura e fare in modo che non venisse dimenticata. Questa storia la conoscevo fin da quando ero bambina, me l’aveva raccontata il nonno. Però non le avevo dato tanto peso e l’ho invece riscoperta da grande. Questa è stata la molla che mi ha fatto partire. L’altra ragione è che volevo in tutti i modi pubblicare con Bao Publishing, perché è sempre stata una delle mie case editrici preferite. Turchina è stata il soggetto adatto da proporre ed è così che è nata la mia prima storia da autrice unica". A scanso di equivoci: questo è un libro 'da bambini'? "No, non lo è. Secondo me lo si può apprezzare dai 10 anni in su. Però dipende dal tipo di lettore. È un fumetto, ma non per questo una lettura 'semplice'. Il fumetto è un tipo di linguaggio e quindi può essere da bambini, da ragazzi oppure no. Dipende dai temi trattati e da come vengono affrontati". In "Turchina" affronta temi anche molto seri, come la morte. Come si racconta attraverso un fumetto? "È una storia i cui protagonisti, esistiti per davvero, chiaramente non ci sono più. La più giovane dei due, Giovanna, è morta che aveva quasi 100 anni più di mezzo secolo fa. Il discorso andava affrontato, però una delle cose che mi ha dato coraggio nel parlare della morte è come ne parlavano nell’800. Fino a 60/70 anni fa c’era più dimestichezza con questo tema: banalmente non esistevano gli antibiotici, la mortalità infantile era molto più alta ed era quindi normalissima l’idea di non affezionarsi troppo al proprio neonato, perché erano pochi i bimbi che superavano i primi anni dell’infanzia. Senza 'spoilerare' è successo anche a Giovanna e a Carlo. E poi, in epoca vittoriana, una delle bambole da bambine era quella con la bara per giocare al funerale".
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Un'altra tavola del fumetto di Elena Triolo mostra l'evolversi dell'amicizia tra collodi e Giovanna Ragionieri

La figura di Carlo Collodi che ruolo ha nella storia? "Carlo è centrale nella storia ma la protagonista rimane Giovanna: tutto ciò che fa lui è visto dal suo punto di vista. A me interessava parlare della Fatina e del rapporto che aveva con lui, un punto di vista privilegiato". Il personaggio del fumetto e quello del libro, la donna vera e la fata, hanno come una vocazione a proteggere, a curarsi degli altri? "È molto protettiva, sia nella storia di Pinocchio che anche Giovanna nei confronti di Carlo, diciamo che ha un ruolo di punto di riferimento. Non so se nella realtà fosse effettivamente così, ma leggendo i documenti e cercando di immaginare quale fosse il rapporto fra i due Carlo poteva benissimo essere Pinocchio e Giovanna la Fatina. Anche perché questa figura appare per la prima volta nel capitolo in cui il burattino viene inseguito dai due assassini (il gatto e la volpe) e viene impiccato alla quercia grande. A quel punto Collodi voleva chiudere la serie di racconti a puntate, non gli importava più di tanto di 'Pinocchio', ma arrivarono un sacco di lettere di bambini che supplicavano di mandare avanti la storia anche se il burattino era morto. Lui inventa quindi lo stratagemma per cui Pinocchio non può morire e rientra prepotente anche il personaggio della Fata Turchina, che lo fa staccare dall’albero e lo costringe a prendere la medicina. Secondo me colei che fa rivivere Pinocchio ma fa anche tornare la voglia a Collodi di scrivere è proprio Turchina. E siccome in quel periodo lo scrittore si trovava a Villa Bel Riposo, dove la 12enne faceva l'aiuto cameriera e i due si erano incontrati, deve essere successo qualcosa. Forse una magia per davvero".
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Un disegno della fata Turchina con Pinocchio della fumettista Elena Triolo (Instagram)

Quali caratteristiche della Fata si ritrovano nella Giovanna reale? "Chiaramente era una donna del suo tempo, però Giovanna, che ha svolto ruoli umili ma non da classica casalinga 'casa-figli' e basta, ha lavorato anche in fabbrica. Era di estrazione povera ma aveva un suo raggio di azione. Come la fata era molto materna (ha avuto 5 figli) e protettiva, anche nei confronti dei bambini che l’andavano a trovare: quando era praticamente cieca per le cataratte non lo voleva dire per non spaventarli, perché continuassero a credere alle fate. Quindi questo suo modo di fare si ritrova nelle caratteristiche del personaggio. E Giovanna era anche molto brillante: aveva uno spirito e una voce giovanile anche in tarda età, era molto arzilla nonostante abbia vissuto cose terribili nella sua vita". Lei si sente un po’ Fata Turchina? "Una cosa che non racconto mai è che la famiglia di mia nonna era imparentata con la famiglia di Giovanna. Ho avuto un doppio riscontro perché questa cosa me l’ha raccontata mio nonno (ho un pappagallo e anche un orologio a cucù come la protagonista ma è del tutto casuale) e io non ci credevo più d tanto, ma a un certo punto durante un’intervista Giovanna racconta di essere imparentata coi ragionieri di Sesto, quelli della Farmacia. E questa cosa è attestata, quindi questa parentela lontanissima c’è. Però non mi sento tanto Fatina, piuttosto il burattino. Anzi avrei bisogno di una fata, di un nume tutelare che mi protegga".