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ANORESSIA (1)
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La pubblicità Max Mara al centro della controversia, con la modella filiforme
"Esempio irresponsabile"
«Riteniamo che la modella appaia sottopeso e dunque abbiamo concluso che fosse irresponsabile additarla ad esempio. Abbiamo chiesto a Max Mara di utilizzare solo immagini congrue nelle sue campagne pubblicitarie», il commento dell’ente britannico. Dal canto suo Max Mara ha spiegato come non fosse intenzione del brand "indugiare sulla magrezza della modella, né promuovere ideali irrealistici o malsani, quanto piuttosto esaltare l’eleganza e lo stile degli abiti". Comunque sia, la pubblicità è sparita: dopo anni di molti annunci e pochi fatti, nell’universo del fashion qualcuno ha preso posizione. I precedenti non mancano: nel 2017 due grandi colossi francesi della moda di lusso, Lvmh e Kering avevano detto basta a ragazzi e ragazze eccessivamente filiformi ma anche troppo giovani. Nel marzo dello scorso anno anche Elisa D’Ospina, modella curvy impegnata da anni in una battaglia contro i disturbi alimentari (di cui per altro anche lei ha sofferto), ha lanciato una petizione su Change.org capace di raccogliere migliaia di firme in poche ore, dopo che sulle passerelle della Milano Fashion Week erano apparse giovanissime donne dalle braccia scheletriche, super magre, filiformi. Sempre di più... fino a scomparire
Modelle nude nell'opera di Vanessa Beecroft, artista specializzata in tableau vivant
Extrasmall, un traguardo
Un ideale di fisicità che dalle passerelle internazionali ha contagiato - non da oggi - la popolazione femminile italiana, facendo della taglia extra small un traguardo, sinonimo di forza e di successo. Magro è dunque ancora bello, e non riesce a decollare il millantato ritorno delle forme morbide, sinonimo di salute e benessere psicofisico. L’immagine di perfezione continua a esaltare ossa evidenti e guance scavate anche nella Rete, dove sbocciano continuamente nuovi blog ’pro-ana’ a favore dell’anoressia, pieni di consigli per non mangiare e fare ricorso a purghe e vomito, chat chiuse, dove i partecipanti si spalleggiano a vicenda. Anche la magrezza ha una sua storia testimoniata da documenti, quadri e sculture, come racconta nel libro "Storia della magrezza. Corpo, Mente e Anoressia" (Explora, 2009) un pool di esperti di storia della medicina, sociologia e psichiatria.Mal d'amore e digiuno sacro
Donatella Lippi, professore associato di Storia della medicina all’Università di Firenze, e Laura Verdi, docente di sociologia della conoscenza e arte e società della facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova - curatrici del volume - propongono un punto di vista diverso, affrontando l’evoluzione iconografica della magrezza per spiegare “come e perché l’esasperazione dell’ideale estetico possa trasformarsi in patologia”. Le prime figure sottilissime - assicurano gli studiosi - compaiono già all’epoca degli Etruschi; basta guardare le statuette arrivate a noi. Ma è il passaggio dell’ideale di femminilità greco-romano alle linee ‘purificate’ del gotico, la vera svolta. Nei secoli scorsi la civiltà occidentale ha già conosciuto il rapporto tra il corpo femminile e la magrezza estrema nel Medioevo, al tempo delle sante ascetiche, il cui digiuno mistico si tramutava in un’anoressia non diversa da quella attuale, ma lo stesso si potrebbe dire per epoche ancora precedenti. Fra le cause si spazia dalla consunzione del mal d’amore alle fanciulle miracolose, dal digiuno sacro al corpo dei santi. Tante le ragioni che hanno guidato l’arte figurativa di venti secoli verso strade diverse nella rappresentazione di un corpo rifinito e il rapporto che lega l’immagine alle aspettative socio-culturali evidenziano come sia sempre implicita la proiezione di un modello. Un significato sociale oltre che un’esigenza artistica.
"Puberty" di Puberty (1894-95) di Edvard Munch