“La mia vita stravolta dalla sindrome di Tourette”

Il 29enne Andrea Brunetti, chef e pizzaiolo originario di Cuneo, racconta com’è cambiata la sua vita da quando ha scoperto il disturbo. E’ accaduto nel 2022 e da allora molte cose sono state in salita, ma il giovane non si è dato per vinto

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
15 maggio 2024
Andrea Brunetti,  29 anni, pizzaiolo di Cuneo

Andrea Brunetti, 29 anni, pizzaiolo di Cuneo

Andrea Brunetti, è un pizzaiolo di classe già selezionato dal prestigioso Gambero Rosso che gli ha assegnato i ‘2 spicchi’. Con un diploma di geometra, l’appena ventinovenne cuneese di Bagnasco ha dimostrato di possedere nonostante la giovane età il classico coraggio da leone. Rimboccandosi le maniche con tenacia ha sempre lavorato nel settore della ristorazione, ripartendo tutte le volte che era necessario, specialmente dopo la pandemia responsabile della chiusura di tante attività commerciali. Ma lui non desiste, anche se alla fine deve arrendersi e chiudere nel 2022 ‘Acqua e Farina’, la pizzeria alla quale aveva dedicato con incredibile passione tutto se stesso.

A complicare le cose arrivano seri problemi di salute. Andrea viene assalito all’improvviso da continue crisi, poi la diagnosi: è la sindrome di Tourette. “Nel mio caso era un susseguirsi di movimenti involontari e ripetuti colpi di tosse – racconta il giovane – Di certo non mi sono lasciato andare alle parolacce, così come per ignoranza molti credono, riferendosi a questa patologia.”

Inizia una durissima convivenza. Accanto a lui restano la famiglia e il migliore amico Erik che lo sostengono nella sua accanita voglia di rinascita. Ed è così che nell’aprile di quest’anno le saracinesche di una nuova pizzeria si sollevano, questa volta il nome è ‘Sileo’, che in latino significa ‘taccio’. Il silenzio della rinascita.

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L’intervista

Andrea, cos’è in breve la sindrome di Tourette?

“Non ne sapevo niente fino a qualche anno fa, quando la patologia che era certamente latente si è manifestata in tutta la sua esplosività. In realtà fin da piccolo avevo sofferto di piccoli tic e ammiccamenti degli occhi, ma erano cose di lieve entità e mia madre era convinta che fossero espressione di emotività e nervosismo. Tuttavia le mie condizioni di salute potevano considerarsi eccellenti e nel frattempo anche il rendimento scolastico procedeva al meglio: quindi niente poteva far supporre che in me ci fosse qualcosa di anomalo. Inoltre nessuna visita medica dell’epoca aveva mai evidenziato nulla di significativo. Un giorno mi sono svegliato in preda a tremendi movimenti involontari del corpo, tic di ogni genere e urla impressionanti. Da quel momento ho girato diversi ospedali in tutta Italia ma il verdetto è stato concorde e implacabile: sindrome di Tourette conclamata. Sto imparando a gestire personalmente facendo ricorso a tanta forza di volontà e voglia di farcela nonostante tutto e tutti.”

Si è mai sentito diverso?

“Mi hanno fatto sentire tale, quasi tutti. Specialmente quelli che si erano dichiarati amici e poi si sono dileguati, tranne Erik e un altro amico che si trova in Australia: solo loro due mi sono sempre stati accanto senza provare imbarazzo o vergogna a causa dei miei disturbi. All’improvviso ti crolla il mondo addosso: stai male, sai che forse non ci sono vere e proprie cure per risolvere il problema e in più trovi terra bruciata intorno a te senza riuscire a capire chi ti resta davvero vicino con sincerità. Ma comunque deciso a resistere e perseverare, restando concentrato nel tentativo di aprire un nuovo capitolo della mia esistenza. Adesso ho imparato che essere diversi è addirittura bello!”

Andrea Brunetti e la brigata
Andrea Brunetti e la brigata

Falsi miti e pregiudizi

Perché ha sentito l’esigenza di rendere pubblico questo suo problema?

“Per il semplice fatto che questa patologia è spesso fraintesa dalla maggior parte delle persone pronta a etichettarla in modo sbrigativo come ‘sindrome delle parolacce’, quando invece andrebbe distinta in vocale e motoria che sono aspetti di un quadro diverso. Un delicato intervento chirurgico piuttosto invasivo avrebbe potuto rappresentare una chance, senza però la certezza di un buon esito. Ho rinunciato. Poi hanno provato a somministrarmi psicofarmaci, ben venticinque diversi, che rendendomi catatonico avevano finito con il togliermi la volontà di fare qualsiasi cosa e perfino la stessa voglia di vivere. E’ stato terribile. Questo si è tradotto nell’esigenza di dover abbandonare tutte le mie attività con perdite gravissime. Raccontare la mia odissea significa quindi mettere in guardia chi ha sofferto o sta ancora soffrendo come me.”

Lei è uno chef conosciuto. La patologia ha cambiato in qualche modo anche il suo lavoro? Cucinare, preparare pizze è per lei un momento speciale, creativo?

“Attualmente questo mio stato sta contribuendo a generare una certa curiosità: ma se la gente conosce la mia storia reagisce in modo positivo e ben diverso rispetto a chi ne è all’oscuro e viene a mangiare da me per la prima volta. E’ ovvio che durante il servizio la mia situazione diventa più palese perché accentuata dallo stress del momento. Ma quando avverto il bisogno di isolarmi mi rifugio in quel mio regno che è la cucina, ed è proprio lì che trovo uno stato di perfetta calma. Inoltre il rapporto con in clienti, oltre ad avermi dato l’opportunità di fare nuove interessanti conoscenze, mi ha aperto un mondo su quanto diffusa sia la sindrome di Tourette, malattia curiosamente catalogata come geneticamente rara eppure proprio a causa di queste presunta rarità non viene inclusa dal servizio sanitario dello stato tra le patologie invalidanti.”

Adesso vuole dedicarsi anche alla causa comune di quanti condividono con lei la stessa sofferenza.

“Finché non ci sei dentro non riesci a renderti conto della grande sofferenza che ci circonda senza che quasi nessuno se ne accorga. Questa mia condizione mi ha regalato una sensibilità ancora più spiccata nei confronti del prossimo e dei suoi bisogni ed è per questo che, com’è accaduto di recente per la raccolta fondi a favore di malati oncologici, desidero continuare sulla strada del supporto concreto di chi ha più bisogno. Il mio messaggio personale è che nessuno quando è colpito da una malattia deve sentirsi emarginato o in qualche misura inferiore, arrivando addirittura a provare vergogna per il proprio stato. Siamo tutti esseri fragili e di colpo, da un giorno all’altro e per i motivi più banali la nostra vita può essere stravolta. Dobbiamo guardare al futuro ma con i piedi ben piantati nel presente cercando di agire come meglio possiamo per dare valore e qualità ai nostri giorni. Io continuo il mio mestiere di pizzaiolo e ristoratore, insisto, ci credo e vado orgogliosamente avanti.”