Donazzan: “I matrimoni misti favoriscono il terrorismo”. Come alimentare pregiudizi e luoghi comuni

Secondo l’assessora regionale del Veneto (FdI) è in atto una “scristianizzazione” dell’Italia, una “deriva pericolosa” causata dalla nostra debole identità che cede alla forte personalità musulmana, fin dalla tenera età. Questi matrimoni, misti, non s’hanno da fare.

di MARCO PILI
5 giugno 2024
Elena Donazzan

Elena Donazzan

Durante la chiacchierata tra la candidata alle elezioni europee con Fratelli d’Italia, Elena Donazzan, assessora regionale all’istruzione del Veneto, e Klaus Davi, giornalista e opinionista svizzero naturalizzato italiano, è emerso che “i matrimoni misti fra donne cattoliche e uomini mussulmani sono un facilitatore delle infiltrazioni del terrorismo islamico”. Un pensiero che favorisce una completa sovrapposizione tra Islam e violenza estremista, distorcendo completamente la realtà dei fatti su una religione che conta, ad oggi, oltre due miliardi di fedeli al mondo.

Un’idea che soffia sulla fiamma della discriminazione che, da decenni, arde in Italia. Dove – per chi non lo sapesse – sono residenti oltre 2,7 milioni di musulmani (il 4,9% della popolazione totale).

Il ruolo delle scuole

Secondo l’assessora, inoltre, “l’esercizio della personalità forte che attira il debole” viene attuato già alle scuole medie dai bambini di religione musulmana, i quali si rifanno ad un modello sociale che renderebbe pericoloso anche il contesto delle classi miste. Un elemento che, secondo Donazzan, dovrebbe scatenare preoccupazione e allarme nella società italiana, nuovamente sovrapposta nella sua totalità alla religione e alla tradizione cattolica. In assenza di figure di riferimento, dunque, le ragazzine finirebbero per venire attratte dai coetanei di religione mussulmana, contribuendo così al crollo dell’identità italiana e al rimpianto delle libertà perdute.

I matrimoni misti, come diretta conseguenza di questi modelli, metterebbero a rischio la sicurezza nazionale in funzione della loro funzione di legittimazione sociale. Un allarme, quello lanciato da Donazzan, relativo all’utilizzo che i partner mussulmani attuerebbero nei confronti dei sentimenti “puri” che le donne cattoliche proverebbero nei loro confronti. Il tutto, per colpa della “scristianizzazione”, come da lei definita, della società italiana, la quale renderebbe la nostra identità debole e pronta a soccombere a causa della “mammosità” nella quale verrebbero cresciuti i bambini italiani. 

Una trattazione del tema approssimativa e caratterizzata da luoghi comuni pericolosi oltre che spaventosi. 

La secolarizzazione del culto cattolico

La colpa di tutto ciò, secondo Donazzan, risiederebbe esclusivamente nella scristianizzazione della società italiana. Il riferimento, dunque, è al fenomeno della secolarizzazione. Un mutamento, in realtà, in atto da prima dell’aumento dei flussi migratori nel mediterraneo centrale che, a causa di guerre, instabilità politico-sociali e cambiamento climatico, sta contraddistinguendo questo avvio di secolo. Un fenomeno che, nel 2023, ha portato il 31% della popolazione italiana a non aver mai messo piede in una Chiesa nell’anno solare di riferimento, vedendo la percentuale dei fedeli scendere al 19%. Questi numeri segnano il passaggio del tempo e il cambiamento che sta investendo le nostre consuetudini, rendendo sempre più libera da vincoli morali una popolazione per molto tempo attaccata alle tradizioni.

L’appello alle donne

E se tutto l’allarmismo fatto fin qui non bastasse, Donazzan, imboccata da Davi, lancia quasi un appello alle donne italiane: "Vogliamo spiegare alle donne che scelgono un marito musulmano perché si va incontro a dei rischi? Perché evitare questa cosa?”, chiede Davi. La risposta dell’assessora, fondamentalmente, fa leva sulla mancanza di libertà, sulla disparità uomo-donna, (con la seconda assoggettata al primo). “E’ da evitare perché noi – spiega  – siamo nate e cresciute con una concezione della persona, della famiglia, della libertà, del vivere civile, con un certo tipo di modelli che sono inconciliabili con la visione del mondo che ha un uomo musulmano”. 

Una frase pretestuosa che finisce per confondere un’oggettiva differenza culturale con il confine che delimita un contesto familiare contraddistinto da violenze di genere. Quando in realtà sappiamo che certe dinamiche non hanno né colore né religione per gravità ed efferatezza, né tanto meno sono un’esclusiva della cultura musulmana.