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Home » Politica » Il silenzio di Greta nella Giornata della Terra: la salute degli uomini viene prima di quella del pianeta

Il silenzio di Greta nella Giornata della Terra: la salute degli uomini viene prima di quella del pianeta

Dall'inizio dell'emergenza Covid la ragazza svedese ha abbassato la voce, chiedendo il rinvio del vertice Onu sul clima, in attesa che i vaccini siano più diffusi. Greta Thunberg ha avuto la certezza che i paesi hanno affrontato la pandemia come una vera emergenza mentre trattavano i suoi allarmi sul clima coi tempi di una questione politica

Domenico Guarino
22 Aprile 2021
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Greta Thunberg con un cartello di protesta di fornte al Parlamento svedese

Un anno, solo un anno, ma sembra un secolo. Dalle guerre in medioriente, alla crisi migranti, allo scioglimento dei ghiacciai: negli ultimi 12 mesi il Covid ha letteralmente spazzato via dalle prime pagine qualsiasi altro argomento che non fosse il virus o le politiche messe in piedi nei vari Paesi per frenarne l’avanzata.  Come un tornado che travolge qualsiasi cosa trovi sul proprio cammino, il coronavirus ha via via fagocitato personaggi, star, opinion leaders, icone, che sembravano inscalfibili.

12 mesi fa Greta Tunberg era  la ragazza copertina di qualsiasi magazine.  Le sue idee erano discusse in ogni talk, e il movimento Fridays For Future riempiva le piazze di tutto il globo. Cosa è rimasto di tutto questo?

Nella  giornata dedicata alla difesa della Terra, di cui lei si era imposta a paladina, non è facile fare un bilancio.  Di certo Gretha ‘si vede’ molto meno: qualche intervista, un documentario  ( “Greta Thunberg: A Year to Change the World“ prodotto e trasmesso dalla BBC, la cui prima puntata è andata in onda il 12 aprile scorso), qualche apparizione in pubblico, e poco altro. L’attivista svedese pubblica e condivide ogni giorno le proteste (da remoto o in piccoli gruppi) dei tanti giovani in giro per il mondo. Ma l’impatto del movimento, non solo dal punto di vista mediatico, non ha la stessa forza di qualche mese fa.

Questo vuol dire che il covid ha cancellato le sue battaglie e la sensibilità ecologica ha ceduto il passo al realismo più cinico?

 

La pandemia effetto e causa di “cattivi comportamenti”

Di certo c’è che nel frattempo molti studiosi hanno collegato in maniera più o meno diretta  la questione della pandemia con l’impatto negativo dell’uomo sull’equilibrio degli ecosistemi. Numerosi studi oramai tracciano poi  un legame abbastanza stretto tra l’inquinamento da PM10 o PM 2,5 (le polveri sottili e sottilissime) e l’aumento della mortalità generato dal sars-cov2. Quindi c’è una maggiore consapevolezza su quanto sia importante lavorare per una transizione ecologica.

Ma allo stesso tempo gli stili di vita adottati durante questi ultimi 12 mesi hanno fatto crescere esponenzialmente l’usa e getta (basti pensare che ogni giorno secondo le stime più accreditate, si consumano qualcosa come 3 miliardi e mezzo  di mascherine), della plastica (1 milione e mezzo di tonnellate al giorno), degli imballaggi, delle monoporzioni. Tutti rifiuti che andranno in qualche modo smaltiti.

Le vendite on line hanno fatto aumentare i traffici, anche quelli aerei,  in un mondo che ancora viene alimentato dalle energie fossili. Mentre  tanti progetti di ecosostenibilità rischiano di essere stoppati dalla crisi economica che incombe su tutti i Paesi, a partire da quelli più poveri.

 

Spiragli di luce

Ci sono però anche segnali incoraggianti. Ad esempio in Francia è stata approvata in prima lettura una norma che ridurrebbe i voli interni per incentivare gli spostamenti via treno. Il Next generation UE, da noi ribattezzato Recovery Plan, prevede che proprio il green new deal sia una delle strategie da perseguire. E sono oramai innumerevoli le aziende, grandi e piccole, comprese le coroporate multinazionali, che hanno in piedi progetti legati alla green economy, tanto che la parola “sostenibile” ricorre ormai in qualsiasi tipologia di prodotti.

Riguardo all’inquinamento sappiamo che non tutto è filato liscio. Se è vero che nell’ultimo anno abbiamo infatti assistito ad un calo del 7% nelle emissioni di CO2 e di ozono, è altrettanto chiaro che questo deriva da una condizione del tutto eccezionale e non replicabile, dovuta ai blocchi delle attività produttive e sociali indotti dai vari lockdown.

Del resto il livello di particolato fine e finissimo (le pm) non è  affatto calato, a causa principalmente del nostro modo di riscaldare abitazioni private ed edifici pubblici che è ancora legato ai combustibili fossili.

Prima i vaccini

Intanto Greta ha annunciato che non parteciperà alla conferenza sul clima Cop26 delle Nazioni Unite in programma a Glasgow il prossimo novembre sostenendo di essere preoccupata per la situazione della pandemia Covid – Coronavirus. E ha anche rivolto un invito al governo britannico a rinviare il vertice fino a quando le vaccinazioni nel mondo non saranno più diffuse: “tutto dovrebbe svolgersi nel miglior modo possibile. E il miglior modo possibile sarebbe che tutti fossero vaccinati il prima possibile così che tutti possano partecipare” ha detto.

Un modo per stabilire delle priorità, e dunque rimandare la battaglia ecologica a momenti migliori?

A novembre scorso, in un’intervista al National Geographic, Greta si diceva consapevole del fatto che “in un’emergenza come questa, è prevedibile che tutto il resto venga messo in sospeso”. E sottolineava che, quanto fatto in relazione al covid, la velocità e l’efficacia della risposta, ad esempio, nello studio e nella produzione dei vaccini, “dimostra chiaramente come la crisi climatica non sia mai stata trattata alla stregua di una crisi”. “Viene trattata come una questione pubblica e importante, come un argomento politico. Ma non è così, perché è una crisi esistenziale” aveva precisato.

Qualche mese prima, a giugno, in un’intervista alla BBC, si era dimostrata più ottimista dichiarando che “improvvisamente le persone al potere stanno dicendo che faranno ciò che serve perché non si può dare un prezzo alla vita umana”, e auspicando che la crisi sanitaria venisse trattata con un’urgenza simile”, anche perché “i politici -sosteneva – ora sottolineano l’importanza di ascoltare scienziati ed esperti”.

Sono bastate dunque  poche settimane  per capire che i risultati sul piano ambientale non sarebbero stati all’altezza delle attese. Ma il futuro non è ancora scritto.

 

Greta Thunberg

“Contributo di tutti”

All’inizio di questa pandemia ci si chiedeva come ne saremmo usciti. Nell’intervista al NG Greta sottolineava come “oggi abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, e abbiamo smesso di pensare a lungo termine e in modo sostenibile”. E come questo fosse “qualcosa di molto più profondo del negazionismo della crisi climatica”.

La soluzione? Secondo la giovane attivista svedese “non possiamo aspettarci che un movimento o un’iniziativa, una soluzione possano cambiare tutto, o che ci spingano nella direzione giusta, perché la crisi climatica è molto complessa. Serve il contributo di tutti“.

Parole che mai come oggi risuonano significative. E allora: forza Greta, il mondo ha ancora bisogno di te. Ma anche di noi.

 

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  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

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«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Greta Thunberg con un cartello di protesta di fornte al Parlamento svedese
Un anno, solo un anno, ma sembra un secolo. Dalle guerre in medioriente, alla crisi migranti, allo scioglimento dei ghiacciai: negli ultimi 12 mesi il Covid ha letteralmente spazzato via dalle prime pagine qualsiasi altro argomento che non fosse il virus o le politiche messe in piedi nei vari Paesi per frenarne l’avanzata.  Come un tornado che travolge qualsiasi cosa trovi sul proprio cammino, il coronavirus ha via via fagocitato personaggi, star, opinion leaders, icone, che sembravano inscalfibili. 12 mesi fa Greta Tunberg era  la ragazza copertina di qualsiasi magazine.  Le sue idee erano discusse in ogni talk, e il movimento Fridays For Future riempiva le piazze di tutto il globo. Cosa è rimasto di tutto questo? Nella  giornata dedicata alla difesa della Terra, di cui lei si era imposta a paladina, non è facile fare un bilancio.  Di certo Gretha ‘si vede’ molto meno: qualche intervista, un documentario  ( “Greta Thunberg: A Year to Change the World“ prodotto e trasmesso dalla BBC, la cui prima puntata è andata in onda il 12 aprile scorso), qualche apparizione in pubblico, e poco altro. L’attivista svedese pubblica e condivide ogni giorno le proteste (da remoto o in piccoli gruppi) dei tanti giovani in giro per il mondo. Ma l’impatto del movimento, non solo dal punto di vista mediatico, non ha la stessa forza di qualche mese fa. Questo vuol dire che il covid ha cancellato le sue battaglie e la sensibilità ecologica ha ceduto il passo al realismo più cinico?  

La pandemia effetto e causa di "cattivi comportamenti"

Di certo c’è che nel frattempo molti studiosi hanno collegato in maniera più o meno diretta  la questione della pandemia con l’impatto negativo dell’uomo sull’equilibrio degli ecosistemi. Numerosi studi oramai tracciano poi  un legame abbastanza stretto tra l’inquinamento da PM10 o PM 2,5 (le polveri sottili e sottilissime) e l’aumento della mortalità generato dal sars-cov2. Quindi c’è una maggiore consapevolezza su quanto sia importante lavorare per una transizione ecologica. Ma allo stesso tempo gli stili di vita adottati durante questi ultimi 12 mesi hanno fatto crescere esponenzialmente l’usa e getta (basti pensare che ogni giorno secondo le stime più accreditate, si consumano qualcosa come 3 miliardi e mezzo  di mascherine), della plastica (1 milione e mezzo di tonnellate al giorno), degli imballaggi, delle monoporzioni. Tutti rifiuti che andranno in qualche modo smaltiti. Le vendite on line hanno fatto aumentare i traffici, anche quelli aerei,  in un mondo che ancora viene alimentato dalle energie fossili. Mentre  tanti progetti di ecosostenibilità rischiano di essere stoppati dalla crisi economica che incombe su tutti i Paesi, a partire da quelli più poveri.  

Spiragli di luce

Ci sono però anche segnali incoraggianti. Ad esempio in Francia è stata approvata in prima lettura una norma che ridurrebbe i voli interni per incentivare gli spostamenti via treno. Il Next generation UE, da noi ribattezzato Recovery Plan, prevede che proprio il green new deal sia una delle strategie da perseguire. E sono oramai innumerevoli le aziende, grandi e piccole, comprese le coroporate multinazionali, che hanno in piedi progetti legati alla green economy, tanto che la parola “sostenibile” ricorre ormai in qualsiasi tipologia di prodotti. Riguardo all’inquinamento sappiamo che non tutto è filato liscio. Se è vero che nell’ultimo anno abbiamo infatti assistito ad un calo del 7% nelle emissioni di CO2 e di ozono, è altrettanto chiaro che questo deriva da una condizione del tutto eccezionale e non replicabile, dovuta ai blocchi delle attività produttive e sociali indotti dai vari lockdown. Del resto il livello di particolato fine e finissimo (le pm) non è  affatto calato, a causa principalmente del nostro modo di riscaldare abitazioni private ed edifici pubblici che è ancora legato ai combustibili fossili.

Prima i vaccini

Intanto Greta ha annunciato che non parteciperà alla conferenza sul clima Cop26 delle Nazioni Unite in programma a Glasgow il prossimo novembre sostenendo di essere preoccupata per la situazione della pandemia Covid – Coronavirus. E ha anche rivolto un invito al governo britannico a rinviare il vertice fino a quando le vaccinazioni nel mondo non saranno più diffuse: “tutto dovrebbe svolgersi nel miglior modo possibile. E il miglior modo possibile sarebbe che tutti fossero vaccinati il prima possibile così che tutti possano partecipare” ha detto. Un modo per stabilire delle priorità, e dunque rimandare la battaglia ecologica a momenti migliori? A novembre scorso, in un’intervista al National Geographic, Greta si diceva consapevole del fatto che “in un’emergenza come questa, è prevedibile che tutto il resto venga messo in sospeso". E sottolineava che, quanto fatto in relazione al covid, la velocità e l’efficacia della risposta, ad esempio, nello studio e nella produzione dei vaccini, “dimostra chiaramente come la crisi climatica non sia mai stata trattata alla stregua di una crisi”. “Viene trattata come una questione pubblica e importante, come un argomento politico. Ma non è così, perché è una crisi esistenziale" aveva precisato. Qualche mese prima, a giugno, in un’intervista alla BBC, si era dimostrata più ottimista dichiarando che “improvvisamente le persone al potere stanno dicendo che faranno ciò che serve perché non si può dare un prezzo alla vita umana”, e auspicando che la crisi sanitaria venisse trattata con un’urgenza simile”, anche perché “i politici -sosteneva - ora sottolineano l’importanza di ascoltare scienziati ed esperti”. Sono bastate dunque  poche settimane  per capire che i risultati sul piano ambientale non sarebbero stati all’altezza delle attese. Ma il futuro non è ancora scritto.  
Greta Thunberg

"Contributo di tutti"

All’inizio di questa pandemia ci si chiedeva come ne saremmo usciti. Nell’intervista al NG Greta sottolineava come “oggi abbiamo smesso di prenderci cura gli uni degli altri, e abbiamo smesso di pensare a lungo termine e in modo sostenibile”. E come questo fosse “qualcosa di molto più profondo del negazionismo della crisi climatica”. La soluzione? Secondo la giovane attivista svedese “non possiamo aspettarci che un movimento o un’iniziativa, una soluzione possano cambiare tutto, o che ci spingano nella direzione giusta, perché la crisi climatica è molto complessa. Serve il contributo di tutti". Parole che mai come oggi risuonano significative. E allora: forza Greta, il mondo ha ancora bisogno di te. Ma anche di noi.  
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