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La Danimarca vuole cacciare i rifugiati siriani. Le autorità: "A Damasco situazione sicura"

di CAMILLA PRATO -
17 aprile 2021
refugees leaving Hungary

refugees leaving Hungary

Nel corso degli ultimi anni la Danimarca ha messo in atto una serie di misure controverse per scoraggiare l’immigrazione e limitare le minoranze nel paese. Ad esserne colpiti sono in particolare i siriani fuggiti dalla guerra civile che da 10 anni imperversa nella loro terra  d’origine. Dal 2019 il la Danimarca è il primo paese dell’Unione Europea a privare i rifugiati del permesso di soggiorno, dopo aver dichiarato come sicura la zona di Damasco, la capitale siriana.

"C'è ancora la guerra civile in molti luoghi della Siria, ma ci sono parti del paese in cui la situazione è diversa" ha detto il ministro degli Esteri danese Jeppe Kofod.

Ad oggi sono più di 250 le persone a cui sono stati revocati o non rinnovati i permessi di soggiorno in Danimarca. Negli ultimi 10 anni nel Paese sono arrivati circa 34mila rifugiati dalla Siria. Tra loro ci sono lavoratori, studenti universitari, giovani che ricordano pochissimo della loro vita nello stato d’origine, e in generale persone che se ne sono costruita una nuova.

Gli uomini siriani sono generalmente esentati dalla nuova politica perché le autorità riconoscono che sono a rischio di essere arruolati nell'esercito siriano o puniti per essersi sottratti alla coscrizione. La maggior parte delle persone colpite sembrano essere donne e anziani, molti dei quali rischiano di essere separati dai loro figli.

Poiché Copenhagen non ha relazioni diplomatiche con Damasco, non può deportare direttamente le persone in Siria. Perciò il ministro degli Esteri ha spiegato che i rifugiati che si offrono volontari per il ritorno in patria riceveranno un sostegno finanziario. Finora la somma ricevuta per la partenza volontaria è stata compresa tra le 100.000 e le 200.000 corone danesi (13.400 – 26.800 euro).

L'idea delle autorità danesi è che i siriani che ritornano in patria aiuteranno a ricostruire il paese. Tuttavia, secondo la maggior parte degli esperti e delle organizzazioni internazionali, chi rientra in Siria rischia di essere incarcerato, torturato o ucciso. L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unchcr) e Amnesty International insistono sul fatto che le aree di ritorno non sarebbero abbastanza sicure.

Dopo 10 anni di guerra infatti, il presidente Bashar al-Assad è tornato a controllare la maggior parte della Siria e i combattimenti sono limitati al nord del paese. Ma rimane il problema della presenza in patria della polizia segreta che, secondo gli attivisti, avrebbe arrestato, torturato e fatto sparire più di 100.000 persone dal 2011.