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Klementyna Suchanow condannata per "vandalismo". Gli attivisti: "Prigioniera politica"

di MARIANNA GRAZI -
9 ottobre 2021
Klementyna-Suchanow

Klementyna-Suchanow

Gli attivisti e i media di opposizione parlano di "ritorno ai prigionieri politici", le  autorità polacche ribattono che si tratta di "reati comuni, atti di vandalismo". Klementyna Suchanow, leader del movimento femminista e Lgbt polacco, è stata riconosciuta colpevole per i fatti del 28 gennaio scorso e condannata – probabilmente – ad una pena detentiva dalla durata imprecisata. La sua colpa? Aver spruzzato vernice su un ufficiale di polizia e fatto graffiti su una chiesa monumento nazionale durante manifestazioni contro il divieto di aborto.

Suchanow e due uomini, identificati come Lukasz S. e Przemyslaw S., anch'essi processati e condannati, quel giorno fecero irruzione nella Corte costituzionale per protestare contro il divieto totale di aborto, spruzzarono vernice rossa (simbolo di protesta contro il dolore inflitto alle donne con il divieto di interruzione di gravidanza e alla comunità lgbt con la politica e la legislazione omofobe) su un ufficiale di polizia e tracciarono graffiti su una chiesa considerata monumento nazionale.

Per il tribunale la donna, seconda dirigente di "Strajk Kobiet" (lett. sciopero delle donne) e del movimento anti-omofobo a finire in prigione, dopo Marta Lempart già detenuta per reati analoghi, è colpevole per due distinte sentenze: la prima per violazione dell'integrità fisica dell'agente, per cui rischia fino a tre anni di reclusione, la seconda per profanazione di una chiesa, punibile con la detenzione fino a otto mesi. Dal sito di notizie NotesfromPoland si apprende che il processo è avvenuto anche a causa dell'intervento nella vicenda di un avvocato militante nell'organizzazione ultra conservatrice Ordo Iuris, Bartosz Lewandowski. Il ministro della Giustizia polacco Ziobro, a sua volta, si era espresso a favore di pene molto severe contro chi compie atti di vandalismo attaccando agenti e ufficiali di polizia o profanando chiese, definendo quest'ultimo reato "una grave offesa ai sentimenti religiosi". 

Dopo la decisione della magistratura i movimenti per i diritti umani, le femministe, il movimento lgbt e alcune voci critiche provenienti dai media di opposizione hanno definito queste condanne come la reintroduzione della figura del prigioniero politico per la prima volta dalla caduta del comunismo. Temendo che questo sia solo un primo caso simbolo.