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Home » HP Blocco Grande » Il grido di dolore della principessa Soraya: “Sono angosciata per le mie sorelle afghane. La situazione era già tragica, ora coi talebani la partita è chiusa”.

Il grido di dolore della principessa Soraya: “Sono angosciata per le mie sorelle afghane. La situazione era già tragica, ora coi talebani la partita è chiusa”.

Nipote dei sovrani che, negli anni Venti del Novecento, resero l'Afghanistan un Paese moderno e liberale, prima di essere deposti e esiliati. Nata in Italia, Soraya Malek si batte da decenni per dare dignità e riconoscimento al lavoro e alla condizione femminile nello Stato dove ora sono tornati al potere gli estremisti. "Era già predisposto, l'esercito non ha opposto resistenza"

Domenico Guarino
19 Agosto 2021
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Mentre le cancellerie occidentali stanno ancora decidendo come muoversi dopo la conquista del potere da parte dei Talebani e le loro prime uscite mediatiche volte a tranquillizzare l’opinione pubblica mondiale, e mentre ancora infuriano le polemiche su come sia stato possibile che in un paio di giorni crollasse un’impalcatura militare ed istituzionale che era stata allestita e foraggiata per due decenni da alcune tra le principali potenze mondiali, Luce! ha chiesto alla principessa Soraya Malek (primogenita di India, nipote del re d’Afghanistan Amanullah Khan, conosciuto come grande modernizzatore – si deve a lui l’abolizione del velo, ad esempio – deposto nel 1929 da una rivoluzione, e della regina Soraya Tarzi, che fu l’ispiratrice di una grande azione riformatrice) di commentare quanto sta accadendo.

Principessa afghana, nipote di sovrani modernizzatori che hanno regnato dal 1919 al 1929. Questi, cacciati dalla loro terra, vennero in esilio in Italia nel 1930, su invito del re Vittorio Emanuele lll.  Soraya è nata a Roma, dove risiede attualmente. Viaggia spesso nel suo Paese, dove si sforza di sostenere lo spirito dei suoi nonni. In particolare per quanto riguarda il lavoro e la dignità delle donne afghane. Promuove e sostiene varie iniziative che coinvolgono l’artigianato femminile d’eccellenza. Tiene regolarmente seminari sulla storia e la cultura del suo Stato.

 

Cosa ha pensato quando ha cominciato a leggere dell’avanzata verso Kabul dei Talebani?

“Ho pensato che ci sarebbe stato un accordo di transizione. Come tutti in verità. Invece era stato già predisposta la consegna del Paese senza alcun accordo”.

Come è stato possibile che un esercito poco numeroso e scarsamente equipaggiato abbia conquistato un Paese intero come l’Afghanistan senza sparare praticamente un colpo?

“Perché non c’è stata alcuna resistenza da parte dell’esercito afghano, che era senza stipendio da mesi. Anche se in questi 20 anni i paesi della Nato hanno messo a disposizione di tanti giovani afghani borse di studio nelle accademie dei vari stati. Ad esempio, per l’Italia, l’Accademia di Modena”.

II tema dei diritti delle donne: com’era da questo punto di vista la situazione? E cosa potrà accadere?

“La situazione era tragica anche prima. Secondo recenti statistiche, dopo decenni di guerre, il tasso di alfabetizzazione delle donne al di sopra dei 15 anni rimane del 17%, le bambine iscritte alla scuola primaria sono il 45% e solo l’1% delle ragazze prosegue gli studi, mentre l’87% delle afgane ha subito nella vita almeno una forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. Ora però la partita è chiusa. Le attiviste, che sono tante, verranno uccise. I taleban hanno dichiarato che le donne potranno studiare fino all’università ma con insegnanti femmine. Per me, tuttavia, sono dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano”.

L’Afghanistan non ha pace da decenni, come mai secondo lei?

“L’Afghanistan è una terra che collega l’Asia Centrale all’India, è una terra di passaggio e strategicamente importante nel cuore del continente asiatico. Vediamo nell’immediato futuro cosa accadrà. I taleban sono usciti vincitori, ma al loro interno sono fortemente divisi”.

Di cosa avrebbe bisogno l’Afghanistan secondo lei? 

“Il mio appello è quello di salvare la vita a tutte le donne che in questi anni si sono prodigate, impegnate, sacrificate per aver voce e svolgere un ruolo che spetta loro nella società”.

Qual è il suo stato d’animo ora?

“Il mio stato d’animo è di angoscia per le mie sorelle afghane”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Mentre le cancellerie occidentali stanno ancora decidendo come muoversi dopo la conquista del potere da parte dei Talebani e le loro prime uscite mediatiche volte a tranquillizzare l’opinione pubblica mondiale, e mentre ancora infuriano le polemiche su come sia stato possibile che in un paio di giorni crollasse un’impalcatura militare ed istituzionale che era stata allestita e foraggiata per due decenni da alcune tra le principali potenze mondiali, Luce! ha chiesto alla principessa Soraya Malek (primogenita di India, nipote del re d’Afghanistan Amanullah Khan, conosciuto come grande modernizzatore - si deve a lui l’abolizione del velo, ad esempio - deposto nel 1929 da una rivoluzione, e della regina Soraya Tarzi, che fu l’ispiratrice di una grande azione riformatrice) di commentare quanto sta accadendo. Principessa afghana, nipote di sovrani modernizzatori che hanno regnato dal 1919 al 1929. Questi, cacciati dalla loro terra, vennero in esilio in Italia nel 1930, su invito del re Vittorio Emanuele lll.  Soraya è nata a Roma, dove risiede attualmente. Viaggia spesso nel suo Paese, dove si sforza di sostenere lo spirito dei suoi nonni. In particolare per quanto riguarda il lavoro e la dignità delle donne afghane. Promuove e sostiene varie iniziative che coinvolgono l'artigianato femminile d'eccellenza. Tiene regolarmente seminari sulla storia e la cultura del suo Stato.   Cosa ha pensato quando ha cominciato a leggere dell'avanzata verso Kabul dei Talebani? "Ho pensato che ci sarebbe stato un accordo di transizione. Come tutti in verità. Invece era stato già predisposta la consegna del Paese senza alcun accordo". Come è stato possibile che un esercito poco numeroso e scarsamente equipaggiato abbia conquistato un Paese intero come l’Afghanistan senza sparare praticamente un colpo? "Perché non c'è stata alcuna resistenza da parte dell'esercito afghano, che era senza stipendio da mesi. Anche se in questi 20 anni i paesi della Nato hanno messo a disposizione di tanti giovani afghani borse di studio nelle accademie dei vari stati. Ad esempio, per l’Italia, l'Accademia di Modena". II tema dei diritti delle donne: com'era da questo punto di vista la situazione? E cosa potrà accadere? "La situazione era tragica anche prima. Secondo recenti statistiche, dopo decenni di guerre, il tasso di alfabetizzazione delle donne al di sopra dei 15 anni rimane del 17%, le bambine iscritte alla scuola primaria sono il 45% e solo l’1% delle ragazze prosegue gli studi, mentre l’87% delle afgane ha subito nella vita almeno una forma di violenza fisica, sessuale o psicologica. Ora però la partita è chiusa. Le attiviste, che sono tante, verranno uccise. I taleban hanno dichiarato che le donne potranno studiare fino all'università ma con insegnanti femmine. Per me, tuttavia, sono dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano". L'Afghanistan non ha pace da decenni, come mai secondo lei? "L'Afghanistan è una terra che collega l'Asia Centrale all'India, è una terra di passaggio e strategicamente importante nel cuore del continente asiatico. Vediamo nell'immediato futuro cosa accadrà. I taleban sono usciti vincitori, ma al loro interno sono fortemente divisi". Di cosa avrebbe bisogno l'Afghanistan secondo lei?  "Il mio appello è quello di salvare la vita a tutte le donne che in questi anni si sono prodigate, impegnate, sacrificate per aver voce e svolgere un ruolo che spetta loro nella società". Qual è il suo stato d'animo ora? "Il mio stato d'animo è di angoscia per le mie sorelle afghane".
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