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"Usa e Occidente hanno dialogato con gli oppressori del popolo afghano, non resta che sostenere il ripristino dei diritti umani"

di DOMENICO GUARINO -
22 agosto 2021
luce Apertura

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Dagli errori dell’Occidente, al ruolo del Pakistan, dalle denunce inascoltate delle attiviste per i diritti delle donne, ai Signori della guerra, all’angoscia di chi aveva previsto tutto e ora si trova a dover constatare che era stata purtroppo una facile cassandra: Debora Picchi, attivista, per anni ha seguito progetti  di cooperazione internazionale in Afghanistan, con il Cospe ed altre ong. L’abbiamo intervistata
Lei ha per anni frequentato l'Afghanistan come cooperante ed attivista per i diritti delle donne, che sensazioni prova ora? Che valutazione dà di quanto sta accadendo?
"Sì, per molti anni ho lavorato a progetti rivolti soprattutto alle donne, sia in Afghanistan, sia nei campi profughi afghani in Pakistan, collaborando sempre con le organizzazioni laiche e democratiche presenti nel Paese come Rawa (l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne dell’Afghanistan). Oggi il sentimento prevalente è di angoscia per il destino di quei milioni di bambine, ragazze e donne che precipiteranno in un inferno ancora peggiore di quello a cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni e, di ora in ora, la crescente preoccupazione per le amiche attiviste che hanno deciso di rimanere nel Paese a fianco della popolazione civile. Loro sono da sempre il primo obiettivo dei fondamentalisti".
Una previsione che non lascia scampo.
"La valutazione che do è molto amara ed è la stessa che danno in tanti perché la realtà di oggi è sotto gli occhi di tutti: vent’anni di occupazione militare da parte delle forze internazionali sono serviti solo a rendere il Paese ancora più instabile e a rafforzare gli islamisti".
Le attiviste afghane per i diritti delle donne hanno subito criticato la politica dell'Occidente che non ha mai escluso ed anzi ha inglobato i 'signori della guerra' e gli estremisti islamici del governo, sin dai tempi di Karzaj, perché?
"Certo, le associazioni delle donne afghane, le attiviste come Malalai Joya e più in generale le organizzazioni democratiche interne al Paese per anni hanno chiesto all'Occidente il disarmo dei Signori della guerra e della droga, l'istituzione di tribunali internazionali per processare tutti i fondamentalisti criminali contro l'umanità di tutte le fazioni – sia Talebani sia dell’Alleanza del Nord (la cosiddetta "resistenza") - e il sostegno alle forze afghane laiche e democratiche. Ma questo appello è rimasto inascoltato".
Quali sono stati gli errori dell’Occidente?
"In questi vent’anni gli Stati Uniti e l’Europa hanno preferito dialogare con i sanguinari oppressori del popolo afghano, sedersi al tavolo delle trattative con i nemici delle donne, legittimare un governo in cui trovavano posto trasgressori dei diritti umani. che hanno commesso ogni sorta di atrocità, dagli stupri alla vendita delle bambine, dal lancio di acido in faccia alle donne alle lapidazioni, dallo sventramento delle donne incinte al tiro al piattello con neonati, dalle sevizie degli oppositori alle esecuzioni sommarie di coloro che contravvenivano ad ogni minimo divieto… Non è possibile pensare ad un dialogo con nessuno di questi criminali torturatori, né della fazione dei Taleban né dell'Alleanza del Nord, né tanto meno ha senso sperare in una conciliazione fra di loro",
Qual è il ruolo del Pakistan in tutto questo?
"Il ruolo del Pakistan, purtroppo, è simile a quello di molti altri paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita e i paesi Occidentali, ossia quello di fare accordi con i fondamentalisti dei vari schieramenti, di finanziarli, armarli e addestrarli più o meno apertamente. Tutti i Signori della guerra più attrezzati, infatti, hanno alle spalle  potenze straniere che sono interessate a controllare il territorio, e per le risorse naturali e per la posizione geostrategica ricoperta dall’Afghanistan. Sia il Pakistan sia l’Iran, inoltre, negli ultimi anni hanno condotto una politica di rimpatrio coatto dei milioni di profughi afghani che avevano trovato rifugio nei paesi limitrofi durante le varie fasi dei conflitti che si sono avvicendati negli ultimi quarant’anni in Afghanistan".
Cosa bisognerebbe fare ora?
"L'unica cosa che ha senso fare oggi è sostenere le organizzazioni democratiche che si battono per i diritti umani e per i diritti delle donne. In Italia è possibile fare riferimento al Cisda (Coordinamento italiano sostegno donne afghane) che da anni cerca di dare voce a quelle donne e quegli uomini che non rinunciano all’idea di costruire la pace in Afghanistan".