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Home » HP Trio » Andrea Cavalot: “È come accordare la voce. Le prime parole piene di emozione”

Andrea Cavalot: “È come accordare la voce. Le prime parole piene di emozione”

All'Ospedale Santa Croce di Moncalieri (To) il primario di otorinolaringoiatria esegue la tiroplastica di quarto grado, per donare una voce femminile alle donne trans

Marianna Grazi
22 Febbraio 2022
Doctor talking to patient at hospital room with digital tablet

Doctor talking to patient at hospital room with digital tablet

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All’Ospedale Santa Croce di Moncalieri i sogni diventano realtà. E anche da una chitarra scordata possono rinascere armonie uniche. Ma cosa c’entra una chitarra in ospedale? Il paragone è quello tra lo strumento musicale e il corpo umano: nel centro di Moncalieri, comune della città metropolitana di Torino, alle donne trans – nate biologicamente uomo – viene donata una voce femminile. Insomma è come regalare un nuovo strumento, quello vocale, alle pazienti, “anche se non è una patologia, non hanno una malattia”, specifica a La Stampa Andrea Cavalot, il primario di otorinolaringoiatria “che vogliono indossare la loro voce. Non è solo uno parlare con una voce adeguata al fisico, ma vogliono farla vedere. Per far questo facciamo un’intervento, si chiama tiroplastica di quarto tipo, che è un po’ come l’accordatore del violino, della chitarra: si cerca di rendere una corda vocale più sottile, più tesa, in modo che aumenti la frequenza”.

I pazienti che si sottopongono a tiroplastica sono in prevalenza uomini che desiderano cambiare sesso e diventare donne

Ed ecco svelato il mistero della chitarra in ospedale. Dal 2006 il Santa Croce è uno dei rari centri pubblici italiani dove viene effettuato questo intervento alle corde vocali per realizzare il sogno di coloro che sentono di essere nate nel corpo sbagliato. E come ogni strumento che si rispetti, anche la voce ha bisogno di essere riaccordata al corpo che cambia. “Molte mi dicono che è addirittura più importante del cambio di sesso o di vedere il nome modificato sui documenti”, spiega il dottore al quotidiano torinese. L’ospedale è un un punto di riferimento anche in Europa e Cavalot tra i pochissimi – “Non più di cinque” calcola il 61enne – chirurgi esperti ad eseguire la tiroplastica di quarto tipo. Le corde vocali vengono infatti ‘affilate’ e tese’, proprio come quelle dei violini, perché la frequenza delle vibrazioni aumenti e da una tonalità, chiamiamola così, maschile si passi ad una femminile. “La frequenza dell’uomo normalmente è tra 90 e 120 hertz, la frequenza di una donna noi la percentuiamo dai 160 hertz in su” dice il primario.

Il primario di otorinolaringoiatria Andrea Cavalot

Che è appunto un maestro in questa operazione, tanto da aver raggiunto e superato la cifra record di oltre cinquecento interventi dal 2006 ad oggi. L’inventore della tiroplastica è un giapponese, il cui passaggio però lasciava traccia: le cicatrici sulla gola delle donne erano infatti evidenti; “Io invece ho perfezionato una tecnica meno invasiva, anche reversibile: chi cambia idea può sempre tornare indietro”, spiega Cavalot. “L’intervento non è doloroso né fastidioso. La cosa più fastidiosa è che bisogna mantenere un silenzio assoluto per 8 giorni. Le prime parole questi pazienti le devono dire con me quando facciamo la visita di controllo, dove si va a registrare l’interno della laringe e delle corde vocali per vedere come sono posizionate e va a fare un fonogramma, un’analisi vocale assolutamente oggettiva”. “Il mio giudizio – aggiunge il primario 61enne – non vale assolutamente niente, è un computer che mi deve dire de ho lavorato bene, se ho lavorato male, quanti hertz ho raggiunto. E quello è il momento più delicato, quando il paziente scopre questa sua nuova voce capita di tutto“.

Nella quasi totalità dei casi, chi si rivolge a lui sono uomini che desiderano cambiare sesso e diventare donne. La maggior parte dei suoi pazienti (“il 90%”) arrivano da fuori Piemonte, da tutta Italia, e uno su cinque è straniero. Ma quello che provano dopo è lo stesso: paura, tentativi, lacrime e… sorpresa. Insomma, in una parola quello a cui assiste il chirurgo è spesso un momento di pura felicità. “Il terrore di parlare, l’emozione perché senti una voce che hai sempre sognato, quindi fiumi di lacrime; poi incominciano un po’ di rogne perché a quel punto gli dico: non devi più fumare ecc” continua. “La spinta all’eccedere nella femminilizzazione c’è sia nel fisico sia nella voce. Sta a noi dire ‘No ragazze, siamo arrivati questo è il risultato ottimale, non ci muoviamo più, non andiamo più avanti’”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

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  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
All'Ospedale Santa Croce di Moncalieri i sogni diventano realtà. E anche da una chitarra scordata possono rinascere armonie uniche. Ma cosa c'entra una chitarra in ospedale? Il paragone è quello tra lo strumento musicale e il corpo umano: nel centro di Moncalieri, comune della città metropolitana di Torino, alle donne trans – nate biologicamente uomo – viene donata una voce femminile. Insomma è come regalare un nuovo strumento, quello vocale, alle pazienti, "anche se non è una patologia, non hanno una malattia", specifica a La Stampa Andrea Cavalot, il primario di otorinolaringoiatria "che vogliono indossare la loro voce. Non è solo uno parlare con una voce adeguata al fisico, ma vogliono farla vedere. Per far questo facciamo un’intervento, si chiama tiroplastica di quarto tipo, che è un po’ come l’accordatore del violino, della chitarra: si cerca di rendere una corda vocale più sottile, più tesa, in modo che aumenti la frequenza".
I pazienti che si sottopongono a tiroplastica sono in prevalenza uomini che desiderano cambiare sesso e diventare donne
Ed ecco svelato il mistero della chitarra in ospedale. Dal 2006 il Santa Croce è uno dei rari centri pubblici italiani dove viene effettuato questo intervento alle corde vocali per realizzare il sogno di coloro che sentono di essere nate nel corpo sbagliato. E come ogni strumento che si rispetti, anche la voce ha bisogno di essere riaccordata al corpo che cambia. "Molte mi dicono che è addirittura più importante del cambio di sesso o di vedere il nome modificato sui documenti", spiega il dottore al quotidiano torinese. L'ospedale è un un punto di riferimento anche in Europa e Cavalot tra i pochissimi – "Non più di cinque" calcola il 61enne – chirurgi esperti ad eseguire la tiroplastica di quarto tipo. Le corde vocali vengono infatti 'affilate' e tese', proprio come quelle dei violini, perché la frequenza delle vibrazioni aumenti e da una tonalità, chiamiamola così, maschile si passi ad una femminile. "La frequenza dell’uomo normalmente è tra 90 e 120 hertz, la frequenza di una donna noi la percentuiamo dai 160 hertz in su" dice il primario.
Il primario di otorinolaringoiatria Andrea Cavalot
Che è appunto un maestro in questa operazione, tanto da aver raggiunto e superato la cifra record di oltre cinquecento interventi dal 2006 ad oggi. L'inventore della tiroplastica è un giapponese, il cui passaggio però lasciava traccia: le cicatrici sulla gola delle donne erano infatti evidenti; "Io invece ho perfezionato una tecnica meno invasiva, anche reversibile: chi cambia idea può sempre tornare indietro", spiega Cavalot. "L’intervento non è doloroso né fastidioso. La cosa più fastidiosa è che bisogna mantenere un silenzio assoluto per 8 giorni. Le prime parole questi pazienti le devono dire con me quando facciamo la visita di controllo, dove si va a registrare l’interno della laringe e delle corde vocali per vedere come sono posizionate e va a fare un fonogramma, un’analisi vocale assolutamente oggettiva". "Il mio giudizio – aggiunge il primario 61enne – non vale assolutamente niente, è un computer che mi deve dire de ho lavorato bene, se ho lavorato male, quanti hertz ho raggiunto. E quello è il momento più delicato, quando il paziente scopre questa sua nuova voce capita di tutto". Nella quasi totalità dei casi, chi si rivolge a lui sono uomini che desiderano cambiare sesso e diventare donne. La maggior parte dei suoi pazienti ("il 90%") arrivano da fuori Piemonte, da tutta Italia, e uno su cinque è straniero. Ma quello che provano dopo è lo stesso: paura, tentativi, lacrime e... sorpresa. Insomma, in una parola quello a cui assiste il chirurgo è spesso un momento di pura felicità. "Il terrore di parlare, l’emozione perché senti una voce che hai sempre sognato, quindi fiumi di lacrime; poi incominciano un po’ di rogne perché a quel punto gli dico: non devi più fumare ecc" continua. "La spinta all’eccedere nella femminilizzazione c’è sia nel fisico sia nella voce. Sta a noi dire 'No ragazze, siamo arrivati questo è il risultato ottimale, non ci muoviamo più, non andiamo più avanti'”.
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