Si parla di una pandemia che a quanto sembra tende a coinvolgere un numero sempre maggiore di persone nel mondo, anche se il termine usato per rendere l’idea è scientificamente inappropriato. Si tratta del diabete, capace di mettere a rischio la stessa vita di chi ne soffre se non adeguatamente affrontata e curata. Ad essere affetti dalla malattia sarebbero 350 milioni di soggetti nell’intero pianeta, una cifra certamente sottostimata se si considera il fatto che sono in tanti a non accorgersi neppure di soffrire di questa patologia, soprattutto nel caso del tipo 2, per sua natura molto subdola e che dipende nella stragrande maggioranza dei casi da comportamenti alimentari e stili di vita poco sani.
Il più delle volte, quando i sintomi si presentano con astenia, grande sete e prurito può essere già tardi per immaginare possibile una marcia indietro. Un problema ben presente anche in Italia con punte che nella sola Toscana toccano i 250 mila pazienti individuati. A questa diffusissima forma di diabete se ne affianca un’altra, quella definita di tipo 1, che è di origine prettamente autoimmune.
In aumento fra i giovani
In ogni caso si sta assistendo a un incremento allarmante del diabete mellito anche nella popolazione più giovane e perfino tra gli adolescenti, complici in alcuni casi scorrette abitudini alimentari e certi disagi psicologici accompagnati da bulimia e anoressia. A studiare tutti questi complessi aspetti è il professore Edoardo Mannucci, uno dei più eminenti studiosi del settore, illustre endocrinologo e diabetologo, dirigente medico di primo livello dal 2004 presso l’ospedale universitario di Careggi.
“La cosa che in questo momento amo di più è insegnare ai giovani. Quindi mi considero per prima cosa docente, poi ricercatore, quindi medico.” rivela Mannucci che vanta un prestigiosissimo curriculum professionale per la sua partecipazione a numerosissimi convegni di livello internazionale. In più il professore è autore di tante pubblicazioni scientifiche e svolge la sua attività di docente presso l’Università di Firenze. E lancia un allarme preciso: “ragazzi smettetela di usare la metformina per dimagrire perché in sostanza per quello scopo non può servire assolutamente. Prendere un farmaco a vita per perdere uno o due chili al massimo non è una decisione razionale”.
Parola all’esperto
Si parla di pandemia diabete. Quale delle due categorie deve fare più paura?
“Il numero delle persone affette da diabete sta rapidamente aumentando in tutto il mondo. Per questo si parla di “pandemia” , anche se il termine è improprio: questo termine si dovrebbe riferire solo alle malattie infettive che possono essere trasmesse da una persona all’altra, mentre il diabete non è tra queste. Dopo gli eventi degli ultimi anni la stessa parola ‘pandemia’ evoca forti emozioni assieme alla profonda paura di un pericolo ignoto e incontrollabile che spesso genera in qualcuno fantasie irrazionali fondate su complotti e manipolazioni. L’espressione ‘diabete’, appare invece più familiare e a prima vista meno disturbante. In realtà questa malattia se non controllata adeguatamente, può provocare moltissimi danni, causando altre patologie (dall’infarto all’ictus, dai danni oculari all’insufficienza renale fino alle ulcere ai piedi), capaci di accorciare l’aspettativa di vita e soprattutto peggiorare la qualità della vita. Tutti questi danni sono evitabili quando gli sbalzi glicemici vengono controllati e curati in maniera adeguata.”
C'è un incremento della patologia anche tra i giovani?
“Considerato il fatto che esistono vari tipi di diabete, quello più frequente tra i giovani (più o meno fino a 35-40 anni) è il tipo 1, che è una malattia autoimmune: il sistema immunitario inizia a distruggere le cellule del pancreas che producono l’insulina e così si presenta la condizione patologica. Nelle persone di età superiore a 40 anni, il tipo più frequente è invece il diabete di tipo 2, forma più comune nella nostra popolazione: situazione legata anche al sovrappeso e alla sedentarietà, che può essere curata con l’attività fisica e vari farmaci specifici compresa, se necessario, l’insulina. Da qualche decennio anche il tipo 2 tende a presentarsi sempre più di frequente tra i giovani, con casi che coinvolgono trentenni e addirittura adolescenti.”
Dipende anche per le nuove generazioni da uno stile di vita sbagliato?
“Se il diabete di tipo 1 non dipende dallo stile di vita, quello di tipo 2 anche tra i giovani è invece associato al sovrappeso e alla sedentarietà. L’aumento progressivo del numero delle persone obese ha dunque un ruolo fondamentale nell’incremento della patologia. In realtà nonostante tutti gli sforzi di sensibilizzazione dei medici volti all’importanza dell’attività fisica, la maggior parte degli italiani resta drammaticamente sedentaria. In più assistiamo all’abbandono delle salutari abitudini tipiche della dieta mediterranea a favore di cibi molto meno sani: fenomeno probabilmente irreversibile soprattutto nelle nuove generazioni.”
Cosa ne pensa della moda tra i ragazzi di assumere Metformina per dimagrire?
“Chiariamo subito l’equivoco: la metformina funziona per controllare il diabete, ma non è affatto un farmaco dimagrante. Dagli studi condotti su questa molecola si osserva chiaramente come sia in grado di provocare una perdita di peso assai modesta, che non supera i limiti di 1-2 chili. Inoltre non appena la somministrazione viene sospesa si riprende peso nell’arco di poche settimane. Direi quindi che prendere un farmaco per tutta la vita per arrivare a pesare 1 o 2 chili in meno non rappresenti la più razionale delle decisioni.”
Il problema obesità si connette al diabete?
“Certamente: l’obesità è una delle cause principali del diabete 2, come detto la forma più frequente. In questo caso l’aumento della glicemia è dovuto alla incapacità del pancreas di produrre insulina a sufficienza e a una ridotta sensibilità dell’organismo dall’insulina. Sia la difficoltà a produrre questo importante ormone che il suo fabbisogno sono molto diversi da una persona all’altra a causa di fattori genetici. Inoltre, con il passare degli anni la produzione di insulina diminuisce mentre il fabbisogno aumenta, quale espressione del normale processo di invecchiamento.”
Quali sono i danni più frequenti?
“Come ho già anticipato, la glicemia alta, nel corso degli anni, provoca innanzitutto problemi cardiovascolari, aumentando il rischio di infarto, di scompenso cardiaco e ictus. Sono molto frequenti anche i danni a carico degli occhi, che, se non curati tempestivamente, possono portare a riduzioni gravi della vista,mentre il coinvolgimento dei reni può condurre all’insufficienza renale fino alla dialisi. E’ bene comunque ricordare che tutti questi problemi possono essere evitati mantenendo sotto controllo i livelli glicemici e gli altri fattori di rischio, in particolare la pressione alta e il colesterolo, grazie alle molteplici terapie oggi a disposizione.”
La pandemia COVID ha peggiorato le cose?
“Indubbiamente la malattia infettiva in sé e i farmaci per curarla hanno fatto registrare picchi glicemici notevoli. In più il lockdown ha reso decisamente molto più difficile accedere agli ambulatori medici e ai laboratori per i necessari esami di controllo. Per quanto riguarda gli effetti più a lungo termine, la pandemia ha posto al centro dell’attenzione le malattie acute, mettendo in secondo piano le malattie croniche come diabete e obesità. Questo ha prodotto conseguenze potenzialmente negative sull’organizzazione dell’assistenza al diabete. Nei momenti di emergenza, sono stati assunti negli ospedali numerosi medici: adesso che l’allarme è finito, la riduzione dei finanziamenti alla sanità rende molto difficili ulteriori assunzioni. Il risultato è che il numero di specialisti in servizio è oggi, nella maggior parte delle Regioni, molto inferiore rispetto a prima della pandemia.”
In base alla sua esperienza e ai dati oggettivi, rischiano di più i soggetti di sesso maschile o femminile?
“Pur essendo la medicina di genere molto di moda, i diabetologi non possono dare a riguardo un grande contributo. Infatti il diabete è una malattia che non fa grandi differenze tra uomini e donne: la probabilità di svilupparlo è molto simile tra i due sessi, anche per quanto concerne i possibili danni provocati dalla malattia.”
Quali le speranze per il futuro?
“Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a grandissimi cambiamenti nella cura del diabete. Nel caso del tipo 1 abbiamo assistito a uno straordinario sviluppo di tecnologie per la misurazione della glicemia (i sensori) e per la somministrazione dell’insulina (i microinfusori). Attualmente, disponiamo di sistemi sempre più sofisticati ‘misti’, grazie ai quali la quantità di insulina somministrata è regolata automaticamente, almeno in parte, dai valori degli zuccheri registrati. Una specie di “pancreas artificiale” in grado di raggiungere livelli di controllo del tasso glicemico impensabili fino a qualche anno fa.
Per il diabete 2 le grandi novità riguardano invece i farmaci che sono sempre più efficaci, sempre più sicuri e capaci di conferire maggiore protezione nelle malattie cardiovascolari e renali. Adesso alle terapie per il diabete si stanno aggiungendo quelle innovative per l’obesità, con efficacia e sicurezza assai maggiori rispetto al passato. Occorre comunque tenere presente che l’obesità è una condizione cronica, alla stessa stregua di diabete o l’ipertensione, e come in quei casi i farmaci prescritti vanno assunti in maniera scrupolosa e a vita.”