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Home » HP Trio » In Florida approvata la legge sull’istruzione che gli attivisti Lgbtq+ chiamano “Non dire gay”

In Florida approvata la legge sull’istruzione che gli attivisti Lgbtq+ chiamano “Non dire gay”

Vietato affrontare i temi dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere da parte di insegnanti ed educatori terzi nelle scuole pubbliche fino al terzo grado. Le proteste di attivisti, studenti e della stessa Casa Bianca

Camilla Prato
9 Marzo 2022
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Manca solo una firma e poi la controversa legge che regola l’insegnamento nelle scuole pubbliche di temi come l’orientamento sessuale e l’identità di genere entrerà in vigore. Il Senato della Florida ha infatti approvato martedì 8 marzo la proposta che gli oppositori hanno soprannominato simbolicamente “Don’t Say Gay” (“Non dire gay”). Ora il testo è passato sulla scrivania del governatore repubblicano Ron DeSantis che la firmerà rendendola legge. Non c’è praticamente alcun dubbio sulla sua entrata in vigore, visto che negli ultimi giorni, il repubblicano ha sostenuto che è stata progettata per proteggere gli studenti più giovani della Florida dall’esposizione a temi sensibili in classe. “Faremo in modo che i genitori possano mandare i loro figli all’asilo senza che alcune di queste materie vengano ‘iniettate’ nel loro curriculum scolastico”, ha detto il governatore lunedì.

Un padre manifesta contro la legge chiamata “Don’t say gay” in Florida

Fin dal principio, la misura ha attirato una decisa opposizione da parte degli attivisti LGBTQ+, delle associazioni studentesche, dei democratici, della Casa Bianca e dell’industria dell’intrattenimento, che hanno denunciato l’impatto terrificante che la legge avrebbe su alunni gay, lesbiche e transgender. L’attenzione mediatica sullo stato, intanto, continua a crescere, sia grazie alla ‘battaglia culturale’ promossa dai repubblicani sia perché lo stesso DeSantis sta scalando posizioni come un potenziale candidato presidenziale del partito per le prossime elezioni.

 

Il disegno di legge

La nuova legge della Florida afferma che: “L’istruzione in classe da parte del personale scolastico o di terzi, sull’orientamento sessuale o l’identità di genere, non può avvenire dalla scuola materna fino al terzo grado né in un modo che non sia appropriato all’età o allo sviluppo degli studenti in conformità agli standard statali”. Quindi di base la norma non impedirebbe le discussioni spontanee sull’orientamento sessuale e l’identità di genere nelle scuole, ma è invece destinata a impedire ai distretti di integrare questi argomenti nei programmi ufficiali. Inoltre i genitori sarebbero autorizzati a citare in giudizio i distretti per le violazioni riscontrate. Nelle prime fasi di discussione della legge Joe Harding, rappresentante statale repubblicano, aveva presentato un emendamento nel quale si richiedeva a una scuola di informare i genitori se uno studente avesse fatto coming out come LGBTQ+ con un insegnante, rinnovando una diffusa condanna. Poi ha deciso di ritirarlo: “Nulla nell’emendamento riguardava l’outing di uno studente. Piuttosto che combattere la disinformazione relativa a questo, ho deciso di concentrarmi sul disegno di legge principale, che consente ai genitori di essere impegnati nella vita dei loro figli”, ha detto il senatore.

Il senatore repubblicano della Florida che ha proposto la legge “Don’t say gay”

Lui e gli altri legislatori del GOP sostengono infatti che questi argomenti debbano essere affrontati in famiglia con i loro figli, piuttosto che con gli educatori a scuola. “So quanto sia importante responsabilizzare i genitori in questo ambito. Voglio incoraggiare a farlo proprio – ha detto il senatore dello Stato Dennis Baxley, che ha presentato la proposta –. Sono i vostri figli  ed è difficile capire quali influenze ci saranno su di loro e quali tipi di decisioni prenderanno e come tutto ciò emergerà”.

Le proteste di attivisti e democratici

“Quello che dobbiamo fare è insegnare la tolleranza, la cura, l’amore, la non discriminazione, il contrasto al bigottismo. Ditemi come questa legge fa questo. Ditemi come questa legge ci aiuta a creare adulti gentili, generosi e tolleranti. Io la vedo diversamente. Vedo esattamente l’opposto“, ha detto la senatrice democratica Tina Polsky, votando contro l’approvazione della nuova legge. La denuncia dell’ala opposta del Senato, in Florida, riguarda anche il linguaggio adottato nel testo della misura; in particolare le frasi “istruzione in classe” e “appropriato all’età” potrebbero essere interpretate abbastanza ampiamente, tanto da far sì che discutere argomenti legati all’orientamento sessuale o all’identità di genere in qualsiasi grado scolastico potrebbe innescare cause da parte dei genitori e quindi potrebbe creare un’atmosfera di timore, in cui gli insegnanti sarebbero incentivati a evitare sempre questi temi.

Le proteste degli studenti, degli insegnanti e delle famiglie contro la legge che regola in Florida gli insegnamenti nelle scuole pubbliche di materie sull’orientamento sessuale e l’identità di genere

Ma la protesta non è rimasta interna al Senato. In tutto lo stato, la legge ha scatenato manifestazioni e scioperi degli studenti. A dozzine, insieme ad attivisti, sostenitori e genitori hanno invaso le aule del distretto durante le prime fasi del processo di discussione del disegno di legge e poi hanno riempito le sale della Camera dei Deputati mentre procedeva verso il passaggio finale, spesso intonando il coro “Noi diciamo gay!”. “Abbiamo fallito come legislatura se centinaia di ragazzi stanno fuori a gridare per i loro diritti e voi non potete spiegare ai bambini di prima e seconda elementare e a quelli di terza media quali sono le motivazioni della vostra legge. Avete fallito”, ha detto il senatore dem Jason Pizzo.

La Casa Bianca: “Misura odiosa”

Anche la Casa Bianca ha criticato la misura della Florida e il presidente Joe Biden l’ha definita “odiosa”. Martedì, poco dopo l’approvazione in Senato, il segretario all’istruzione degli Stati Uniti, Miguel Cardona, ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava: “I leader in Florida stanno dando la priorità a disegni di legge odiosi che danneggiano alcuni degli studenti più bisognosi“. “Il Dipartimento dell’Educazione degli Stati Uniti ha chiarito che tutte le scuole che ricevono finanziamenti federali devono seguire la legge federale sui diritti civili, comprese le protezioni del Titolo IX contro la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere – ha aggiunto Cardona –. Siamo al fianco dei nostri studenti LGBTQ+ in Florida e in tutto il Paese, ed esortiamo i leader dello Stato ad assicurarsi che tutti i loro studenti siano protetti e sostenuti”.

La Disney non si schiera e scatta la polemica

Parallelamente alle proteste sulla legge a scaldare gli animi dei sostenitori della comunità LGBTQ+ c’è anche la polemica contro la Disney, che ad oggi non solo non si esprime a condanna della contestatissima misura, ma soprattutto rimane in prima linea nel finanziare diversi politici che l’hanno sostenuta. Ad oggi infatti Walt Disney Company ha solo rilasciato una dichiarazione a sostegno dei propri dipendenti e telespettatori LGBTQ+, senza mai condannare apertamente la misura della Florida né ritirare finanziamenti.

I sostenitori Lgbtq+ marciano durante una manifestazione alla Walt Disney Company di Orlando, in Florida, guidata dagli attivisti della AIDS Healthcare Foundation (AHF). I manifestanti vogliono sollecitare la Disney a esprimersi pubblicamente in opposizione all’odiosa e omofoba legge della Florida “Don’t Say Gay” contro i giovani LGBTQ+

“Comprendiamo quanto sia importante questo problema per i nostri dipendenti LGBTQ+ e non solo. Da quasi un secolo la Disney è una forza che unisce le persone. Siamo determinati affinché possa rimanere un luogo in cui tutti siano trattati con dignità e rispetto. Possiamo avere un maggior impatto nella creazione di un mondo più inclusivo attraverso quei contenuti stimolanti che produciamo, grazie alla cultura di accoglienza che creiamo e alle diverse organizzazioni comunitarie che supportiamo, comprese quelle che rappresentano la comunità LGBTQ+” sono le uniche parole che arrivano dall’azienda.

Gli attivisti di tutta America hanno però paragonato la “Don’t Say Gay” alle leggi contro la propaganda gay approvate recentemente in Ungheria, Polonia e Russia, ma richiamando anche la britannica “Section 28″ voluta dalla Lady di Ferro Margaret Thatcher. E tra chi ha voluto prendere le distanze pubblicamente c’è lo sceneggiatore disneyano Benjamin Siemon, che ha chiesto al proprio datore di lavoro di prendere le distanze da una legge che “lascerebbe i bambini soli, spaventati e feriti”. Se la major continuerà a finanziare alcuni politici che difendono la misura, secondo Siemon sarebbe come “dire che questo disegno di legge va bene”.

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Instagram

  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
  • Esplosiva, incantevole, nata dalla fantasia di un fumetto per trasformarsi nell’immagine potente di un poster dai colori acrilici alla Andy Warhol. Psichedelica e attraente, conturbante e sexy. Bella da guastare il sonno a molti. Maschio eppure femmina. 

Eva Robin’s, lei che ha fatto sognare generazioni, è stata e rimane il simbolo incontrastato della transessualità. 

Dicevano che somigliasse in modo sorprendente al personaggio di Diabolik Eva Kant, e lei su quell’immagine ci ha lavorato, quasi divertendosi, rendendola viva e facendone una star in carne e ossa. 

"Io sono attratta sessualmente da un uomo ma la mia affettività è diretta verso le donne. Senza dubbio il maschio che c’è in me pretende la sua parte”.

Attrice di cinema e teatro, showgirl e cantante, Eva continua a calcare le scene recitando in ruoli teatrali di grande spessore e impegno. La sua figura di oggi sembra sfumata, il suo volto un po’ flou, l’esuberanza di un tempo addolcita dal tempo. 

Leggi l
  • Al cinema e in tv serve una rappresentazione più reale dei corpi. Anche di quelli in carne.

A rivendicare il diritto di apparire per come si è, soprattutto nei ruoli che chiedono una determinata fisicità, è Shannon Purser, nota soprattutto per aver interpretato Barb Holland in "Stranger Things" e Ethel Muggs in “Riverdale". La 25enne statunitense ha criticato aspramente il trattamento riservato agli “attori grassi” a Hollywood, in particolare per quanto riguarda il casting.

“Non assumono attori grassi per ruoli iconici grassi perché vogliono grandi nomi. Non ci sono quasi mai star grasse di primo piano perché agli attori grassi non è consentita la possibilità di salire di livello. Non ci viene data la giusta visibilità perché l’industria ci vede come elementi bidimensionali“.

Shannon Purser aveva già affrontato la questione in un’intervista a Vanity Fair durante le riprese di “Sierra Burgess è una sfigata”. 

“Anche le donne plus size meritano di avere un principe e il libero arbitrio. Crescendo, se avessi avuto qualcuno che mi somigliava, mi sarei sentita molto meno sola e più compresa. Spero che questo film sfidi i giovani a ripensare il modo in cui guardano se stessi e l’un l’altro, imparando ad abbracciare l’autenticità”. 

E chissà che questa volta, oltre alle parole, non si arrivi anche ai fatti, per invertire la tendenza discriminante e grassofobica proprio nella culla dei sogni: Hollywood.

Di Marianna Grazi ✍

#lucenews #lucelanazione #shannonpurser #barbstrangerthings #hollywood #bodyshaming #sierraburgessisaloser
  • Sul tema dell
Manca solo una firma e poi la controversa legge che regola l'insegnamento nelle scuole pubbliche di temi come l'orientamento sessuale e l'identità di genere entrerà in vigore. Il Senato della Florida ha infatti approvato martedì 8 marzo la proposta che gli oppositori hanno soprannominato simbolicamente "Don't Say Gay" ("Non dire gay"). Ora il testo è passato sulla scrivania del governatore repubblicano Ron DeSantis che la firmerà rendendola legge. Non c'è praticamente alcun dubbio sulla sua entrata in vigore, visto che negli ultimi giorni, il repubblicano ha sostenuto che è stata progettata per proteggere gli studenti più giovani della Florida dall'esposizione a temi sensibili in classe. "Faremo in modo che i genitori possano mandare i loro figli all'asilo senza che alcune di queste materie vengano 'iniettate' nel loro curriculum scolastico", ha detto il governatore lunedì.
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Fin dal principio, la misura ha attirato una decisa opposizione da parte degli attivisti LGBTQ+, delle associazioni studentesche, dei democratici, della Casa Bianca e dell'industria dell'intrattenimento, che hanno denunciato l'impatto terrificante che la legge avrebbe su alunni gay, lesbiche e transgender. L'attenzione mediatica sullo stato, intanto, continua a crescere, sia grazie alla 'battaglia culturale' promossa dai repubblicani sia perché lo stesso DeSantis sta scalando posizioni come un potenziale candidato presidenziale del partito per le prossime elezioni.  

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Il senatore repubblicano della Florida che ha proposto la legge "Don't say gay"
Lui e gli altri legislatori del GOP sostengono infatti che questi argomenti debbano essere affrontati in famiglia con i loro figli, piuttosto che con gli educatori a scuola. "So quanto sia importante responsabilizzare i genitori in questo ambito. Voglio incoraggiare a farlo proprio – ha detto il senatore dello Stato Dennis Baxley, che ha presentato la proposta –. Sono i vostri figli  ed è difficile capire quali influenze ci saranno su di loro e quali tipi di decisioni prenderanno e come tutto ciò emergerà".

Le proteste di attivisti e democratici

"Quello che dobbiamo fare è insegnare la tolleranza, la cura, l'amore, la non discriminazione, il contrasto al bigottismo. Ditemi come questa legge fa questo. Ditemi come questa legge ci aiuta a creare adulti gentili, generosi e tolleranti. Io la vedo diversamente. Vedo esattamente l'opposto", ha detto la senatrice democratica Tina Polsky, votando contro l'approvazione della nuova legge. La denuncia dell'ala opposta del Senato, in Florida, riguarda anche il linguaggio adottato nel testo della misura; in particolare le frasi "istruzione in classe" e "appropriato all'età" potrebbero essere interpretate abbastanza ampiamente, tanto da far sì che discutere argomenti legati all'orientamento sessuale o all'identità di genere in qualsiasi grado scolastico potrebbe innescare cause da parte dei genitori e quindi potrebbe creare un'atmosfera di timore, in cui gli insegnanti sarebbero incentivati a evitare sempre questi temi.
Le proteste degli studenti, degli insegnanti e delle famiglie contro la legge che regola in Florida gli insegnamenti nelle scuole pubbliche di materie sull'orientamento sessuale e l'identità di genere
Ma la protesta non è rimasta interna al Senato. In tutto lo stato, la legge ha scatenato manifestazioni e scioperi degli studenti. A dozzine, insieme ad attivisti, sostenitori e genitori hanno invaso le aule del distretto durante le prime fasi del processo di discussione del disegno di legge e poi hanno riempito le sale della Camera dei Deputati mentre procedeva verso il passaggio finale, spesso intonando il coro "Noi diciamo gay!". "Abbiamo fallito come legislatura se centinaia di ragazzi stanno fuori a gridare per i loro diritti e voi non potete spiegare ai bambini di prima e seconda elementare e a quelli di terza media quali sono le motivazioni della vostra legge. Avete fallito", ha detto il senatore dem Jason Pizzo.

La Casa Bianca: "Misura odiosa"

Anche la Casa Bianca ha criticato la misura della Florida e il presidente Joe Biden l'ha definita "odiosa". Martedì, poco dopo l'approvazione in Senato, il segretario all'istruzione degli Stati Uniti, Miguel Cardona, ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava: "I leader in Florida stanno dando la priorità a disegni di legge odiosi che danneggiano alcuni degli studenti più bisognosi". "Il Dipartimento dell'Educazione degli Stati Uniti ha chiarito che tutte le scuole che ricevono finanziamenti federali devono seguire la legge federale sui diritti civili, comprese le protezioni del Titolo IX contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere – ha aggiunto Cardona –. Siamo al fianco dei nostri studenti LGBTQ+ in Florida e in tutto il Paese, ed esortiamo i leader dello Stato ad assicurarsi che tutti i loro studenti siano protetti e sostenuti".

La Disney non si schiera e scatta la polemica

Parallelamente alle proteste sulla legge a scaldare gli animi dei sostenitori della comunità LGBTQ+ c'è anche la polemica contro la Disney, che ad oggi non solo non si esprime a condanna della contestatissima misura, ma soprattutto rimane in prima linea nel finanziare diversi politici che l’hanno sostenuta. Ad oggi infatti Walt Disney Company ha solo rilasciato una dichiarazione a sostegno dei propri dipendenti e telespettatori LGBTQ+, senza mai condannare apertamente la misura della Florida né ritirare finanziamenti.
I sostenitori Lgbtq+ marciano durante una manifestazione alla Walt Disney Company di Orlando, in Florida, guidata dagli attivisti della AIDS Healthcare Foundation (AHF). I manifestanti vogliono sollecitare la Disney a esprimersi pubblicamente in opposizione all'odiosa e omofoba legge della Florida "Don't Say Gay" contro i giovani LGBTQ+
“Comprendiamo quanto sia importante questo problema per i nostri dipendenti LGBTQ+ e non solo. Da quasi un secolo la Disney è una forza che unisce le persone. Siamo determinati affinché possa rimanere un luogo in cui tutti siano trattati con dignità e rispetto. Possiamo avere un maggior impatto nella creazione di un mondo più inclusivo attraverso quei contenuti stimolanti che produciamo, grazie alla cultura di accoglienza che creiamo e alle diverse organizzazioni comunitarie che supportiamo, comprese quelle che rappresentano la comunità LGBTQ+” sono le uniche parole che arrivano dall'azienda. Gli attivisti di tutta America hanno però paragonato la “Don’t Say Gay” alle leggi contro la propaganda gay approvate recentemente in Ungheria, Polonia e Russia, ma richiamando anche la britannica "Section 28" voluta dalla Lady di Ferro Margaret Thatcher. E tra chi ha voluto prendere le distanze pubblicamente c'è lo sceneggiatore disneyano Benjamin Siemon, che ha chiesto al proprio datore di lavoro di prendere le distanze da una legge che “lascerebbe i bambini soli, spaventati e feriti”. Se la major continuerà a finanziare alcuni politici che difendono la misura, secondo Siemon sarebbe come "dire che questo disegno di legge va bene".
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