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Home » HP Trio » “Io, medico gay, ho scritto a tutti i senatori invitandoli ad approvare il ddl Zan. Solo cinque hanno risposto”

“Io, medico gay, ho scritto a tutti i senatori invitandoli ad approvare il ddl Zan. Solo cinque hanno risposto”

Paolo Spinta, 35 anni, medico della provincia di Varese, omosessuale si è rivolto agli eletti di palazzo Madama raccontando le angherie subite: dai compagni di scuola fino a un prof universitario. "Uno mi ha risposto che nessun altro gay gli ha rivolto la stessa richiesta"

Federico Martini
18 Settembre 2021
ALESSANDRO ZAN PARTITO DEMOCRATICO

ALESSANDRO ZAN PARTITO DEMOCRATICO

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“Onorevole, sono Paolo Spina, trentacinquenne residente in provincia di Varese. Sono medico ospedaliero e da un anno e mezzo vivo insieme al mio fidanzato Domenico. Mi piacerebbe sederci a un tavolo, bere un caffè e raccontarci le difficoltà e le soddisfazioni dei nostri rispettivi cammini professionali. In questi giorni gli scranni del Senato entrano nelle nostre case in seguito alle discussioni sul ddl Zan (nella foto il promotore Alessandro Zan ndr). Io non mi intendo di leggi e decreti e non voglio discettare con lei su orientamenti, generi, diritti, perché credo che ognuno di noi faccia i conti con se stesso nell’intimo della propria coscienza. Voglio invece raccontarle di un adolescente che ogni mattina percorreva una strada alternativa, più lunga, entrando a scuola dal retro, per non incontrare altri cinque ragazzi come lui che gli urlavano contro: ‘’Fr*cio!’’. Di quel ragazzino che non sapeva se ciò che sentiva nel cuore per un altro ragazzo fosse bello e buono. Lo stesso ragazzino che, alcuni anni dopo, in un’aula di università si è sentito dire da un professore durante una lezione: “Ai miei tempi chi portava l’anello a destra era ricchi*ne: è ancora così?’’.

“No, Onorevole, la mia vita non è stata infelice, ma stupenda. La mia vita non è stata difficile perché ho avuto al mio fianco una famiglia e tanti amici. Sono certo che farà tutto quello che le è possibile per far in modo che il ddl Zan venga approvato, perché quanto le ho scritto può essere ciò che porta nel cuore sua figlia, suo fratello, la sua migliore amica, il professionista di cui si fida.

Buon lavoro e grazie”.

 

“Ho tanti amici gay, nessuno mi ha chiesto di difendere il ddl”

 

Questa è la mail che Paolo Spina, membro del Progetto Giovani Cristiani Lgbtq, composto da un gruppo informale di giovani e riconosciuto a livello nazionale, ha inviato a tutti i senatori della Repubblica il 15 luglio scorso e che ha voluto condividere con l’agenzia giornalistica Adnkronos. Solo state solo 5 le risposte che ha ricevuto, delle quali la prima, racconta il medico 35enne, lo ha destabilizzato e riportava le seguenti parole: “Ho tanti amici nella sua condizione ma nessuno di loro mi ha mai chiesto di difendere questa battaglia. Viviamo in una democrazia rappresentativa e rispetteremo le decisioni delle istituzioni che rappresentano il popolo”.

 

“Siamo stanchi dei ‘però'”

“Non ci sono rimasto deluso, né dalla risposta ricevuta né in generale dal fatto di aver avuto ricevuto pochi riscontri. Capisco quanto possa essere complicato e impegnativo il lavoro di un senatore e ho rispetto per il lavoro di ogni rappresentante politico. Inviando questa mail, non volevo ricevere delle risposte ma solo raccontare la mia storia – spiega Paolo – perché il loro lavoro non è rispondere a me ma rispondere al popolo. Credo che un personaggio politico debba rappresentare la vita concreta nel proprio lavoro, pensando che ogni cittadino della repubblica è un figlio e che il popolo è la famiglia. Siamo stanchi di sentire le solite frasi ‘ho tanti amici gay, però…’. Siamo stanchi dei però”.

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Instagram

  • Passa anche da un semplice tasto la possibilità per una donna, vittima di stalking, di salvarsi da chi vuole farle del male. Il tasto di uno smartwatch che, una volta premuto, lancia un’immediata richiesta di aiuto alle forze di polizia. E grazie a questo orologio, Marta (il nome è di fantasia) potrà ora vedere la sua vita cambiata in meglio. La donna aveva smesso di vivere, a causa della relazione asfissiante e malata con il suo ex marito violento che aveva promesso di sfregiarla con l’acido e poi ucciderla e seppelire il suo corpo in un terreno. Ma venerdì scorso a Marta è stato consegnato il primo di 45 smartwatch che saranno distribuiti ad altrettante vittime. L’orologio è collegato con la centrale operativa del comando provinciale dei carabinieri di Napoli: appena arriva l’Sos, la vittima viene geolocalizzata e arrivano i soccorsi.

E così Marta ha ripreso la sua vita interrotta per paura dell’ex e delle sue minacce. «Posso uscire più serena e tranquilla dopo mesi e mesi trascorsi rintanata in casa. Grazie a questo orologio mi sento protetta. È vero, devo rinunciare alla mia privacy, ma è un prezzo che sono disposta a pagare.»

Lo scorso 30 novembre i carabinieri del Comando provinciale di Napoli, la sezione fasce deboli della Procura partenopea coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, la Fondazione Vodafone Italia e la Soroptimist international club Napoli hanno annunciato l’avvio del progetto pilota "Mobile Angel", che prevede, appunto, la consegna di questo orologio salvavita alle vittime di maltrattamenti. Il progetto è stato esteso anche alle città di Milano e Torino. Lo smartwatch affidato a Marta è il primo nel Sud Italia. Il mobile angel, spiegano i Carabinieri, rientra in un progetto ad ampio respiro che ha come punto focale le vittime di violenza. Un contesto di tutela all’interno del quale è stata istituita anche la "stanza tutta per sé", un ambiente dove chi ha subìto vessazioni può sentirsi a suo agio nel raccontare il proprio vissuto. 

#lucenews #lucelanazione #mobileangel #napoli
  • Se nei giorni scorsi l’assessore al Welfare del Comune di Napoli, papà single di Alba, bambina affetta da Sindrome di Down, aveva ri-scritto pubblicamente alla premier Giorgia Meloni per avere un confronto sull’idea di famiglia e sul tema delle adozioni, stavolta commenta quanto sta accadendo in Italia in relazione ai diritti dei figli delle famiglie arcobaleno. 

Ricordiamo, infatti, che lo scorso 12 marzo il Governo ha ordinato, in merito ad una richiesta pervenuta al Comune di Milano di una coppia dello stesso sesso, lo stop a procedere alla registrazione del loro figlio appena nato e impedendo, di fatto, la creazione di una famiglia omogenitoriale. Il veto della destra compatta boccia il certificato europeo di filiazione che propone agli Stati membri di garantire ai genitori residenti in Unione Europea il diritto ad essere riconosciuti come madri e padri dei propri figli nello stesso modo in tutti i Paesi Ue.

“In tutta Europa i figli di coppie gay avranno il riconoscimento degli stessi diritti degli altri bambini. In Italia il Senato, trascinato da Fratelli d’Italia, fortemente contrario, ha appena bocciato la proposta – dice Trapanese in un lungo post sulla sua pagina Instagram -. Quindi, i figli delle coppie omosessuali non sono, per il nostro Paese, figli come gli altri. Questo hanno deciso e detto chiaramente”. Così facendo, “resteranno bambini privi di tutele complete, i cui genitori dovranno affrontare battaglie giudiziarie, sfiniti da tempi lunghissimi, solo perché il loro bimbo venga considerato semplicemente un figlio”. 

Trapanese attacca chiaramente questa decisione: “L’Italia è l’unico paese europeo con un governo che lavora per togliere diritti invece che per aggiungerli. Se la prende con bambini che esistono e vivono la loro quotidianità serenamente in famiglie piene d’amore, desiderati sopra ogni cosa, ma considerati in Italia figli di un dio minore”. Per Trapanese “stiamo continuando a parlare di ciò che dovrebbe essere semplicemente attuato. I diritti non si discutono, si riconoscono e basta. Ma come fate a non rendervene conto?”.

#lucenews #diritti #coppieomogenitoriali
  • Il nuovo progetto presentato dal governatore Viktor Laiskodat a Kupang, in Indonesia, prevede l’entrata degli alunni a scuola alle 5.30 del mattino. Secondo l’alto funzionario il provvedimento servirebbe per rafforzare la disciplina dei bambini.

Solitamente nelle scuole del Paese le lezioni iniziavano tra le 7 e le 8 del mattino: anticipando l’orario d’ingresso i bambini sono apparsi esausti quando tornano a casa. La madre di una 16enne, infatti, è molto preoccupata da questa nuova iniziativa: “È estremamente difficile, ora devono uscire di casa mentre è ancora buio pesto. Non posso accettarlo. La loro sicurezza non è garantita quando è ancora notte. Inoltre mia figlia, ogni volta che arriva a casa, è esausta e si addormenta immediatamente.”

Sulla vicenda è intervenuto anche Marsel Robot, esperto di istruzione dell’Università di Nusa Cendana, che ha spiegato come a lungo termine la privazione del sonno potrebbe mettere in pericolo la salute degli studenti e causare un cambiamento nei loro comportamenti: “Non c’è alcuna correlazione con lo sforzo per migliorare la qualità dell’istruzione. Gli studenti dormiranno solo per poche ore e questo è un grave rischio per la loro salute. Inoltre, questo causerà loro stress e sfogheranno la loro tensione in attività magari incontrollabili”. Anche il Ministero per l’emancipazione delle donne e la Commissione indonesiana per la protezione dei minori hanno espresso richieste di revisione della politica. Il cambiamento delle regole di Kupang è stato anche contestato dai legislatori locali, che hanno chiesto al governo di annullare quella che hanno definito una politica infondata.

Tuttavia il governo centrale ha mantenuto il suo esperimento rincarando la dose ed estendendolo anche all’agenzia di istruzione locale, dove anche i dipendenti pubblici ora inizieranno la loro giornata alle 5.30 del mattino.

#lucenews #lucelanazione #indonesia #scuola
  • Quante ore dormi? È difficile addormentarsi? Ti svegli al minimo rumore o al mattino rimandi tutte le sveglie per dormire un po’ di più? Soffri d’insonnia?

Sono circa 13,4 milioni gli italiani che soffrono di insonnia, secondo le ultime rilevazioni di Aims - l
“Onorevole, sono Paolo Spina, trentacinquenne residente in provincia di Varese. Sono medico ospedaliero e da un anno e mezzo vivo insieme al mio fidanzato Domenico. Mi piacerebbe sederci a un tavolo, bere un caffè e raccontarci le difficoltà e le soddisfazioni dei nostri rispettivi cammini professionali. In questi giorni gli scranni del Senato entrano nelle nostre case in seguito alle discussioni sul ddl Zan (nella foto il promotore Alessandro Zan ndr). Io non mi intendo di leggi e decreti e non voglio discettare con lei su orientamenti, generi, diritti, perché credo che ognuno di noi faccia i conti con se stesso nell’intimo della propria coscienza. Voglio invece raccontarle di un adolescente che ogni mattina percorreva una strada alternativa, più lunga, entrando a scuola dal retro, per non incontrare altri cinque ragazzi come lui che gli urlavano contro: ‘’Fr*cio!’’. Di quel ragazzino che non sapeva se ciò che sentiva nel cuore per un altro ragazzo fosse bello e buono. Lo stesso ragazzino che, alcuni anni dopo, in un’aula di università si è sentito dire da un professore durante una lezione: “Ai miei tempi chi portava l’anello a destra era ricchi*ne: è ancora così?’’. "No, Onorevole, la mia vita non è stata infelice, ma stupenda. La mia vita non è stata difficile perché ho avuto al mio fianco una famiglia e tanti amici. Sono certo che farà tutto quello che le è possibile per far in modo che il ddl Zan venga approvato, perché quanto le ho scritto può essere ciò che porta nel cuore sua figlia, suo fratello, la sua migliore amica, il professionista di cui si fida. Buon lavoro e grazie”.  

"Ho tanti amici gay, nessuno mi ha chiesto di difendere il ddl"

  Questa è la mail che Paolo Spina, membro del Progetto Giovani Cristiani Lgbtq, composto da un gruppo informale di giovani e riconosciuto a livello nazionale, ha inviato a tutti i senatori della Repubblica il 15 luglio scorso e che ha voluto condividere con l’agenzia giornalistica Adnkronos. Solo state solo 5 le risposte che ha ricevuto, delle quali la prima, racconta il medico 35enne, lo ha destabilizzato e riportava le seguenti parole: “Ho tanti amici nella sua condizione ma nessuno di loro mi ha mai chiesto di difendere questa battaglia. Viviamo in una democrazia rappresentativa e rispetteremo le decisioni delle istituzioni che rappresentano il popolo”.  

"Siamo stanchi dei 'però'"

“Non ci sono rimasto deluso, né dalla risposta ricevuta né in generale dal fatto di aver avuto ricevuto pochi riscontri. Capisco quanto possa essere complicato e impegnativo il lavoro di un senatore e ho rispetto per il lavoro di ogni rappresentante politico. Inviando questa mail, non volevo ricevere delle risposte ma solo raccontare la mia storia - spiega Paolo - perché il loro lavoro non è rispondere a me ma rispondere al popolo. Credo che un personaggio politico debba rappresentare la vita concreta nel proprio lavoro, pensando che ogni cittadino della repubblica è un figlio e che il popolo è la famiglia. Siamo stanchi di sentire le solite frasi ‘ho tanti amici gay, però...’. Siamo stanchi dei però”.
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