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Home » Scienze e culture » “L’Italia rischia migrazioni interne per siccità al sud e acqua alta nel Po e a Venezia. Il cemento mangia due metri di suolo al secondo ma la legge non arriva”

“L’Italia rischia migrazioni interne per siccità al sud e acqua alta nel Po e a Venezia. Il cemento mangia due metri di suolo al secondo ma la legge non arriva”

Luca Mercalli, climatologo e divulgatore: "Il pianeta è malato e rischiano sia i paesi poveri che i ricchi come Germania e Canada. Greta ha ricevuto odio e pacche sulle spalle ma per ora non è stata risolutiva". "La transizione ecologica in Italia al momento è solo un annuncio: nessuno blocca il consumo di territorio"

Sofia Francioni
27 Luglio 2021
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Negli ultimi cinquant’anni, in Europa, la siccità ha ucciso 650mila persone, le tempeste 577.232, le inondazioni 58.700 e le temperature estreme 55.736 esseri umani. Un’ecatombe di quasi 1 milione e mezzo di vittime dovuta al cambiamento climatico. A dircelo sono i primi dati, in anteprima, dell’Atlante della mortalità e delle perdite economiche causate da condizioni meteorologiche, climatiche e idriche estreme (1970-2019), il cui report completo uscirà a settembre in vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un bollettino a cui, secondo il Segretario Generale dell’ Organizzazione meteorologica mondiale, Petteri Taalas, dovremmo abituarci, dal momento che “i rischi meteorologici, climatici e idrici stanno aumentando di frequenza e intensità a causa del cambiamento climatico”.

Nessun paese, sviluppato o in via di sviluppo, è immune: dalla Germania, dove l’ultima alluvione ha causato oltre 150 vittime, passando in Canada dove le temperature hanno sfiorato il record di 50 gradi, fino ad arrivare alle zone più povere del pianeta, dove migliaia di persone sono costrette all’esodo, man mano che le condizioni di vita diventano impossibili. Tanto che, secondo una stima della Banca Mondiale, le catastrofi climatiche come alluvioni, siccità, aumento del livello del mare, desertificazioni, mancanza d’acqua e degrado degli ecosistemi entro il 2050 costringeranno 143 milioni di persone a emigrare.

“Le migrazioni, dovute al clima, oggi partono principalmente dai paesi più poveri, dove non c’è una rete di solidarietà che sostenga la popolazione, quando capitano i disastri climatici”, ci spiega Luca Mercalli, climatologo, scienziato, presidente della Società Meteorologica italiana e divulgatore scientifico conosciuto dal pubblico delle televisioni.  “Anche l’aumento del livello del mare fa emigrare le persone, ma con più lentezza. Gli atolli corallini del Pacifico sono già soggetti ad abbandono e a migrazione. Ma un giorno potrebbe succedere anche all’Italia”.

 

Quando?

“Quando farà troppo caldo al Sud Italia e ci sarà siccità, oppure quando il livello del mare invaderà il delta del Po e Venezia, le emigrazioni purtroppo le vedremo anche a casa nostra”.

 

Il Marecchia in secca nei pressi di Rimini nell’estate 2020

Al momento quali sono le zone più colpite dal cambiamento climatico?

“A turno un po’ tutti i paesi presentano episodi di eventi estremi. Oggi gli effetti del cambiamento climatico sono vistosi in Canada, lo sono in Australia con gli incendi di due anni fa e in Germania con le alluvioni di due settimane fa. Ma in fondo anche in Italia, se pensiamo all’alluvione (già dimenticata) del 3 ottobre 2020 nel Cuneese. Osservandola, vediamo che non è stata così diversa da quella della Germania, erano luoghi un po’ meno abitati, ci sono state un po’ meno vittime, ma ha colpito due paesi: Francia e Italia, distruggendo intere vallate”.

E il clima di quest’estate italiana? È normale?

“Al sud è molto più caldo della media, mentre a Nord le temperature sono abbastanza normali. Quest’estate, in Italia, non abbiamo avuto degli eventi vistosi, ma se guardiamo al mondo, ce ne sono stati. D’altronde la Terra è come un organismo: un giorno le fa male il fegato, il giorno dopo le fa male l’alluce: ma la patologia è unica e riguarda l’intero pianeta. Quello che è successo in Canada è assolutamente straordinario”.

Rispetto al passato vede una maggiore sensibilità verso il Pianeta da parte delle persone?

“A parole sì, meno con i fatti”.

Greta Thurnberg

I Fridays for future hanno contribuito a scuotere le coscienze?

“I Fridays for future fanno un buon lavoro, doveroso, che si unisce a quello fatto già prima da tante associazioni ambientaliste o dalle persone che negli anni si sono spese sul tema. Quindi do a loro il benvenuto nella lotta, ma per vedere l’efficacia di questo movimento servirà ancora tanto tempo. Per ora non sono stati risolutivi”.

 

Come è stata accolta Greta Thunberg?

“Un pezzo di mondo le ha dato una pacca sulla spalla, l’altro l’ha odiata profondamente”.

Quando la Thunberg ha iniziato a protestare, governi e multinazionali si sono messe dalla sua parte: condividevano i suoi messaggi, annunciavano campagne di riduzione di scarti ed emissioni. Hanno tutte portato a termine le promesse o è stato solo green washing?

“Alcune lo hanno fatto seriamente, altre solo detto”.

 

Ma il fatto che i responsabili si sono in qualche modo allineati, a parole, al cambiamento chiesto da Greta ha finito per confondere i ruoli. Non trova?

“La verità è che siamo tutti responsabili. Anche lei, anche io che in questo momento sono in auto sono responsabile del cambiamento climatico, perché sto bruciando un po’ di benzina. Le responsabilità sono ampie, vaste, condivise: di tutti. Tutti noi bruciando petrolio, scaldandoci in casa, facciamo un danno planetario. L’importante è capire e domandarci se lo facciamo per delle cose indispensabili o per capriccio. Quindi, come sempre, c’è chi inquina di più e chi di meno”.

Ad esempio?

“Pensiamo alle spese militari: tutti i governi spendono miliardi di dollari in questo settore ed è un danno enorme sul piano ambientale, oltre che umanitario, dato che le armi servono ad ammazzare altre persone, eppure, nessuno batte ciglio.  Di fatto il nostro mondo funziona danneggiando l’ambiente: c’è chi ne è consapevole e cerca di fare di tutto per ridurre il suo impatto. E io mi metto fra questi, ma di certo non sono un santo. Se fossi un eremita, vivessi di bacche e di radici e mi spostassi sempre a piedi potrei dire di essere un ‘puro’, ma la visione non è così radicale. Stiamo parlando di cercare di diminuire l’impatto sul nostro Pianeta”.

Luca Mercalli

Da dove partire?

“Intanto rinunciando al superfluo, il capriccio. Di questo sono responsabili anche i ragazzi. Pensiamo alle tanto vituperate multinazionali, che producono qualcosa che la gente compra: non è che vendono su Marte, vendono sul Pianeta Terra. Chi acquista i loro prodotti, è già complice. Le mode, poi, sono spesso fatte per farci cambiare gli oggetti molto prima che siano usurati: se invece facessimo durare gli abiti molti anni, faremmo un favore a noi stessi e all’ambiente. Dovremmo, ognuno di noi, analizzare dietro ogni gesto i contenuti di energia e di rifiuto che ci sono. E cominciare a ridurli, senza per forza arrivare a vivere di stenti, ma cercando di correggere gli sprechi più plateali”.

 

Arrivando alle responsabilità dei governi e pensando all’Italia, come vede la transizione ecologica?

“Vedo una transizione ecologica solo annunciata, ma non concreta, perché purtroppo i danni ambientali continuano ad essere mantenuti. Non c’è il coraggio di andare veramente a incidere dove dovremmo”.

 

Quali sono le urgenze?

“La prima cosa da fare è la legge contro il consumo di suolo per fermare la cementificazione. È lo stesso governo che lo dice da anni, attraverso il suo ente ambientale, che è l’Ispra. Il rapporto Ispra ogni anno ci dice che stiamo perdendo 2 metri quadri di suolo al secondo sotto le ruspe, è un’emorragia da arrestare. Eppure non c’è ancora una legge”.

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  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
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Il Marecchia in secca nei pressi di Rimini nell'estate 2020

Al momento quali sono le zone più colpite dal cambiamento climatico?

“A turno un po’ tutti i paesi presentano episodi di eventi estremi. Oggi gli effetti del cambiamento climatico sono vistosi in Canada, lo sono in Australia con gli incendi di due anni fa e in Germania con le alluvioni di due settimane fa. Ma in fondo anche in Italia, se pensiamo all’alluvione (già dimenticata) del 3 ottobre 2020 nel Cuneese. Osservandola, vediamo che non è stata così diversa da quella della Germania, erano luoghi un po’ meno abitati, ci sono state un po’ meno vittime, ma ha colpito due paesi: Francia e Italia, distruggendo intere vallate”. E il clima di quest’estate italiana? È normale? “Al sud è molto più caldo della media, mentre a Nord le temperature sono abbastanza normali. Quest’estate, in Italia, non abbiamo avuto degli eventi vistosi, ma se guardiamo al mondo, ce ne sono stati. D’altronde la Terra è come un organismo: un giorno le fa male il fegato, il giorno dopo le fa male l’alluce: ma la patologia è unica e riguarda l’intero pianeta. Quello che è successo in Canada è assolutamente straordinario”. Rispetto al passato vede una maggiore sensibilità verso il Pianeta da parte delle persone? “A parole sì, meno con i fatti”.
Greta Thurnberg
I Fridays for future hanno contribuito a scuotere le coscienze? “I Fridays for future fanno un buon lavoro, doveroso, che si unisce a quello fatto già prima da tante associazioni ambientaliste o dalle persone che negli anni si sono spese sul tema. Quindi do a loro il benvenuto nella lotta, ma per vedere l’efficacia di questo movimento servirà ancora tanto tempo. Per ora non sono stati risolutivi”.   Come è stata accolta Greta Thunberg? “Un pezzo di mondo le ha dato una pacca sulla spalla, l’altro l’ha odiata profondamente”. Quando la Thunberg ha iniziato a protestare, governi e multinazionali si sono messe dalla sua parte: condividevano i suoi messaggi, annunciavano campagne di riduzione di scarti ed emissioni. Hanno tutte portato a termine le promesse o è stato solo green washing? “Alcune lo hanno fatto seriamente, altre solo detto”.   Ma il fatto che i responsabili si sono in qualche modo allineati, a parole, al cambiamento chiesto da Greta ha finito per confondere i ruoli. Non trova? “La verità è che siamo tutti responsabili. Anche lei, anche io che in questo momento sono in auto sono responsabile del cambiamento climatico, perché sto bruciando un po’ di benzina. Le responsabilità sono ampie, vaste, condivise: di tutti. Tutti noi bruciando petrolio, scaldandoci in casa, facciamo un danno planetario. L’importante è capire e domandarci se lo facciamo per delle cose indispensabili o per capriccio. Quindi, come sempre, c’è chi inquina di più e chi di meno”. Ad esempio? “Pensiamo alle spese militari: tutti i governi spendono miliardi di dollari in questo settore ed è un danno enorme sul piano ambientale, oltre che umanitario, dato che le armi servono ad ammazzare altre persone, eppure, nessuno batte ciglio.  Di fatto il nostro mondo funziona danneggiando l’ambiente: c’è chi ne è consapevole e cerca di fare di tutto per ridurre il suo impatto. E io mi metto fra questi, ma di certo non sono un santo. Se fossi un eremita, vivessi di bacche e di radici e mi spostassi sempre a piedi potrei dire di essere un ‘puro’, ma la visione non è così radicale. Stiamo parlando di cercare di diminuire l’impatto sul nostro Pianeta”.
Luca Mercalli
Da dove partire? “Intanto rinunciando al superfluo, il capriccio. Di questo sono responsabili anche i ragazzi. Pensiamo alle tanto vituperate multinazionali, che producono qualcosa che la gente compra: non è che vendono su Marte, vendono sul Pianeta Terra. Chi acquista i loro prodotti, è già complice. Le mode, poi, sono spesso fatte per farci cambiare gli oggetti molto prima che siano usurati: se invece facessimo durare gli abiti molti anni, faremmo un favore a noi stessi e all’ambiente. Dovremmo, ognuno di noi, analizzare dietro ogni gesto i contenuti di energia e di rifiuto che ci sono. E cominciare a ridurli, senza per forza arrivare a vivere di stenti, ma cercando di correggere gli sprechi più plateali”.   Arrivando alle responsabilità dei governi e pensando all’Italia, come vede la transizione ecologica? “Vedo una transizione ecologica solo annunciata, ma non concreta, perché purtroppo i danni ambientali continuano ad essere mantenuti. Non c’è il coraggio di andare veramente a incidere dove dovremmo”.   Quali sono le urgenze? “La prima cosa da fare è la legge contro il consumo di suolo per fermare la cementificazione. È lo stesso governo che lo dice da anni, attraverso il suo ente ambientale, che è l’Ispra. Il rapporto Ispra ogni anno ci dice che stiamo perdendo 2 metri quadri di suolo al secondo sotto le ruspe, è un’emorragia da arrestare. Eppure non c’è ancora una legge”.
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