“Ancora troppo poche le donne nella scienza. Per non parlare del Nobel”

Dal femminismo, all’ambiente ai pochi investimenti nel campo della ricerca. La scienziata Antonella Fioravanti è un’attivista a tutto tondo. “Una volta incinta tutto è cambiato. Per tanto tempo non sono riuscita a trovare casa perché ero una mamma single”

di GUIDO GUIDI GUERRERA
16 aprile 2024
La scienziata Antonella Fioravanti

La scienziata Antonella Fioravanti

E’ stata la prima scienziata straniera cui è stato assegnato il premio dell’Accademia Reale delle Scienze del Belgio, dove vive e lavora, in qualità di più promettente giovane scienziata del 2020, specialmente per i suoi rilevanti studi sull’antrace, mentre la rivista Fortune Italia l’ha classificata nello stesso anno fra i 40 talenti italiani sotto in quarant’anni.

Adesso Antonella Fioravanti, una pratese poco più che quarantenne, può vantare, nonostante la giovane età, un curriculum fatto di ricerche autorevoli e studi importanti con numerose pubblicazioni sulle più prestigiose riviste scientifiche. La ricercatrice e docente universitaria, ricopre dal 2023 anche l’autorevole incarico di presidente della Fondazione Parsec, ente che gestisce il Museo Italiano di Scienze Planetarie, il Centro di Scienze Naturali e l’Istituto Geofisico Toscano.

Gli studi e la carriera

Dopo la laurea nel 2010 all’università di Firenze in biotecnologie mediche, ha successivamente conseguito un dottorato in biologia molecolare e cellulare, a Lille nel nord della Francia. Da dieci anni è ricercatore all’Università di Bruxelles, dove ha concentrato le sue ricerche sul batterio che causa la malattia dell’antrace. A tal proposito la dottoressa Fioravanti ha spiegato: “Nel 2016, un’epidemia di antrace in Siberia ha sterminato 2.500 renne, ucciso un ragazzo di 12 anni e contagiato 72 persone. Il tutto è partito dai resti di una renna morta nel 1941, rimasta congelata nel ghiaccio e riemersa 75 anni dopo per il riscaldamento globale. Il batterio, infatti, riesce a sopravvivere per decine di anni e anche condizioni estreme. Solo se si riesce a eliminare l'armatura che protegge il batterio lo si indebolisce e si diventa in grado di combatterlo.”

Il 6 giugno dello scorso anno ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere dell'Ordine della Stella d'Italia per le sue ricerche scientifiche e per l'impegno nella lotta alle disuguaglianze di genere.

L’intervista

Chi è Antonella Fioravanti?

“La mia maestra mi definiva l’avvocato delle cause perse, io ad oggi mi sento più l’avvocato delle cause dimenticate, perché molte delle mie battaglie le ho vinte. Sono uno scienziato Europeo made in Italy, una donna nella scienza, un’attivista per i diritti delle donne, una divulgatrice scientifica, una mamma. Sono una che non molla mai. Mi chiedo spesso quali siano oggi le caratteristiche necessarie per una donna che vuole emergere nel mondo della scienza. La verità è che non esiste una ricetta... Ci vuole passione, conoscenza e creatività e tanta, tanta caparbietà. Fondamentale l’ambiente che ci circonda, ed è necessario un team che lavori come tale con qualcuno che ti faccia da mentore. Da sole sarebbe tutto troppo complicato.”

Lei ha raccontato le storie di chi, come lei, è riuscita a ritagliarsi un posto di rilievo.

“Ci sono tante donne favolose nella scienza che hanno rivoluzionato il mondo e continuano a farlo, ma sono ancora troppo poche. Attualmente la percentuale mondiale di scienziate è del 33%, ma scende all’11% nelle posizioni di rilievo nella ricerca in Europa. Per non parlare dei vincitori del premio Nobel che conta solo il 4% di presenze femminili.

E il motivo non dipende per niente dal fatto che le donne sono meno portate per le discipline scientifiche, perché i dati oggettivi dimostrano che le ragazze sono più brave dei ragazzi e finiscono gli studi rispettando le tempistiche molto meglio dei ragazzi. In Italia, se si analizzano attentamente i numeri relativi alle discipline STEM, emerge che sono le ragazze a ottenere risultati accademici superiori. Inoltre, il 58,6% delle donne completa gli studi entro i tempi previsti, in contrasto con il 54,2% degli uomini (Fonte studio 2024 AlmaLaurea). Dopo qualche anno dalla laurea però le donne iniziano a diminuire drasticamente in occupazioni STEM, arrivando a un divario salariare uomini/donne molto rilevante.”

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Ha incontrato ostacoli particolari nel suo iter professionale in quanto donna?

“Molti. Soprattutto quando ho deciso di mettere su l’esperimento più bello di tutti: mia figlia. A quel punto ho constatato di persona il peso del divario di genere, e questo nonostante fossi stata in molte occasioni l’unica scienziata del dipartimento, o l’unico professore donna in determinate circostanze. Eppure quando ho deciso di diventare mamma, improvvisamente tutto è cambiato. Se fai ricerca sperimentale, appena sei incinta sei fuori dal laboratorio: una misura necessaria che tutela dal punto di vista della salute, ma mette in una situazione di difficoltà non indifferente, anche in fase di assunzione. Pertanto non solo serve una legislazione che protegga le donne durante la gravidanza, ma una volontà di costruire una cultura che le sostenga prima, dopo e durante. E’ incredibile constatare quanto diventi pesante il clima che ti si crea intorno: una pressione incredibile, quasi dovessi essere punita per questa scelta. Quindi sei in qualche modo forzata a lavorare, assumendoti rischi inutili per far capire che ci sei e che non molli. Insomma devi lavorare meglio e più di un uomo.

Ricordo di aver mandato l’ultima mail solo mezz’ora prima dell’entrata in sala parto e ad una settimana da questo ho dovuto riaprire il computer e lavorare ad un brevetto, quando non ero affatto nella migliori delle condizioni fisiche. In 14 settimane di maternità ho dovuto sfruttare ogni momento in cui mia figlia dormiva: ho scritto un progetto, lavorato ad un brevetto e parlato ad una conferenza con lei appiccicata a me. L’ho fatto perché andava fatto e lo ritenevo giusto, ma mi piacerebbe che questa mia testimonianza fosse il punto di partenza per buone riflessioni che portino ad un cambiamento.”

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I problemi di una mamma single e in carriera

Quindi si è trovata costretta a risolvere una serie di problemi concreti…

“Da ricercatrice con un contratto a tempo indeterminato, una volta avuta mia figlia ho avuto grossi problemi ad affittare casa perché al tempo eravamo una famiglia monogenitoriale e nonostante la mia stabilità lavorativa ed economica e anni di affitto pagati senza mai un giorno di ritardo, una volta diventata madre single non ero più considerata una persona affidabile. La legge in Belgio prevede che se il genitore di una famiglia monogenitoriale perde il lavoro, la famiglia non possa essere sfrattata fintanto non si sia ristabilita. Noi, non solo eravamo una famiglia monogenitoriale, ma in quanto mamma single ero ritenuta più predisposta a perdere il lavoro a causa del troppo stress e responsabilità. Ho rischiato di lasciare il Belgio, la ricerca e tutto quello che ne è venuto dopo in seguito a 15 rifiuti come affittuaria.

E’ stato dolorosissimo, umiliante e avvilente. Per diverso tempo mi sono vergognata a raccontare questo episodio. Adesso mi rendo conto che ho il dovere di renderlo pubblico, perché non è capitato solo a me, non capita solo in Belgio e non deve accadere mai più. Nel 2020, ad un solo anno da quel momento, la mamma single che in quanto tale era stata rifiutata da 15 diversi locatari, sarebbe stata premiata dall’Accademia Reale delle Scienze Belga come la più promettente scienziata dell’anno.”

Discriminata come donna e come emigrante

E’ noto il suo impegno sociale riguardo ai temi più delicati e scottanti come disparità di genere e violenza. Quali prospettive intravede?

“Sono una a cui le ingiustizie non piacciono, proprio non vanno giù, soprattutto verso i più deboli e i più fragili. Sono una fiera femminista, non per moda ma per necessità. Io stessa come donna e in quanto emigrante sono stata discriminata in tante occasioni. Sono femminista perché sono la mamma di una piccola donna e di un piccolo uomo e voglio per loro un mondo diverso. Quando ho la possibilità di parlare ai ragazzi nelle scuole, c’è una cosa che ripeto sempre riguardo alle discriminazioni razziali e di genere: “Non posso dirvi che sarà facile, sarebbe una bugia. Ma il mollare davanti ad un ostacolo non elimina l’ostacolo. Quindi, care ragazze, cari chiunque voi siate e da dovunque veniate, continuate a realizzare il sogno che vi permetterà di essere chi davvero volete essere e, mentre lo fate, parlate delle cose che non vanno. Denunciate e protestate pacificamente ma in maniera decisa, solo così il cambiamento potrà avvenire davvero”.”

La tutela dell’ambiente

Come presidente della Fondazione Parsec si dedica anche alle questioni legate all’ambiente e ai cambiamenti climatici. Ci sono speranze per il futuro secondo il suo giudizio?

“L’angoscia per il futuro di questo pianeta è tanta, soprattutto fra i ragazzi, ci sono tanti studi che lo confermano. Ci sentiamo impotenti, il mondo è in fiamme. Abbiamo manifestato, si sono dette tante cose, fatte conferenze, i grandi si sono riuniti ma si ha l’impressione che tutto comunque stia andando a rotoli, in maniera irrefrenabile. Stiamo vivendo tra chi sta negando completamente l’esistenza di un cambiamento climatico e chi, completamente schiacciato dalla sensazione d’impotenza, si è già arreso.

Come detto in precedenza riguardo ai diritti, anche in questo caso c’è bisogno del contributo di tutti per far fronte a questa emergenza e del buon ottimismo. Arrendersi non è un’opzione, mai. Il mondo politico e scientifico devono parlarsi e la diplomazia scientifica deve riprendere il ruolo che gli spetta per creare ponti e sinergie fra paesi che possano facilitare questa ricerca di soluzioni. Il cambiamento climatico, come le pandemie, non conosce confini geopolitici! Nel nostro piccolo però dobbiamo impegnarci a riorganizzare una vita che possa impattare il meno possibile sul nostro pianeta.”

L’antrace può essere ancora potenzialmente usato anche come arma batteriologica. Può considerarsi una minaccia o, grazie alle sue ricerche, siamo verso una definitiva neutralizzazione di questo batterio?

“L’antrace è una malattia antica che va tenuta sottocchio, sempre. Grazie alle mie ricerche abbiamo aperto una nuova strada, è necessario perseguirla come è necessario continuare a studiare questa malattia e i suoi cambiamenti. Se non si fosse continuato a far ricerca sulla SARS, ritenuta da tutti un caso chiuso, non si sarebbe potuto rispondere all’emergenza COVID come abbiamo fatto. La ricerca è necessaria e richiede tempo.”

Il limbo dei giovani ricercatori

Cosa consiglia ai suoi giovani colleghi che magari in Italia non riescono a inserirsi come vorrebbero in modo adeguato, pur avendone i requisiti?

“Di fare tanto rumore. Conosco ricercatori eccellenti in Italia, assunti con borse di studio, che hanno lavorato per anni aspettando una stabilizzazione che non arriva praticamente mai. L’essere borsista significa non solo percepire uno stipendio ridicolo, ma zero contributi per la pensione, no maternità, no riconoscimento della legge 104 o della malattia … perché nessuno parla di queste cose? Dove sono i sindacati? Questi sono i ricercatori ai quali alla prossima malattia, pandemia o emergenza di ogni tipo chiederete con un’urgenza una soluzione. Questi sono i ricercatori che per disperazione inizieranno a fare supplenze a scuola a più di 40 anni. Questi sono il patrimonio immenso su cui la nostra Italia ha investito tantissimo e non sta utilizzando in maniera adeguata perdendo l’occasione di rendere questo paese un posto competitivo ed eccellente. Fate rumore, io lo faccio insieme a voi".