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Home » Scienze e culture » Quando i padri sono separati (dai figli). Tiziana Franchi, presidente APS: “Preoccupante la questione povertà”

Quando i padri sono separati (dai figli). Tiziana Franchi, presidente APS: “Preoccupante la questione povertà”

Nel nostro Paese ci sono circa 4 milioni di padri separati. Almeno 800mila sotto la soglia di povertà. L'associazione Aps interviene in loro difesa: "L'affido condiviso è disapplicato e i padri sono costretti a sostenere spese altissime"

Giancarlo Ricci
23 Aprile 2021
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I padri separati in Italia sono circa 4 milioni. E per la Caritas almeno 800mila si trovano sotto la soglia di povertà. In caso di separazione il padre è di solito la parte che fa più fatica a ottenere qualcosa che sembra impossibile anche solo mettere in discussione: il diritto di continuare ad avere un ruolo nella vita dei propri figli. Ne abbiamo parlato con Tiziana Franchi, presidente di APS –Associazione Padri Separati.

 

Da quanto tempo si occupa di padri separati?
“Sono da circa trent’anni nell’associazione e durante questo periodo di tempo ho visto ogni genere di scorrettezze nei confronti dei padri separati. E’ un problema importante e generalizzato. Noi abbiamo sedi in tuta Italia e dovunque abbiamo padri da assistere ed aiutare. E’ un fenomeno che non accenna a diminuire”.

Come “Associazione padri separati” quali sono le situazioni più frequenti per cui siete interpellati?
“Le prime e più importanti problematiche per cui veniamo interpellati sono quelle relative ai padri che cercano di poter frequentare i propri figli, o perché portati via lontano, o perché la madre gli impedisce di vederli, o perché hanno delle restrizioni. La questione finanziaria, per quanto grave, è immediatamente successiva: il problema principale di questi padri è che vogliono stare di più con i propri figli”.

Numerose statistiche sullo stato dell’economia pongono i “padri separati”tra i nuovi poveri. Perché non i separati in generale?
“Perché durante la separazione è sempre il padre che, nelle sentenze, viene fatto accomodare fuori di casa, magari casa propria dove sta pagando un mutuo o dove ha messo i risparmi della sua vita o della sua famiglia. Quindi un padre, se non ha chi lo ospita, trova il primo grande ostacolo nel costo di un affitto per la propria abitazione. Poi deve pagare il mutuo. Quindi da uno stipendio normale di un impiegato o un professionista vanno sottratte queste spese, oltre agli alimenti per i figli e le spese straordinarie. Ecco che lo stipendio è finito, senza contare i costi di un’eventuale automobile per recarsi al posto di lavoro. Poi mettiamoci che molti di loro sono costretti a lasciare l’unica auto di famiglia alla moglie per le necessità dei figli. Qualcuno poi si ritrova anche con altri debiti e si arriva al punto di non avere più i soldi neppure per mangiare. E da qui nascono i molti casi che abbiamo osservato, di padri ridotti a dover andare a mangiare alle mense della Caritas o presso altre strutture per i poveri più indigenti”.

Perché la separazione pesa così tanto sul padre? Come vengono fatti i calcoli per stabilire gli indennizzi da riconoscere?
“Il problema vero è che, se già oggi una famiglia con due figli e due stipendi medi fa difficoltà a sopravvivere, dopo la separazione ci si ritrova ad avere tutto doppio in fatto di spese. Due case, doppie utenze, doppie manutenzioni, mobili ed elettrodomestici, doppi regali ai bambini. Insomma, l’impoverimento è una conseguenza assolutamente inevitabile. A questo poi si aggiungono tutte le spese relative alle pratiche legali per la separazione”.

Cosa sta cambiando o può cambiare a livello legislativo per permettere ai genitori separati di vivere paternità e maternità serenamente e con spirito collaborativo?
“L’affido condiviso è ormai legge dello Stato, quindi il padre, a differenza di prima, può e deve entrare nel merito di ogni scelta che riguarda la vita del minore, dalla scuola allo sport alla religione. Nella realtà, però, questo principio resta in larga parte inapplicato. Ma dimostrare che questo avviene attraverso un ricorso legale è estremamente complesso, lungo e dispendioso e i fondi per avere una difesa adeguata mancano.
Questo fa sì che, di fatto, il padre sia trattato come un genitore di serie B, fatto molto grave anche sul piano psicologico, perché gli fa perdere quella funzione di punto di riferimento per i figli. Se è vero che una volta ad un padre bastava uno sguardo per avere l’attenzione e la considerazione dei figli, ora siamo passati, anche a causa di questa problematica, in una situazione di sbando totale. Questo si vede ancora di più nel momento in cui il figlio entra nella fase di contestazione nei confronti della madre, unico genitore presente: ecco che la mancanza dell’altra figura di riferimento impedisce ogni argine a questa situazione. Da qui nascono tutte quei disturbi che possiamo osservare in età più adulta: problematiche comportamentali con l’altro sesso, difficoltà di relazione con gli altri, maggiore incidenza di problemi come alcool, droga e abbandono scolastico. In questi casi riscontriamo spesso una richiesta di aiuto della madre al padre, perché ha perso il controllo della situazione, ma a quel punto è troppo tardi. Se non si è provveduto a creare un rapporto continuativo fin da piccoli nell’adolescenza non si recupera più. Inoltre se la madre negli anni scredita l’altro genitore, la sua figura viene distrutta in maniera irreparabile e il peso che quest’ultimo può avere sulle scelte dei figli diventa purtroppo irrilevante. Qui abbiamo assistito addirittura padri aggrediti anche fisicamente dalle mogli o chi per loro, e non hanno né reagito né denunciato l’accaduto per evitare di avere ulteriori restringimenti dei limiti per vedere i propri figli. E questo è un altro fenomeno molto preoccupante e in rapida ascesa”.

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  • Era il 1° febbraio 1945, quando la lotta per la conquista di questo diritto, partita tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, sulla scorta dei movimenti degli altri Paesi europei, raggiunse il suo obiettivo. Con un decreto legislativo, il Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi riconobbe il voto alle donne, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi. 

Durante la prima guerra mondiale le donne avevano sostituito al lavoro gli uomini che erano al fronte. La consapevolezza di aver assunto un ruolo ancora più centrale all’interno società oltre che della famiglia, crebbe e con essa la volontà di rivendicare i propri diritti. Già nel 1922 un deputato socialista, Emanuele Modigliani aveva presentato una proposta di legge per il diritto di voto femminile, che però non arrivò a essere discussa, per la Marcia su Roma. Mussolini ammise le donne al voto amministrativo nel 1924, ma per pura propaganda, poiché in seguito all’emanazione delle cosiddette “leggi fascistissime” tra il 1925 ed il 1926, le elezioni comunali vennero, di fatto, soppresse. Bisognerà aspettare la fine della guerra perché l’Italia affronti concretamente la questione.

Costituito il governo di liberazione nazionale, le donne si attivarono per entrare a far parte del corpo elettorale: la prima richiesta dell’ottobre 1944, venne avanzata dalla Commissione per il voto alle donne dell’Unione Donne Italiane (Udi), che si mobilitò per ottenere anche il diritto di eleggibilità (sancito da un successivo decreto datato 10 marzo 1946). Si arrivò così, dopo anni di battaglie per il suffragio universale, al primo febbraio 1945, data storica per l’Italia. Il decreto prevedeva la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili, ed escludeva però dal diritto le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati”.

Le elezioni dell’esordio furono le amministrative tra marzo e aprile del 1946 e l’affluenza femminile superò l’89%. 

#lucenews #lucelanazione #dirittodivoto #womenrights #1febbraio1945
  • La regina del pulito Marie Kondo ha dichiarato di aver “un po’ rinunciato” a riordinare casa dopo la nascita del suo terzo figlio. La 38enne giapponese, considerata una "Dea dell’ordine", con i suoi best seller sull’economia domestica negli ultimi anni ha incitato e sostenuto gli sforzi dei comuni mortali di rimettere in sesto case e armadi all’insegna del cosa “provoca dentro una scintilla di gioia”. Ma l’esperta di decluttering, famosa in tutto il mondo, ha ammesso che con tre figli da accudire, la sua casa è oggi “disordinata”, ma ora il riordino non è più una priorità. 

Da quando è diventata madre di tre bambini, ha dichiarato che il suo stile di vita è cambiato e che la sua attenzione si è spostata dall’organizzazione alla ricerca di modi semplici per rendere felici le abitudini di tutti i giorni: "Fino a oggi sono stata una organizzatrice di professione e ho dunque fatto il mio meglio per tenere in ordine la mia casa tutto il tempo”, e anche se adesso “ci ho rinunciato, il modo in cui trascorro il mio tempo è quello giusto per me in questo momento, in questa fase della mia vita”.

✍ Marianna Grazi 

#lucenews #lucelanazione #mariekondo
  • La second hand, ossia l’oggetto di seconda mano, è una moda che negli ultimi anni sta diventando sempre più un’abitudine dei consumatori. Accumulare roba negli armadi, nei cassetti, in cantina, non è più un disagio che riguarda soltanto chi soffre di disposofobia, ossia di chi è affetto da sindrome dell’accumulatore compulsivo. Se l’acquisto è l’unica azione che rende felice l’uomo moderno, non riuscire a liberarsene è la condanna di molti.

Secondo quanto emerge dall’Osservatorio Second-hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it, sono 23 milioni gli italiani che, nel 2021, hanno fatto ricorso alla compravendita di oggetti usati grazie alle piattaforme online. Il 52% degli italiani ha comprato e/o venduto oggetti usati, tra questi il 15% lo ha fatto per la prima volta. L’esperienza di compravendita online di second hand è quella preferita, quasi il 50% degli affari si conclude online anche perché il sistema di vendita è simile a un comune eCommerce: internet è il canale più veloce per quasi la metà dei rispondenti (49%), inoltre offre una scelta più ampia (43%) e si può gestire comodamente da casa (41%). Comprare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone, è al terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%) – preceduto sempre dalla raccolta differenziata (94%) e l’acquisto di lampadine a LED (71%) –, con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 da parte dei laureati (68%), di chi appartiene alla generazione Z (66%), di chi ha 35-44 anni (70%) e delle famiglie con bambini (68%). 

Ma perché concretamente si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono: il risparmio (56%, in crescita di 6 punti percentuali rispetto al 2020), l’essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%) e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia e che rende molti oggetti più accessibili (43%). 

✍E tu? Hai mai comprato accessori oppure oggetti di seconda mano? Cosa ne pensi?

#lucenews #lucelanazione #secondhand #vintage
  • È iniziata come una sorta di sfida personale, come spesso accade tra i ragazzi della sua età, per testare le proprie capacità e resistenza in modo divertente. Poi però, per Isaac Ortman, adolescente del Minnesota, dormire nel cortile della sua casa è diventata una missione. 

“Non credo che la cosa finisca presto, potrei anche continuare fino all’università – ha detto il 14enne di Duluth -. È molto divertente e non sono pronto a smettere”. 

Tanto che ormai ha trascorso oltre 1.000 notti sotto le stelle. Il giovane, che fa il boy scout, come una specie di moderno Barone Rampante ha scoperto per caso il piacere di trascorrere le ore di sonno fuori dalle mura di casa, persino quando la temperatura è scesa a quadi 40 gradi sotto lo zero. Tutto è iniziato circa tre anni fa, nella baita della sua famiglia a 30 miglia da casa, diventando ben presto una routine notturna. Il giovane Ortman ricorda bene il giorno in cui ha abbandonato la sua camera da letto per un’amaca e un sacco a pelo, il 17 aprile 2020, quando era appena in prima media: “Stavo dormendo fuori dalla nostra baita e ho pensato: ‘Wow, potrei provare a dormire all’aperto per una settimana’. Così ho fatto e ho deciso di continuare”. 

“Non si stanca mai: ogni notte è una nuova avventura“, ha detto il padre Andrew Ortman, 48 anni e capo del suo gruppo scout. 

Sua mamma Melissa era un po’ preoccupata quella notte, lei e il padre gli hanno permesso di continuare la sua routine. “Sa che deve entrare in casa se qualcosa non va bene. Dopo 1.000 notti, ha la nostra fiducia. Da quando ha iniziato a farlo, è cresciuto sotto molti aspetti, e non solo in termini di statura”, dice orgogliosa. 

“Non lo sto facendo per nessun record o per una causa, mi sto solo divertendo. Ma con il ragazzo che dorme in Inghilterra, credo si possa dire che si tratta di una gara non ufficiale”, ha detto Isaac riferendosi all’adolescente inglese Max Woosey, che ha iniziato la sua maratona di sonno all’aperto il 29 marzo 2020, con l’obiettivo di raccogliere fondi per un ospedale che cura un suo anziano amico.

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I padri separati in Italia sono circa 4 milioni. E per la Caritas almeno 800mila si trovano sotto la soglia di povertà. In caso di separazione il padre è di solito la parte che fa più fatica a ottenere qualcosa che sembra impossibile anche solo mettere in discussione: il diritto di continuare ad avere un ruolo nella vita dei propri figli. Ne abbiamo parlato con Tiziana Franchi, presidente di APS –Associazione Padri Separati.   Da quanto tempo si occupa di padri separati? "Sono da circa trent’anni nell’associazione e durante questo periodo di tempo ho visto ogni genere di scorrettezze nei confronti dei padri separati. E’ un problema importante e generalizzato. Noi abbiamo sedi in tuta Italia e dovunque abbiamo padri da assistere ed aiutare. E’ un fenomeno che non accenna a diminuire". Come "Associazione padri separati" quali sono le situazioni più frequenti per cui siete interpellati? "Le prime e più importanti problematiche per cui veniamo interpellati sono quelle relative ai padri che cercano di poter frequentare i propri figli, o perché portati via lontano, o perché la madre gli impedisce di vederli, o perché hanno delle restrizioni. La questione finanziaria, per quanto grave, è immediatamente successiva: il problema principale di questi padri è che vogliono stare di più con i propri figli". Numerose statistiche sullo stato dell’economia pongono i "padri separati"tra i nuovi poveri. Perché non i separati in generale? "Perché durante la separazione è sempre il padre che, nelle sentenze, viene fatto accomodare fuori di casa, magari casa propria dove sta pagando un mutuo o dove ha messo i risparmi della sua vita o della sua famiglia. Quindi un padre, se non ha chi lo ospita, trova il primo grande ostacolo nel costo di un affitto per la propria abitazione. Poi deve pagare il mutuo. Quindi da uno stipendio normale di un impiegato o un professionista vanno sottratte queste spese, oltre agli alimenti per i figli e le spese straordinarie. Ecco che lo stipendio è finito, senza contare i costi di un’eventuale automobile per recarsi al posto di lavoro. Poi mettiamoci che molti di loro sono costretti a lasciare l’unica auto di famiglia alla moglie per le necessità dei figli. Qualcuno poi si ritrova anche con altri debiti e si arriva al punto di non avere più i soldi neppure per mangiare. E da qui nascono i molti casi che abbiamo osservato, di padri ridotti a dover andare a mangiare alle mense della Caritas o presso altre strutture per i poveri più indigenti". Perché la separazione pesa così tanto sul padre? Come vengono fatti i calcoli per stabilire gli indennizzi da riconoscere? "Il problema vero è che, se già oggi una famiglia con due figli e due stipendi medi fa difficoltà a sopravvivere, dopo la separazione ci si ritrova ad avere tutto doppio in fatto di spese. Due case, doppie utenze, doppie manutenzioni, mobili ed elettrodomestici, doppi regali ai bambini. Insomma, l’impoverimento è una conseguenza assolutamente inevitabile. A questo poi si aggiungono tutte le spese relative alle pratiche legali per la separazione". Cosa sta cambiando o può cambiare a livello legislativo per permettere ai genitori separati di vivere paternità e maternità serenamente e con spirito collaborativo? "L’affido condiviso è ormai legge dello Stato, quindi il padre, a differenza di prima, può e deve entrare nel merito di ogni scelta che riguarda la vita del minore, dalla scuola allo sport alla religione. Nella realtà, però, questo principio resta in larga parte inapplicato. Ma dimostrare che questo avviene attraverso un ricorso legale è estremamente complesso, lungo e dispendioso e i fondi per avere una difesa adeguata mancano. Questo fa sì che, di fatto, il padre sia trattato come un genitore di serie B, fatto molto grave anche sul piano psicologico, perché gli fa perdere quella funzione di punto di riferimento per i figli. Se è vero che una volta ad un padre bastava uno sguardo per avere l’attenzione e la considerazione dei figli, ora siamo passati, anche a causa di questa problematica, in una situazione di sbando totale. Questo si vede ancora di più nel momento in cui il figlio entra nella fase di contestazione nei confronti della madre, unico genitore presente: ecco che la mancanza dell’altra figura di riferimento impedisce ogni argine a questa situazione. Da qui nascono tutte quei disturbi che possiamo osservare in età più adulta: problematiche comportamentali con l’altro sesso, difficoltà di relazione con gli altri, maggiore incidenza di problemi come alcool, droga e abbandono scolastico. In questi casi riscontriamo spesso una richiesta di aiuto della madre al padre, perché ha perso il controllo della situazione, ma a quel punto è troppo tardi. Se non si è provveduto a creare un rapporto continuativo fin da piccoli nell’adolescenza non si recupera più. Inoltre se la madre negli anni scredita l'altro genitore, la sua figura viene distrutta in maniera irreparabile e il peso che quest’ultimo può avere sulle scelte dei figli diventa purtroppo irrilevante. Qui abbiamo assistito addirittura padri aggrediti anche fisicamente dalle mogli o chi per loro, e non hanno né reagito né denunciato l’accaduto per evitare di avere ulteriori restringimenti dei limiti per vedere i propri figli. E questo è un altro fenomeno molto preoccupante e in rapida ascesa".
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